Alcune considerazioni sul voto europeo di ieri in Italia, il cui esito è andato completamente contro alle mie previsioni, e ai miei auspici, almeno nel suo aspetto più sorprendente: la misura della distanza tra il PD e il M5S, sostanzialmente un 2-1, su cui nessuno, nemmeno Renzie, avrebbe scommesso e i sondaggi non hanno nemmeno percepito coi loro sensori:
1) il PD è l'unico partito di governo in Europa che vince le elezioni insieme alla CDU di Angela Merkel: in Italia come in Germania si va di "Grandi Intese", quelle che saranno necessarie a Strasburgo per eleggere il nuovo commissario dell'UE;
2) posizioni poco chiare sull'Europa, spettacolarizzazione eccessiva, gestione autocratica e confusionaria non pagano, e un talebanismo fuori luogo ha impaurito un Paese già pavido e accomodante di suo, abituato a prostrarsi al potente di turno e incline a salire sul carro del vincitore, l'uomo nuovo al comando, in questo caso individuato nel frenetico paninaro fiorentino: e di un vincitore si tratta, se è diventato presidente del consiglio senza nemmeno passare dal via, spazzando via vecchie cariatidi di partito e un mollusco come Letta;
3) ha pagato invece, eccome, la campagna mediatica di supporto in primo luogo a Renzie (e in subordine a Berlusconi e Alfano), in sostanza ai "riformatori" (e quindi distruttori) dell'attuale sistema costituzionale, con il patrocinio della presidenza della Repubblica (e di Repubblica intesa come gruppo editoriale), di manipolazione delle posizioni del M5S e di oscuramento nei confronti della Lista Tsipras (una delle rare note positive di ieri, anche se non l'ho votata, il superamento, per un pelo, della soglia di sbarramento posta al 4%). Per la prima volta da che ho memoria, il "bacio della morte" del fondatore Eugenio Scalfari non ha prodotto i suoi effetti (in questo caso, da me auspicati)
4) questa volta la maledizione delle "piazze piene e urne vuote", che storicamente si abbatteva sul PCI-PDS-DS-PD, si è spostata sul M5S;
5) l'evocazione reiterata, durante la campagna elettorale, dello spettro di Enrico Berlinguer da parte dei due principali concorrenti, il democristiano Renzie e l'oltrista Beppe Grillo, si è rivelata fatale per quest'ultimo: l'elettorato del PD, una miscellanea di comunisti e democristiani che da un qualsiasi cambiamento serio avrebbe soltanto da perdere, ne ha colto il riferimento alla necessità e ineluttabilità del compromesso storico (invenzione del mitico segretario del PCI ai tempi del suo massimo fulgore, di cui fu espressione la solidarietà nazionale messa in opera nel 1978) e non la parte relativa alla cosiddetta questione morale;
6) esiste da sempre in Italia un'area del consenso, o del "conformismo", che oscilla tra il 70 e l'80% dell'elettorato attivo, sempre disponibile a consorziarsi in caso di necessità, ossia appena percepisce il pericolo che il "tirare a campare" e "l'arte di arrangiarsi", i due pilastri su cui si regge l'esistenza della nazione, vengano messi in pericolo: è quell'area che per 40 anni è stata coperta da DC-PCI-PSI (quest'ultimo con alcuni rari sprazzi di autonomia) e cespugli vari; per il ventennio precedente si era unita in un partito unico (quello fascista, di fatto trasfromatosi in un Golem social-clericale quando diventò regime) e per quello successivo dal PCI e dai suoi derivati e il partito berlusconiano nelle sue varie declinazioni, uno scenario che si ripete ancora una volta come si può verificare sommando il 16% di Forza Italia, il 4 e rotti degli "alfanidi" del NCD e il 41 del PD, le tre forze che, nel parlamento italiano, stanno tentando di modificare criminalmente la Costituzione e sfornare una legge elettorale a loro uso e consumo. L'altro risultato positivo di ieri, oltre a un astensionismo a quota 43% e al relativo successo della Lista Tsipras, sta proprio qui: con un PD oltre il 40% (che Forza Italia non ha mai raggiunto nemmeno al suo massimo), se entrasse in vigore l'italicum voluto da Renzie, quest'ultimo diventerebbe padrone assoluto del Parlamento e non ce lo toglieremmo di torno per almeno un altro ventennio, ché questa è la misura temporale delle nostre epoche politiche.
Buona digestione a tutti: io parto per Belgrado, e mi informerò sui requisiti per ottenere asilo politico. Vi terrò informato.
Analisi che rispetto ma che non condivido su un punto cruciale: se una cosa è troppo strana per sembrare vera di solito non lo è.
RispondiEliminaE se c'é un dato sul quale mi rifiuto di allinearmi è quello per cui i fantomatici "italiani" diventano un mucchio uniforme di pecore al primo latrar di cane.
Come scrivo da me, il dato che dovrebbe almeno far venire qualche dubbio è proprio quella distanza di 20 punti fra Pd e 5S: capivo un 7/8, perfino (esagero a morte) un 12%. Ma 20 no, non è credibile.
E dato che questo paese nasce su un primo artificio elettorale sarà dura farmi digerire l'idea che oggi come allora fossero gli "italiani" ad aver paura del cambiamento.
Non so come sia stato possibile (ma qualcuno ieri notte su Twitter una mezza idea ce l'aveva) ma qui una cosa mi è chiara: non un errore del M5S, come pare stamattina siano tutti disposti ad accettare come tesi (ma quanto ci ripetiamo anche sulle tesi delle sconfitte post voto, in questo paese?), ma un orrore che andrebbe indagato meglio.
Faceva Tsipras il 40% me la bevevo, il Pd no, non più, non posso bermela.