domenica 4 novembre 2007

Mulini a veno "piamunteses"


CÓRDOBA - Lungo i trecentocinquanta chilometri della Ruta Nacional 9 che portano da Santa Fé alla "dotta", la seconda città dell'Argentina nonché irriducibile rivale di Buenos Aires, soltanto cinque centri abitati, di cui tre degni di una qualche rilevanza: Angelica, San Francisco e, soprattutto, Arroyito. Per il resto, pampa. Splendidi bovini  bianconeri pezzati di razza Hereford, tra le più pregiate, ovviamente in libertà; cavalli, campi di mais (in parte transgenico: di questi giorni la notizia, qui molto apprezzata, del permesso di vendita nell'Unione Europea di quello importato da qui), frumento e, soprattutto, soia, la cui coltivazione è diventata negli ultimi anni estremamente redditizia a causa del vertiginoso aumento della domanda internazionale. A scopi soprattutto alimentari da parte di Cina e India, ma anche energetici per la produzione di biocarburanti incoraggiata dagli USA e già in atto da anni nel vicino Brasile. Manna per le casse dello Stato, con il governo che ha appena aumentato le aliquote delle imposte sulle esportazioni. Con un incremento altrettanto geometrico della produzione a scapito di colture meno redditizie come quelle, ad esempio, di patate, pomodori, insalata e zucche. Col risultato della contrazione dell'offerta sul mercato interno e relativo raddoppio dei prezzi di questi prodotti nel giro di pochi mesi, non registrato, con vari artifizi, dall'indice che misura l'inflazione ufficiale, il cui sistema di rilevamento, aspramente contestato dalle opposizioni, dalle associazioni dei consumatori e da gran parte dei media ma difeso dal governo, sta per essere cambiato guarda caso dopo le elezioni presidenziali. Efficace a quanto pare una sorta di boicottaggio parziale, per cui si va a comprare questi prodotti non più a peso, a chili o anche a cassette per volta ma a pezzo, lo strettamente necessario volta per volta. Un'amabile lettrice mi chiedeva qualche giorno fa se per caso avessi incontrato, in queste mie allucinate traversate pamperas, dei mulini a vento, quando invece di anomalo avevo notato la presenza di una quantità di nomi italiani e piemontesi in particolare, in tutta questa zona, fuori dal comune, che campeggiano sulle insegne delle officine, dei negozi (dagli agnolotti fatti in casa ai ferramenta alle concessionarie di macchine agricole) e dei locali pubblici, quando finalmente in pieno centro di Arroyito ho visto, in fianco al momumento all'immigrato "piamontese", una specie di altarino contenente la riproduzione in ferro battuto, chissà perché dipinto di bianco, della Mole Antonelliana. Purtroppo il bus è ripartito all'improvviso non dandomi il tempo di poter documentare fotograficamente questo splendore. Poi ho scoperto che la cittadina è gemellata con Verzuolo (Cuneo), così come San Francisco con Pinerolo e, crescendo di importanza, Rosario con Alessandria, Santa Fé con Cuneo e Cordoba, va da sé, con Torino. Una soddisfazione particolare è stato quindi assistere in diretta da qui all'arrancare piuttosto penoso della Juventus nella partita casalinga con l'Inter, cui solo l'insopprimibile culo dei "gobbi", con un doppio autogol (nel senso di due tocchi interisti) su uno dei rari tiri verso la rete nerazzurra nonché la dabbenaggine sottorete dei campioni d'Italia e un gol annullato hanno evitato una meritata sconfitta. Alla faccia dei piagnistei, delle recriminazioni e della minacce degli un tempo "todopoderosos" , per usare un termine di qui, bianconeri. Incredibile, ma il mondo gira anche per loro. A parte la colonizzazione piemontese di queste due Province (ma non si scherza nemmeno nella zona di Bariloche in Patagonia), lungo il percorso mi aveva colpito l'abbondanza, presso le cisterne d'acqua in mezzo ai campi, di quelle specie di segnavento a pale rotanti, fissate in cima a dei pali, che si è soliti vedere nei film USA ambientati nel Midwest agricolo o nelle zone semidesertiche e abbandonate. E ho scoperto che si chiamano davvero molinos de viento le cui piccole pale, che girano costantemente, mosse in favore di vento (che qui non manca mai) grazie a una sorta di timone, quel tanto che basta ad azionare una pompa ad aspirazione che estrae l'acqua dai pozzi e la porta a una cisterna (la quale chissà perché viene chiamata tanque australiano), il cui livello d'acqua è mantenuto costante grazie a un galleggiante. Un sistema semplice e ingegnoso che sfrutta l'energia eolica, il cui funzionamento sono in grado di comprendere all'incirca perfino io, e che serve sia per l'irrigazione sia per dissetare gli animali senza dovere utilizzare sistemi complicati ed elettricità. Forse non dico niente di nuovo, ma per me è stata una scoperta che ha dato un senso profondo alla giornata!

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