"Miss Sloane - Giochi di potere" (Miss Sloane) di John Madden. Con Jessica Chastain, Mark Strong, Gugu Mbatha-Rae, Alison Pill, Michael Stuhlbarg, Jack Lacy, Sam Waterston e altri. USA 2016 ★★★★
Elizabeth Sloane, magnificamente interpretata da Jessica Chastain, un'atrrice arrivata tardi al meritatissimo successo ma versatile quanto incredibilmente intensa dietro un'apparenza algida e brava per davvero, è la punta di diamante di un'agenzia di lobbying legata alla parte più reazionaria del Congresso, famosa per la sua spregiudicatezza. Una vincitrice, di rara determinazione, una "campionessa del libero mercato" e della concorrenza, una specie di Gordon Gekko al femminile nel suo campo: influenzare le scelte dei parlamentari a favore dei gruppi che la ingaggiano. Quando viene incaricata di seguire una campagna contro una legge che intende regolamentare un minimo la compravendita delle armi, si rifiuta e molla l'agenzia: non per motivi di ordine morale o ideologico, ma perché vorrebbero farle sostenere che le casalinghe e le mamme debbano potersi armare per difendere i loro focolari domestici e i figli, quindi un'idiozia, e se ne va dalla controparte, infinitamente meno dotata di mezzi finanziari e potenza di fuoco, portandosi dietro la gran parte del suo gruppo. Una sfida impari con gli ex datori di lavoro che la Sloane accetta convinta com'è della bontà delle sue strategie e della capacità di anticipare le mosse dell'avversario, e che vincerà dopo un susseguirsi di colpi di scena mozzafiato fino al botto finale in un'audizione di una commissione senatoriale messa in piedi apposta (e fraudolentemente) per smascherare la scorrettezza dei mezzi che la stessa Sloane utilizza. Un gioco di intrighi che, anche per l'ambientazione a Washington e l'illustrazione delle bassezze e della corruzione alla base della politica americana, ricorda da vicino le vicende della fortunatissima serie "House of Cards": lì la molla che muove Frank Underwood e consorte è la smania di potere, con tutti i compromessi che ciò comporta; qui è la sete di vittoria professionale che anima Elizabeth, che per questo rinuncia a una vita privata e di relazione, si impasticca per reggere ritmi lavorativi inumani, è disposta a manipolare persone e sentimenti e a passare persino sopra a sé stessa. Madden ha messo in piedi un film poco convenzionale: la nostra eroina, per quanto affascinante, non è un personaggio positivo e non suscita simpatia; in un mondo prettamente maschile, quelle che emergono e sono determinanti sono tre figure femminili diversissime tra loro ma che, pur con motivazioni differenti, si ritrovano dalla stessa parte; alla fine, a prevalere sarà ancora la logica della manipolazione e della sopraffazione del prossimo, che è consustanziale al sistema politico-economico degenerato di cui gli USA sono i portabandiera. Per affermare una cosa del genere, pur se tra le righe ma piuttosto evidentemente, ci vuole coraggio: la domanda è se e quanti spettatori al di là dell'Atlantico siano in grado di recepire il messaggio, ma anche qui da noi.
Elizabeth Sloane, magnificamente interpretata da Jessica Chastain, un'atrrice arrivata tardi al meritatissimo successo ma versatile quanto incredibilmente intensa dietro un'apparenza algida e brava per davvero, è la punta di diamante di un'agenzia di lobbying legata alla parte più reazionaria del Congresso, famosa per la sua spregiudicatezza. Una vincitrice, di rara determinazione, una "campionessa del libero mercato" e della concorrenza, una specie di Gordon Gekko al femminile nel suo campo: influenzare le scelte dei parlamentari a favore dei gruppi che la ingaggiano. Quando viene incaricata di seguire una campagna contro una legge che intende regolamentare un minimo la compravendita delle armi, si rifiuta e molla l'agenzia: non per motivi di ordine morale o ideologico, ma perché vorrebbero farle sostenere che le casalinghe e le mamme debbano potersi armare per difendere i loro focolari domestici e i figli, quindi un'idiozia, e se ne va dalla controparte, infinitamente meno dotata di mezzi finanziari e potenza di fuoco, portandosi dietro la gran parte del suo gruppo. Una sfida impari con gli ex datori di lavoro che la Sloane accetta convinta com'è della bontà delle sue strategie e della capacità di anticipare le mosse dell'avversario, e che vincerà dopo un susseguirsi di colpi di scena mozzafiato fino al botto finale in un'audizione di una commissione senatoriale messa in piedi apposta (e fraudolentemente) per smascherare la scorrettezza dei mezzi che la stessa Sloane utilizza. Un gioco di intrighi che, anche per l'ambientazione a Washington e l'illustrazione delle bassezze e della corruzione alla base della politica americana, ricorda da vicino le vicende della fortunatissima serie "House of Cards": lì la molla che muove Frank Underwood e consorte è la smania di potere, con tutti i compromessi che ciò comporta; qui è la sete di vittoria professionale che anima Elizabeth, che per questo rinuncia a una vita privata e di relazione, si impasticca per reggere ritmi lavorativi inumani, è disposta a manipolare persone e sentimenti e a passare persino sopra a sé stessa. Madden ha messo in piedi un film poco convenzionale: la nostra eroina, per quanto affascinante, non è un personaggio positivo e non suscita simpatia; in un mondo prettamente maschile, quelle che emergono e sono determinanti sono tre figure femminili diversissime tra loro ma che, pur con motivazioni differenti, si ritrovano dalla stessa parte; alla fine, a prevalere sarà ancora la logica della manipolazione e della sopraffazione del prossimo, che è consustanziale al sistema politico-economico degenerato di cui gli USA sono i portabandiera. Per affermare una cosa del genere, pur se tra le righe ma piuttosto evidentemente, ci vuole coraggio: la domanda è se e quanti spettatori al di là dell'Atlantico siano in grado di recepire il messaggio, ma anche qui da noi.
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