"La tenerezza" di Gianni Amelio. Con Renato Carpentieri, Elio Germano, Giovanna Mezzogiorno, Micaela Ramazzotti, Arturo Muselli, Greta Scacchi, Giuseppe Zeno, Maria Nazionale e altri. Italia 2017 ★★★★½
Un film molto bello e intenso insultato da una locandina invereconda, fuorviante, furbesca, falsa e ingiusta, in una parola: inaccettabile, che mette in primo piano i volti di Eliio Germano, Micaela Ramazzotti e Giovanna Mezzogiorno (tutti encomiabili), ossia i personaggi secondari, peraltro in ordine inverso alla loro presenza nel film, e sotto, in piccolo e irriconoscibile, il protagonista assoluto e magnifico di quest'ultimo lavoro di Gianni Amelio: Renato Carpentieri. Perché è attorno a Lorenzo, da lui interpretato, che ruota la pellicola: un anziano avvocato dalla dubbia fama in pensione, appena sopravvissuto a un infarto e che, una volta dimesso, torna nella bella casa del centro storico di Napoli dove vive in sdegnosa solitudine dopo la morte della moglie e l'allontanamento dei figli, con cui ha di fatto interrotto i rapporti che solo Elena, traduttrice dall'arabo in tribunale, cerca ostinatamente di ricomporre. Lo aspetta una novità: Micaela, la nuova inquilina dell'appartamento vicino, già appartenuto a Lorenzo, e che comunica col suo dal terrazzo, che ha per l'ennesima volta dimenticato all'interno le chiavi. Con, lei, giovane madre di due figli piccoli, con un marito, Fabio, che è un ingegnere navale venuto dal Nord, nasce subito un rapporto di empatia che il vecchio avvocato non ha invece con i parenti o le persone legate al suo passato, e la vita della famiglia di Michela, bambini compresi, viene a far parte di quella di Lorenzo, che coglie immediatamente, attraverso gli spunti offerti dalle conversazioni e dalle mezze confidenze, incertezze, angosce e problemi dei suoi componenti. Quando non è in casa e indaffarato coi vicini, Lorenzo trascorre le giornate nei pressi della sua abitazione, in Largo dei Banchi Nuovi, con Francesco, il figlio di Elena che va alle elementari, e che lui va a prelevare da scuola di nascosto per fargli lui da educatore: lo porta anche a visitare i cantieri navali, dove lavora Fabio. Tutto il film è itinerante, in una Napoli cinematograficamente inconsueta, dai dintorni del Monastero di Santa Chiara al porto, dal Centro Direzionale all'Ospedale Cardarelli, tra corridoi, vicoli, interni di negozi e case; e lo diventa ancora di più quando la tragedia colpisce la famiglia dei vicini di Lorenzo e lui stesso, quando Fabio impazzisce e ne fa strage: muoiono lui e i figli e Micaela rimane in coma; ad assisterla, facendosi passare come padre, ì'avvocato. E' attraverso i dialoghi tra i personaggi che, alla fine, ci si fa un quadro della situazione e delle loro vicende pregresse e un'idea di ciò che ha intrecciato i loro destini e allontanati e forse ancora riavvicinati, ma è come se tutto fosse in fieri, possibile o anche no, mai definitivo. Un film apparentemente di solitudini e incomprensioni, in realtà di relazioni e di rapporti e della loro possibilità al di là di forme e apparenze, e dunque di umanità, come già nel bellissimo Il primo uomo, sempre di Amelio. Ben girato, intenso, ottima fotografia e colonna sonora perfetta, ma soprattutto la memorabile nterpretazione di Renato Carpentieri ne fa un film da vedere.
Un film molto bello e intenso insultato da una locandina invereconda, fuorviante, furbesca, falsa e ingiusta, in una parola: inaccettabile, che mette in primo piano i volti di Eliio Germano, Micaela Ramazzotti e Giovanna Mezzogiorno (tutti encomiabili), ossia i personaggi secondari, peraltro in ordine inverso alla loro presenza nel film, e sotto, in piccolo e irriconoscibile, il protagonista assoluto e magnifico di quest'ultimo lavoro di Gianni Amelio: Renato Carpentieri. Perché è attorno a Lorenzo, da lui interpretato, che ruota la pellicola: un anziano avvocato dalla dubbia fama in pensione, appena sopravvissuto a un infarto e che, una volta dimesso, torna nella bella casa del centro storico di Napoli dove vive in sdegnosa solitudine dopo la morte della moglie e l'allontanamento dei figli, con cui ha di fatto interrotto i rapporti che solo Elena, traduttrice dall'arabo in tribunale, cerca ostinatamente di ricomporre. Lo aspetta una novità: Micaela, la nuova inquilina dell'appartamento vicino, già appartenuto a Lorenzo, e che comunica col suo dal terrazzo, che ha per l'ennesima volta dimenticato all'interno le chiavi. Con, lei, giovane madre di due figli piccoli, con un marito, Fabio, che è un ingegnere navale venuto dal Nord, nasce subito un rapporto di empatia che il vecchio avvocato non ha invece con i parenti o le persone legate al suo passato, e la vita della famiglia di Michela, bambini compresi, viene a far parte di quella di Lorenzo, che coglie immediatamente, attraverso gli spunti offerti dalle conversazioni e dalle mezze confidenze, incertezze, angosce e problemi dei suoi componenti. Quando non è in casa e indaffarato coi vicini, Lorenzo trascorre le giornate nei pressi della sua abitazione, in Largo dei Banchi Nuovi, con Francesco, il figlio di Elena che va alle elementari, e che lui va a prelevare da scuola di nascosto per fargli lui da educatore: lo porta anche a visitare i cantieri navali, dove lavora Fabio. Tutto il film è itinerante, in una Napoli cinematograficamente inconsueta, dai dintorni del Monastero di Santa Chiara al porto, dal Centro Direzionale all'Ospedale Cardarelli, tra corridoi, vicoli, interni di negozi e case; e lo diventa ancora di più quando la tragedia colpisce la famiglia dei vicini di Lorenzo e lui stesso, quando Fabio impazzisce e ne fa strage: muoiono lui e i figli e Micaela rimane in coma; ad assisterla, facendosi passare come padre, ì'avvocato. E' attraverso i dialoghi tra i personaggi che, alla fine, ci si fa un quadro della situazione e delle loro vicende pregresse e un'idea di ciò che ha intrecciato i loro destini e allontanati e forse ancora riavvicinati, ma è come se tutto fosse in fieri, possibile o anche no, mai definitivo. Un film apparentemente di solitudini e incomprensioni, in realtà di relazioni e di rapporti e della loro possibilità al di là di forme e apparenze, e dunque di umanità, come già nel bellissimo Il primo uomo, sempre di Amelio. Ben girato, intenso, ottima fotografia e colonna sonora perfetta, ma soprattutto la memorabile nterpretazione di Renato Carpentieri ne fa un film da vedere.
Bello oggi l'ho visto commmovente intenso
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