"Il permesso - 48 ore fuori" di Claudio Amendola. Con Claudio Amendola, Luca Argentero, Valentina Bellè, Giacomo Ferrara, Silvia Degrandi, Alessandra Roca, Antonino Iuorio, Ivan Franek, Massimo De Santis, Andrea Carpenzano. Italia 2017 ★★+
Non ho nulla contro i film di genere, e Il permesso è un noir a tutti gli effetti, anzi: mi compiaccio che se ne facciano all'italiana, ma questo tentativo di Claudio Amendola, che oltre a dirigere e interpretare la pellicola ne ha scritto anche le sceneggiatura assieme a Giancarlo De Cataldo (magistrato e scrittore: Romanzo Criminale, Suburra), non ha finito di convincermi benché confezionato da due "esperti" del ramo. Quattro storie per quattro detenuti di caratura diversa, che scontano le rispettive pene nel carcere di Civitavecchia e che, lo stesso giorno, ottengono un permesso di 48 ore che trascorrono a Roma, cercando ognuno a suo modo di fare i conti col proprio passato e relazionarsi con quel che ne resta. Luca Argentiero pòr fioeu, ce la mette tutta a fare fare il galeotto incallito, palestrato e violento che va alla ricerca della propria donna, una prostituta venuta dall'Est, per recuperarla si presta a tornare ai combattimenti illegali e si fa massacrare ma trova ancora la forza di farsi giustizia, ma non ce la fa: non sarà mai un attore; lo è invece il buon Amendola, nei panni di un boss di quartiere in galera da 17 anni che rimedia a uno sgarro del figlio, che vuole seguire le sue tracce non avendone la stoffa, e si sacrifica per l'onore della famiglia e la salvezza di moglie e figlio ingaggiando una sfida all'O.K. Corrall col suo vecchio socio Goran, o qualcosa del genere, ché quando biascicano in romanesco si capisce la metà di quel che dicono, il classico slavo cattivo; le altre due storie che vedono protagonisti Rossana, una ragazza di famiglia ricchissima beccata con qualche chilo di cocaina di ritorno dal Brasile, feticista delle scarpa nonché in pessimi rapporti con la madre e Angelo, autista di una banda di giovani rapinatori che non ha fatto i nomi dei suoi complici, fuggiti quando ha avuto un incidente durante la fuga, che in carcere ha scoperto la vocazione al giardinaggio: i due finiscono per intrecciare una relazione assai improbabile folgorati sulla via di Damasco all'ultimo minuto: la prima recuperando in extremis un rapporto con la genitrice e il secondo rinunciando a partecipare a una rapina "sicura" organizzata per risarcirlo a consentirgli di rifarsi una vita all'estero invece di rientrare dal permesso, cosa che invece Rossana e Angelo fanno, ponendo le premesse per un futuro di giardini all'italiana ma anche zen, rientrando in carcere tenendosi per mano, e così addio al noir cupo, tutto sommato ben ambientato e piuttosto teso che era nelle intenzioni del regista e fino alla svolta finale buonista. Peccato anche perché alla fine le interpretazioni dei due ragazzi, specie quella del giovane Giacomo Ferrara, erano state quella più convincenti. Buona e attenta la regia, tragica la colonna sonora, da B-Movie degli anni Ottanta, invadente e ridicola. Occasione persa ma non completamente: tutto sommato il film si fa vedere, pur con molti "però".
Non ho nulla contro i film di genere, e Il permesso è un noir a tutti gli effetti, anzi: mi compiaccio che se ne facciano all'italiana, ma questo tentativo di Claudio Amendola, che oltre a dirigere e interpretare la pellicola ne ha scritto anche le sceneggiatura assieme a Giancarlo De Cataldo (magistrato e scrittore: Romanzo Criminale, Suburra), non ha finito di convincermi benché confezionato da due "esperti" del ramo. Quattro storie per quattro detenuti di caratura diversa, che scontano le rispettive pene nel carcere di Civitavecchia e che, lo stesso giorno, ottengono un permesso di 48 ore che trascorrono a Roma, cercando ognuno a suo modo di fare i conti col proprio passato e relazionarsi con quel che ne resta. Luca Argentiero pòr fioeu, ce la mette tutta a fare fare il galeotto incallito, palestrato e violento che va alla ricerca della propria donna, una prostituta venuta dall'Est, per recuperarla si presta a tornare ai combattimenti illegali e si fa massacrare ma trova ancora la forza di farsi giustizia, ma non ce la fa: non sarà mai un attore; lo è invece il buon Amendola, nei panni di un boss di quartiere in galera da 17 anni che rimedia a uno sgarro del figlio, che vuole seguire le sue tracce non avendone la stoffa, e si sacrifica per l'onore della famiglia e la salvezza di moglie e figlio ingaggiando una sfida all'O.K. Corrall col suo vecchio socio Goran, o qualcosa del genere, ché quando biascicano in romanesco si capisce la metà di quel che dicono, il classico slavo cattivo; le altre due storie che vedono protagonisti Rossana, una ragazza di famiglia ricchissima beccata con qualche chilo di cocaina di ritorno dal Brasile, feticista delle scarpa nonché in pessimi rapporti con la madre e Angelo, autista di una banda di giovani rapinatori che non ha fatto i nomi dei suoi complici, fuggiti quando ha avuto un incidente durante la fuga, che in carcere ha scoperto la vocazione al giardinaggio: i due finiscono per intrecciare una relazione assai improbabile folgorati sulla via di Damasco all'ultimo minuto: la prima recuperando in extremis un rapporto con la genitrice e il secondo rinunciando a partecipare a una rapina "sicura" organizzata per risarcirlo a consentirgli di rifarsi una vita all'estero invece di rientrare dal permesso, cosa che invece Rossana e Angelo fanno, ponendo le premesse per un futuro di giardini all'italiana ma anche zen, rientrando in carcere tenendosi per mano, e così addio al noir cupo, tutto sommato ben ambientato e piuttosto teso che era nelle intenzioni del regista e fino alla svolta finale buonista. Peccato anche perché alla fine le interpretazioni dei due ragazzi, specie quella del giovane Giacomo Ferrara, erano state quella più convincenti. Buona e attenta la regia, tragica la colonna sonora, da B-Movie degli anni Ottanta, invadente e ridicola. Occasione persa ma non completamente: tutto sommato il film si fa vedere, pur con molti "però".
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