"Libere disobbedienti innamorate - In Between" (Bar Bahar) di Maysaloun Hamoud. Con Mouna Hawa,Sana Jammelieh, Shaden Kanboura, Mahmud Shalaby, Riyas Sliman e altri. Israele, Francia 2016 ★★★½
Giustamente premiato in alcuni dei più prestigiosi festival "minori" (ossia i più seri, come San Sabastián, Toronto e Haifa), il film dell'esordiente Mayasaloun Hamoud (non avevo dubbi sul fatto che fosse una donna) racconta le vicende di tre ragazze arabo-israeliane che condividono un appartamento nella progressista e cosmopolita Tel Aviv, e seppur diversissime tra loro hanno in comune il tentativo di affermare la propria identità in un ambiente lontano da quello patriarcale, maschilista e intollerante in cui sono cresciute, ma che continua a fare sentire la sua influenza. Laila è un'avvocata agnostica, disincantata, che preferisce rimanere indipendente e libera piuttosto che continuare un rapporto con un fiidanzato che si presenta come liberal (si vanta di avere anche vissuto a New York) ma in realtà non fa che riproporre schemi retrivi; Salma è una barista e disc-lockey lesbica di famiglia cristiana costretta a rompere con essa per le sue tendenze sessuali mentre Noor è una musulmana praticante che studia informatica, proveniente dal villaggio ultraconservatore du Umm al-Fahm, in Cisgiordania (da dove è arrivata anche una fatwa fondamentalista contro la pellicola, la sua autrice e le interpreti, cosa che non accadeva in Palestina da settan'annii: una medaglia al merito!) fidanzata con un fondamentalista che, non contento di volerla allontanare dalle altre ragazze, la stupra pure. In realtà Noor con le sue coinquiline si trova bene, non solo perché in fondo sono delle "brave ragazze", al di delle canne e di qualche trasgressione ad alto tasso alcolico, ma perché trova con loro comprensione reciproca e solidarietà attiva e molte più cose in comune di quanto le differenza possano far credere. Al di là di qualche lentezza tipica della cinematografia mediorientale, che nulla toglie al film e semmai consente alle bravissime interpreti di dare corpo, attraverso sottili sfumature espressive, agli stati d'animo dei personaggi e a palesare il "non detto", In Between (ossia In mezzo, "Tra mare e terra", che sarebbe la traduzione letterale del titolo originale) dà voce e visibilità a un'intera generazione di israelo-palestoinesi, un quinto della popolazione del Paese, e in particolare alla sua parte femminile, di cui poco o niente si sa: gli uomini ne escono male, a parte il padre di Nour, che prende le parti della figlia perché non la vede cambiata nella sua essenza, checché ne dica l'ex fidanzato a giustificazione della rottura, avvenuta su iniziativa della ragazza, così come il bigottismo religioso sia musulmano sia cristiano. Palestinese com'è, Maysaloun Hamoud non poteva dare addosso anche a quello ebraico, ma ci aveva già pensato a suo tempo una sua collega ebrea assieme a suo fratello nell'ottimo Viviane, uscito un paio di anni fa: Ii risultato è all'0altezza.
Giustamente premiato in alcuni dei più prestigiosi festival "minori" (ossia i più seri, come San Sabastián, Toronto e Haifa), il film dell'esordiente Mayasaloun Hamoud (non avevo dubbi sul fatto che fosse una donna) racconta le vicende di tre ragazze arabo-israeliane che condividono un appartamento nella progressista e cosmopolita Tel Aviv, e seppur diversissime tra loro hanno in comune il tentativo di affermare la propria identità in un ambiente lontano da quello patriarcale, maschilista e intollerante in cui sono cresciute, ma che continua a fare sentire la sua influenza. Laila è un'avvocata agnostica, disincantata, che preferisce rimanere indipendente e libera piuttosto che continuare un rapporto con un fiidanzato che si presenta come liberal (si vanta di avere anche vissuto a New York) ma in realtà non fa che riproporre schemi retrivi; Salma è una barista e disc-lockey lesbica di famiglia cristiana costretta a rompere con essa per le sue tendenze sessuali mentre Noor è una musulmana praticante che studia informatica, proveniente dal villaggio ultraconservatore du Umm al-Fahm, in Cisgiordania (da dove è arrivata anche una fatwa fondamentalista contro la pellicola, la sua autrice e le interpreti, cosa che non accadeva in Palestina da settan'annii: una medaglia al merito!) fidanzata con un fondamentalista che, non contento di volerla allontanare dalle altre ragazze, la stupra pure. In realtà Noor con le sue coinquiline si trova bene, non solo perché in fondo sono delle "brave ragazze", al di delle canne e di qualche trasgressione ad alto tasso alcolico, ma perché trova con loro comprensione reciproca e solidarietà attiva e molte più cose in comune di quanto le differenza possano far credere. Al di là di qualche lentezza tipica della cinematografia mediorientale, che nulla toglie al film e semmai consente alle bravissime interpreti di dare corpo, attraverso sottili sfumature espressive, agli stati d'animo dei personaggi e a palesare il "non detto", In Between (ossia In mezzo, "Tra mare e terra", che sarebbe la traduzione letterale del titolo originale) dà voce e visibilità a un'intera generazione di israelo-palestoinesi, un quinto della popolazione del Paese, e in particolare alla sua parte femminile, di cui poco o niente si sa: gli uomini ne escono male, a parte il padre di Nour, che prende le parti della figlia perché non la vede cambiata nella sua essenza, checché ne dica l'ex fidanzato a giustificazione della rottura, avvenuta su iniziativa della ragazza, così come il bigottismo religioso sia musulmano sia cristiano. Palestinese com'è, Maysaloun Hamoud non poteva dare addosso anche a quello ebraico, ma ci aveva già pensato a suo tempo una sua collega ebrea assieme a suo fratello nell'ottimo Viviane, uscito un paio di anni fa: Ii risultato è all'0altezza.
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