"Toglimi un dubbio" (Ôtez-moi d'un doute) di Carine Tardieu. Con François Damiens, Cécile De France, Guy Marchand, André Wilms, Alice de Lencquesaing e altri. Francia, Belgio 2017 ★★+
Il problema non è questo film nello specifico, una commediola agrodolce con tema la paternità, che assolve il suo scopo di far trascorrere un'oretta e mezzo al fresco in una sala cinematografica senza arrecare danni: carino, grazioso, francese, quindi dalla trama inutilmente complicata e cervellotica, ma almeno ha il pregio di essere ambientato in Bretagna, dove la gente va un po' più per le spicce e si avvale di interpreti misurati sia nelle parole sia nei movimenti; ma per quale motivo in questo periodo di "morta" occorra andare a raschiare nel fondo del barile della cinematografia transalpina quando ci sarebbe tutto un mondo da esplorare, senza limitarci all'Europa dove, a cominciare dalla produzione nazionale, a quella dell'Est, a quella britannica, a quella iberica, ci sarebbe senz'altro di meglio da presentare? Ma niente da fare: nell'ultimo mese e mezzo, metà dei film che girano nelle nostre sale sono francesi. Il dubbio cui si riferisce il titolo è quello che viene a Erwan, un ex ufficiale artificiere riciclatosi in sminatore nelle zone del D-Day, di essere il fratello di Anna, la dottoressa che si è deciso di corteggiare, dopo aver scoperto, attraverso un esame del DNA, di non essere il figlio dell'uomo che ha sempre considerato suo padre ma, probabilmente, del padre di lei che, per un certo periodo, ha frequentato la stessa associazione di sua madre e sulle cui tracce viene messo da una detective che più che altro sembra una strizzacervelli piuttosto sommaria. Le maternità in questo film non è considerata, benché la giovane figlia di Erwan sia a sua volta incinta di quasi nove mesi ma si rifiuta di rivelare al padre che lo ha avuto da un suo dipendente particolarmente inetto, al limiti del subnormale, cosa che Erwan, non esattamente un'aquila, pure aveva intuito; e nonostante ci facciano assistere al parto praticamente in diretta: conta solo la paternità che, e fin qui ci siamo, è una questione elettiva più che genetica come sapevano alla perfezione i romani, per il quali il legame dato dall'affiliazione contava molto più di quello di sangue. Le madri, dunque, sono assenti sia nell'universo di Erwan, sia in quello si sua figlia, sia in quello di Anna. Un ulteriore esame del DNA chiarirà il dubbio di cui al titolo e tutti quanti vissero felici e contenti. Si, va beh, e allora? D'accordo, non si può pretendere più di tanto, ma se non altro è meglio di certe altre vaccate doltralpe che ci è toccato vedere di recente.
Il problema non è questo film nello specifico, una commediola agrodolce con tema la paternità, che assolve il suo scopo di far trascorrere un'oretta e mezzo al fresco in una sala cinematografica senza arrecare danni: carino, grazioso, francese, quindi dalla trama inutilmente complicata e cervellotica, ma almeno ha il pregio di essere ambientato in Bretagna, dove la gente va un po' più per le spicce e si avvale di interpreti misurati sia nelle parole sia nei movimenti; ma per quale motivo in questo periodo di "morta" occorra andare a raschiare nel fondo del barile della cinematografia transalpina quando ci sarebbe tutto un mondo da esplorare, senza limitarci all'Europa dove, a cominciare dalla produzione nazionale, a quella dell'Est, a quella britannica, a quella iberica, ci sarebbe senz'altro di meglio da presentare? Ma niente da fare: nell'ultimo mese e mezzo, metà dei film che girano nelle nostre sale sono francesi. Il dubbio cui si riferisce il titolo è quello che viene a Erwan, un ex ufficiale artificiere riciclatosi in sminatore nelle zone del D-Day, di essere il fratello di Anna, la dottoressa che si è deciso di corteggiare, dopo aver scoperto, attraverso un esame del DNA, di non essere il figlio dell'uomo che ha sempre considerato suo padre ma, probabilmente, del padre di lei che, per un certo periodo, ha frequentato la stessa associazione di sua madre e sulle cui tracce viene messo da una detective che più che altro sembra una strizzacervelli piuttosto sommaria. Le maternità in questo film non è considerata, benché la giovane figlia di Erwan sia a sua volta incinta di quasi nove mesi ma si rifiuta di rivelare al padre che lo ha avuto da un suo dipendente particolarmente inetto, al limiti del subnormale, cosa che Erwan, non esattamente un'aquila, pure aveva intuito; e nonostante ci facciano assistere al parto praticamente in diretta: conta solo la paternità che, e fin qui ci siamo, è una questione elettiva più che genetica come sapevano alla perfezione i romani, per il quali il legame dato dall'affiliazione contava molto più di quello di sangue. Le madri, dunque, sono assenti sia nell'universo di Erwan, sia in quello si sua figlia, sia in quello di Anna. Un ulteriore esame del DNA chiarirà il dubbio di cui al titolo e tutti quanti vissero felici e contenti. Si, va beh, e allora? D'accordo, non si può pretendere più di tanto, ma se non altro è meglio di certe altre vaccate doltralpe che ci è toccato vedere di recente.
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