"Easy - Un viaggio facile facile" di Andrea Magnani. Con Nicola Nocella, Libero De Rienzo, Ostak Stupka, Barbara Bouchet, Katheryna Kosenko, Veronika Shostak, Orest Garda e altri. Italia, Ucraina 2017 ★★★★
"Isi", diminutivo di Isidoro (un Nicola Nocella "ottimo e abbondante"), un trentacinquenne ex promessa dell'automobilismo caduto in depressione a causa del sovrappeso e inebetito dai tranquillanti, si pronuncia come easy, facile, come il fratello di successo Filo, a capo di una losca impresa di costruzioni, definisce l'incarico che gli affida, apparentemente per toglierlo dal torpore in cui vegeta, in realtà per cavarlo da una rogna: trasportare in Ucraina il feretro di un operaio che lavorava in un suo cantiere deceduto per un omicidio bianco e non per una mera disgrazia, e consegnarlo a persone di fiducia che l'avrebbero recapitato nel paesino d'origine della famiglia, sperduto nei Carpazi. Ben rifornito di pasticche, equipaggiato con cellulare dotato di traduttore vocale e di navigatore dell'ultima generazione, tutti gadget con cui Isidoro non ha la minima confidenza, scollegato com'è dalla realtà e rimasto a una primordiale play station con cui simula quelle corse automobilistiche che gli sono rimaste nel cuore, Isi parte dalla Bisiacaria (la zona tra la foce dell'Isonzo e l'inizio del Carso) per attraversare tutta l'Ungheria fino al confine ucraino: lì viene avvertito dal fratello che non ci sarà nessuno a prendere in consegna la bara e che dovrà recarsi al primo posto di polizia e attendere il suo arrivo. Già sconvolto dalla prima parte del viaggio, dopo essersi dovuto disfare prima della barba che gli faceva da protezione, poi del navigatore, quindi del traduttore istantaneo a Isidoro viene anche rubato il carro funebre (ma dopo aver ingaggiato e vinto una sfida su una superstrada con una fuoriserie guidata da in indigeno in cerca di brivido) e rimane solo nella pianura sconfinata assieme al feretro di Taras, l'operaio defunto e una busta con le sue poche carte rimaste, sentendo crescere in sé il dovere di portarlo a destinazione, fosse che che fosse. E' a questo punto che comincia davvero l'avventura on the road, innumerevoli volte riproposta al cinema, anche con cadavere annesso, ma in questo caso in modo del tutto originale. E' diversa la realtà, ancora prevalentemente rurale, che Isi affronta in un Paese così lontano ma anche così vicino, ma sono del tutto autentici e credibili i personaggi che incontra: dal camionista georgiano alla famiglia matriarcale cinese, al prete ortodosso che sta per togliersi definitivamente i paramenti per realizzare il suo sogno di diventare cantante rock, al vecchio cocchiere. Riuscirà, nonostante tutto, a compiere la sua missione ma invece di un happy end c'è un grosso punto di domanda, che riguarda chiunque si prenda il tempo per guardarsi dentro nel profondo. Perché viaggiare significa questo: vivere in prima persona e interagire col prossimo, fuori dagli schemi abituali (e questo non ha nulla a che fare né col turismo in generale né con un villaggio vacanze) e quindi stare innanzitutto con sé stessi, nella propria dimensione e, al contempo, operare un cambio prospettiva nell'osservare la realtà, perché solo così si possono conoscere anche gli altri. Una bella storia, nemmeno troppo surreale, raccontata con garbo, ironia, leggerezza che offre materiale per riflettere, ma con un sorriso: un esordio alla regìa molto promettente per Andrea Magnani, accolto con grande favore di pubblico e critica al recente Festival di Locarno e un altro centro per la coraggiosa Tucker Film, che quando produce e distribuisce un film non sbaglia mai un colpo. E ancora una conferma che qualcosa nel cinema italiano ha cominciato a muoversi, e non soltanto a Roma e dintorni.
"Isi", diminutivo di Isidoro (un Nicola Nocella "ottimo e abbondante"), un trentacinquenne ex promessa dell'automobilismo caduto in depressione a causa del sovrappeso e inebetito dai tranquillanti, si pronuncia come easy, facile, come il fratello di successo Filo, a capo di una losca impresa di costruzioni, definisce l'incarico che gli affida, apparentemente per toglierlo dal torpore in cui vegeta, in realtà per cavarlo da una rogna: trasportare in Ucraina il feretro di un operaio che lavorava in un suo cantiere deceduto per un omicidio bianco e non per una mera disgrazia, e consegnarlo a persone di fiducia che l'avrebbero recapitato nel paesino d'origine della famiglia, sperduto nei Carpazi. Ben rifornito di pasticche, equipaggiato con cellulare dotato di traduttore vocale e di navigatore dell'ultima generazione, tutti gadget con cui Isidoro non ha la minima confidenza, scollegato com'è dalla realtà e rimasto a una primordiale play station con cui simula quelle corse automobilistiche che gli sono rimaste nel cuore, Isi parte dalla Bisiacaria (la zona tra la foce dell'Isonzo e l'inizio del Carso) per attraversare tutta l'Ungheria fino al confine ucraino: lì viene avvertito dal fratello che non ci sarà nessuno a prendere in consegna la bara e che dovrà recarsi al primo posto di polizia e attendere il suo arrivo. Già sconvolto dalla prima parte del viaggio, dopo essersi dovuto disfare prima della barba che gli faceva da protezione, poi del navigatore, quindi del traduttore istantaneo a Isidoro viene anche rubato il carro funebre (ma dopo aver ingaggiato e vinto una sfida su una superstrada con una fuoriserie guidata da in indigeno in cerca di brivido) e rimane solo nella pianura sconfinata assieme al feretro di Taras, l'operaio defunto e una busta con le sue poche carte rimaste, sentendo crescere in sé il dovere di portarlo a destinazione, fosse che che fosse. E' a questo punto che comincia davvero l'avventura on the road, innumerevoli volte riproposta al cinema, anche con cadavere annesso, ma in questo caso in modo del tutto originale. E' diversa la realtà, ancora prevalentemente rurale, che Isi affronta in un Paese così lontano ma anche così vicino, ma sono del tutto autentici e credibili i personaggi che incontra: dal camionista georgiano alla famiglia matriarcale cinese, al prete ortodosso che sta per togliersi definitivamente i paramenti per realizzare il suo sogno di diventare cantante rock, al vecchio cocchiere. Riuscirà, nonostante tutto, a compiere la sua missione ma invece di un happy end c'è un grosso punto di domanda, che riguarda chiunque si prenda il tempo per guardarsi dentro nel profondo. Perché viaggiare significa questo: vivere in prima persona e interagire col prossimo, fuori dagli schemi abituali (e questo non ha nulla a che fare né col turismo in generale né con un villaggio vacanze) e quindi stare innanzitutto con sé stessi, nella propria dimensione e, al contempo, operare un cambio prospettiva nell'osservare la realtà, perché solo così si possono conoscere anche gli altri. Una bella storia, nemmeno troppo surreale, raccontata con garbo, ironia, leggerezza che offre materiale per riflettere, ma con un sorriso: un esordio alla regìa molto promettente per Andrea Magnani, accolto con grande favore di pubblico e critica al recente Festival di Locarno e un altro centro per la coraggiosa Tucker Film, che quando produce e distribuisce un film non sbaglia mai un colpo. E ancora una conferma che qualcosa nel cinema italiano ha cominciato a muoversi, e non soltanto a Roma e dintorni.
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