"On The Milky Road / Sulla Via Lattea" di Emir Kusturica. Con Emir Kusturica, Sloboda Mićalović, Monica Bellucci, Predrag "Miki" Manojlović, Sergej Trifunović e altri. Serbia, Messico, USA, GB 2016 ★★★½
Non imperdibile come alcuni altri film del regista serbo, giunto al suo 12° lungometraggio dopo 9 anni di pausa, ma mi era comunque sfuggito all'uscita, nel maggio scorso, ed è valso la pena recuperarlo in questo ultimo scorcio di ripescaggi estivi, benché la critica sia stata piuttosto ingenerosa; ma chi ama il lato paradossale, sognatore, surreale e inequivocabilmente balcanico del nostro se ne farà senz'altro una ragione e saprà comunque apprezzare questa favola raccontata in immagini e dialoghi solo apparentemente strampalati nonché interpretata dallo stesso Kusturica, in ottima forma, nei panni di Kosta, un uomo disilluso e con alle spalle un passato di cui preferisce non parlare che, durante le ultime guerre balcaniche, per rifornire di latte le truppe (filo serbe), attraversa ogni giorni la linea di fuoco, in Erzegovina, in groppa a un somaro e riparato da un ombrello nonché protetto dal suo più caro amico, un falco pellegrino, e da un serpente particolarmente ghiotto di latte, capaci di leggere il pericolo in mezzo alla follia generalizzata, riuscendo miracolosamente a schivare il tiro incrociato dei contendenti. Nel villaggio che fa da base ai miliziani Milena, una ex campionessa di ginnastica della disciolta Jugoslavia, la scoppiettante Sloboda Mićalović, sta organizzando il matrimonio del fratello eroe di guerra, e a questo scopo ha fatto giungere di soppiatto una misteriosa donna in fuga da un passato travagliato, la Sposa, un'improponiblie Monica Bellucci, sognando una cerimonia incrociata in cui lei impalmerà a sua volta Kosta. Quest'ultimo, però, è attratto irresistibilmente dalla nuova venuta, in cui intuisce "la ragazza che è stata e non è più" così come egli stesso non è più l'uomo di un tempo, e questa affinità elettiva si tramuta in una passione che sublima tutti gli orrori del conflitto che, una volta raggiunto l'armistizio tra i contendenti, per la coppia di amanti si trasforma nell'inseguimento tra montagne impervie, stagni, paludi e campi minati da parte di un trio di implacabili assassini spedito da un generale britannico che vuole a tutti i costi recuperare la Sposa che gli era stata sottratta. Una fuga per la sopravvivenza dove ogni momento è vissuto come fosse l'ultimo legando i due in modo indissolubile che si conclude con una sorta di assunzione un cielo della Sposa (e qui qualcuno ha ricordato, non a torto, Chagall) e con la pratica, un decennio dopo, del ricordo da parte di Kosta tramutatosi definitivamente in eremita. C'è ironia, leggerezza, senso del grottesco nel raccontare quella che comunque è una tragedia, e il tono riesce a rimanere giocoso anche nel dramma. Kusturica, oltre a un gruppo di attori affiatati, tra cui l'immancabile e affezionato Miki Manojlović nei panni del potenziale cognato, con l'aiuto della tecnologia è stato capace di far recitare anche gli animali: oltre a far trottare l'asinello più veloce di Varenne, a convincere una squadriglia di oche a fare il bagno in una vasca colma del sangue di un maiale appena sgozzato, un falco a volare a comando, un serpente a trasformarsi in una cintura di sicurezza salva-vita e un intero gregge di pecore a fingere la morte, ma non è riuscito a cavare un'espressione meno che attonita e impietrita alla Bellucci, e nemmeno a farle spiccicare due parole che non suonassero come l'elenco della spesa: irrecuperabile, e impietoso il confronto con la Mićalović. Incapace di percepire il fascino di questa donna-tubero anche quando aveva metà dell'età attuale, non mi spiego il suo impiego a meno che immaginarsela come attrice non facesse parte dell'esperienza onirica di Kusturica: per me è valso almeno mezzo punto in meno nella valutazione del film, che comunque rimane più che godibile.
