"The Gatekeepers - I guardiani d'Israele" (שומרי הסף) di Dror Moreh. Con Ami Ayalon, Avi Dichter, Yuval Diskin, Carmi Gillon, Yaakov Peri, Avraham Shalom. Israele 2012 ★★★★★
Documentario eccezionale, non tanto per la fattura (anche se il montaggio è degno di un thriller ad alta tensione) quanto per il suo valore storico e politico, la pellicola è la risposta preventiva alle reazioni isteriche e prevenute di pennivendoli, opinionisti allo sbaraglio e politicanti senza dignità che hanno stigmatizzato in un pressoché unanime coro pappagallesco le considerazioni che il deputato del M5S Alessandro Di Battista ha recentemente fatto sul terrorismo islamico e le responsabilità occidentali nella situazione mediorientale, distorcendole, estrapolando singoli brani dal contesto, interpretandole capziosamente a proprio uso e consumo, senza prendersi magari nemmeno la briga di cercare di capirle e in molti casi nemmeno di leggerle: quanto dicono i sei dei sette ex direttori dello Shin Bet, il servizio segreto israeliano competente per la sicurezza interna e in particolare responsabili dell'antiterrorismo, dal 1981 a oggi (Yossef Harmelin è scomparso nel 1994) dovrebbe bastare a tappar loro la bocca per sempre sull'argomento. E invece no: in Italia si fa il tifo a prescindere, senza nemmeno ascoltare le argomentazioni di chi semplicemente prova a ragionare senza prendere posizioni aprioristiche e quindi partigiane. Il film ha un valore assoluto in sé, e dovrebbe far riflettere il fatto che si tratta dell'opera di un regista israeliano e di una coproduzione israeliana-belga-francese-tedesca, per non parlare dell'autorevolezza e del ruolo dei sei intervistati, che raccontano le vicende dello Shin Bet a partire dalla vittoria della Guerra dei Sei Giorni fino a oggi. Il film, nominato all'Oscar per il miglior documentario, era uscito in Italia nel novembre scorso ed è tornato in circolazione in questi giorni. Se non riuscite ad andare a vederlo, vi riporto alcune della frasi salienti pronunciate dai sei protagonisti, tutti ex militari oltre che alti dirigenti del servizio segreto.
1 - "Parlare con tutti, anche se rispondono male. Compresi anche Ahmadinejad, la Jihad islamica, Hamas. comunque. Sono sempre per questa soluzione. Per lo Stato d'Israele è un lusso troppo grande quello di non parlare con i nostri nemici... Anche se le risposte sono insolenti, io sono a favore di continuare. Non c'è alternativa. E' nella natura degli uomini dei servizi parlare con tutti, E' così che si risolvono i problemi. Io scopro che lui non mangia vetro e lui vede che io non bevo petrolio" (Avraham Shalom, direttore dello Shin Bet 1980-86)
2 - "Stiamo rendendo la vita di milioni (di palestinesi) insopportabile, e questo mi uccide" (Carmi Gillon, 1994-96)
3 - "Siamo diventati crudeli. Anche verso noi stessi, ma principalmente con la popolazione occupata. Il nostro esercito è diventato una forza d'occupazione brutale, simile a quelle tedesche nella Seconda Guerra Mondiale (Avraham Shalom, che chiarisce di far riferimento alla persecuzione nazista contro le minoranze non ebree)
4 - "Non capiamo di essere di fronte a una situazione frustrante nella quale vinciamo ogni battaglia, ma perdiamo la guerra" (Ami Ayalon, 1996-2000)
5 - "Per loro io ero il terrorista... Il terrorista di qualcuno è il combattente per la libertà di qualcun altro" (Yuval Diskin, 2005-11)
6 - "Stiamo procedendo a passi sicuri e misurati verso un punto nel quale lo Stato d'Israele non sarà più una democrazia o la casa del popolo ebraico" (Amy Ayalon)
Documentario eccezionale, non tanto per la fattura (anche se il montaggio è degno di un thriller ad alta tensione) quanto per il suo valore storico e politico, la pellicola è la risposta preventiva alle reazioni isteriche e prevenute di pennivendoli, opinionisti allo sbaraglio e politicanti senza dignità che hanno stigmatizzato in un pressoché unanime coro pappagallesco le considerazioni che il deputato del M5S Alessandro Di Battista ha recentemente fatto sul terrorismo islamico e le responsabilità occidentali nella situazione mediorientale, distorcendole, estrapolando singoli brani dal contesto, interpretandole capziosamente a proprio uso e consumo, senza prendersi magari nemmeno la briga di cercare di capirle e in molti casi nemmeno di leggerle: quanto dicono i sei dei sette ex direttori dello Shin Bet, il servizio segreto israeliano competente per la sicurezza interna e in particolare responsabili dell'antiterrorismo, dal 1981 a oggi (Yossef Harmelin è scomparso nel 1994) dovrebbe bastare a tappar loro la bocca per sempre sull'argomento. E invece no: in Italia si fa il tifo a prescindere, senza nemmeno ascoltare le argomentazioni di chi semplicemente prova a ragionare senza prendere posizioni aprioristiche e quindi partigiane. Il film ha un valore assoluto in sé, e dovrebbe far riflettere il fatto che si tratta dell'opera di un regista israeliano e di una coproduzione israeliana-belga-francese-tedesca, per non parlare dell'autorevolezza e del ruolo dei sei intervistati, che raccontano le vicende dello Shin Bet a partire dalla vittoria della Guerra dei Sei Giorni fino a oggi. Il film, nominato all'Oscar per il miglior documentario, era uscito in Italia nel novembre scorso ed è tornato in circolazione in questi giorni. Se non riuscite ad andare a vederlo, vi riporto alcune della frasi salienti pronunciate dai sei protagonisti, tutti ex militari oltre che alti dirigenti del servizio segreto.
1 - "Parlare con tutti, anche se rispondono male. Compresi anche Ahmadinejad, la Jihad islamica, Hamas. comunque. Sono sempre per questa soluzione. Per lo Stato d'Israele è un lusso troppo grande quello di non parlare con i nostri nemici... Anche se le risposte sono insolenti, io sono a favore di continuare. Non c'è alternativa. E' nella natura degli uomini dei servizi parlare con tutti, E' così che si risolvono i problemi. Io scopro che lui non mangia vetro e lui vede che io non bevo petrolio" (Avraham Shalom, direttore dello Shin Bet 1980-86)
2 - "Stiamo rendendo la vita di milioni (di palestinesi) insopportabile, e questo mi uccide" (Carmi Gillon, 1994-96)
3 - "Siamo diventati crudeli. Anche verso noi stessi, ma principalmente con la popolazione occupata. Il nostro esercito è diventato una forza d'occupazione brutale, simile a quelle tedesche nella Seconda Guerra Mondiale (Avraham Shalom, che chiarisce di far riferimento alla persecuzione nazista contro le minoranze non ebree)
4 - "Non capiamo di essere di fronte a una situazione frustrante nella quale vinciamo ogni battaglia, ma perdiamo la guerra" (Ami Ayalon, 1996-2000)
5 - "Per loro io ero il terrorista... Il terrorista di qualcuno è il combattente per la libertà di qualcun altro" (Yuval Diskin, 2005-11)
6 - "Stiamo procedendo a passi sicuri e misurati verso un punto nel quale lo Stato d'Israele non sarà più una democrazia o la casa del popolo ebraico" (Amy Ayalon)
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