Non imperdibile come alcuni altri film del regista serbo, giunto al suo 12° lungometraggio dopo 9 anni di pausa, ma mi era comunque sfuggito all'uscita, nel maggio scorso, ed è valso la pena recuperarlo in questo ultimo scorcio di ripescaggi estivi, benché la critica sia stata piuttosto ingenerosa; ma chi ama il lato paradossale, sognatore, surreale e inequivocabilmente balcanico del nostro se ne farà senz'altro una ragione e saprà comunque apprezzare questa favola raccontata in immagini e dialoghi solo apparentemente strampalati nonché interpretata dallo stesso Kusturica, in ottima forma, nei panni di Kosta, un uomo disilluso e con alle spalle un passato di cui preferisce non parlare che, durante le ultime guerre balcaniche, per rifornire di latte le truppe (filo serbe), attraversa ogni giorni la linea di fuoco, in Erzegovina, in groppa a un somaro e riparato da un ombrello nonché protetto dal suo più caro amico, un falco pellegrino, e da un serpente particolarmente ghiotto di latte, capaci di leggere il pericolo in mezzo alla follia generalizzata, riuscendo miracolosamente a schivare il tiro incrociato dei contendenti. Nel villaggio che fa da base ai miliziani Milena, una ex campionessa di ginnastica della disciolta Jugoslavia, la scoppiettante Sloboda Mićalović, sta organizzando il matrimonio del fratello eroe di guerra, e a questo scopo ha fatto giungere di soppiatto una misteriosa donna in fuga da un passato travagliato, la Sposa, un'improponiblie Monica Bellucci, sognando una cerimonia incrociata in cui lei impalmerà a sua volta Kosta. Quest'ultimo, però, è attratto irresistibilmente dalla nuova venuta, in cui intuisce "la ragazza che è stata e non è più" così come egli stesso non è più l'uomo di un tempo, e questa affinità elettiva si tramuta in una passione che sublima tutti gli orrori del conflitto che, una volta raggiunto l'armistizio tra i contendenti, per la coppia di amanti si trasforma nell'inseguimento tra montagne impervie, stagni, paludi e campi minati da parte di un trio di implacabili assassini spedito da un generale britannico che vuole a tutti i costi recuperare la Sposa che gli era stata sottratta. Una fuga per la sopravvivenza dove ogni momento è vissuto come fosse l'ultimo legando i due in modo indissolubile che si conclude con una sorta di assunzione un cielo della Sposa (e qui qualcuno ha ricordato, non a torto, Chagall) e con la pratica, un decennio dopo, del ricordo da parte di Kosta tramutatosi definitivamente in eremita. C'è ironia, leggerezza, senso del grottesco nel raccontare quella che comunque è una tragedia, e il tono riesce a rimanere giocoso anche nel dramma. Kusturica, oltre a un gruppo di attori affiatati, tra cui l'immancabile e affezionato Miki Manojlović nei panni del potenziale cognato, con l'aiuto della tecnologia è stato capace di far recitare anche gli animali: oltre a far trottare l'asinello più veloce di Varenne, a convincere una squadriglia di oche a fare il bagno in una vasca colma del sangue di un maiale appena sgozzato, un falco a volare a comando, un serpente a trasformarsi in una cintura di sicurezza salva-vita e un intero gregge di pecore a fingere la morte, ma non è riuscito a cavare un'espressione meno che attonita e impietrita alla Bellucci, e nemmeno a farle spiccicare due parole che non suonassero come l'elenco della spesa: irrecuperabile, e impietoso il confronto con la Mićalović. Incapace di percepire il fascino di questa donna-tubero anche quando aveva metà dell'età attuale, non mi spiego il suo impiego a meno che immaginarsela come attrice non facesse parte dell'esperienza onirica di Kusturica: per me è valso almeno mezzo punto in meno nella valutazione del film, che comunque rimane più che godibile.
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