mercoledì 2 aprile 2014

Goli Otok - Isola della libertà

"Goli Otok - Isola della libertà" di Renato Sarti. Regia e interpretazione di Elio De Capitani e Renato Sarti. Musiche di Carlo Boccadoro, luci di Nando Frigerio. Produzione Teatro dell'Elfo in collaborazione con Teatro della Cooperativa. Al Teatro Elfo/Puccini di Milano fino al 13 aprile. 
Ha preso corpo la versione definitiva ed è stata rappresentata ieri sera quella che il suo autore, Renato Sarti, ha voluto chiamare "lettura scenica", nata da una sua idea dopo aver letto qualche anno fa il libro "Goli Otok - Ritorno all'isola Calva" in cui il giornalista napoletano-fiumano Giacomo Scotti svelò l'esistenza del "Gulag di Tito", riservato a comunisti dissidenti che nel 1948 non condivisero la scelta del maresciallo di rompere col Cominform, tra cui centinaia di Italiani, tra cui molti operai dei cantieri di Monfalcone che, dopo la guerra, emigrarono in Jugoslavia con l'intenzione di "costruire il socialismo". In quel libro si trovava anche la testimonianza di Aldo Juretich, studente di medicina e militante comunista fiumano, il quale vi fu rinchiuso per due anni e che in seguito si trasferì in Italia, a Monza. Dai colloqui tra Sarti e Juretich nacque un testo che venne rappresentato per la prima volta al Mittelfest di Cividale nel 2011 insieme a De Capitani e ripreso all'Elfo nell'autunno due due anni fa in una versione ancora in fieri. La rappresentazione vede in scena Sarti nelle vesti di un medico, anche lui d'origine croata, o meglio "meticcia", come precisa l'interlocutore, che va a trovare Aldo, scomparso da pochi anni, cui da voce Elio De Capitani, e ha una lunga e intensa conversazione con lui. Una voce forte, chiara, espressione di una coscienza e intelligenza lucida e sempre profondamente umana, che non ha mai abbandonato gli ideali di solidarietà, fratellanza e giustizia sociale che lo mossero da giovane nonostante lo abbiano condotto al suo calvario e che pur condannando le atrocità di chi mise in atto la persecuzione contro gli ex "compagni", trova sempre un motivo di comprensione. Una testimonianza agghiacciante su un sistema che, attraverso l'annientamento della personalità, la disumanizzazione, pretendeva di "rieducare", sostanzialmente per mezzo della delazione e della denuncia di amici, famigliari, compagni. Aldo sopravvisse all'inferno di Goli Otok, ma si ritrovò isolato ancora una volta anche in seguito, prigioniero questa volta dell'isolamento in cui si trovava a vivere: visto come un appestato da chi sapeva della sua vicenda, come un fantasma da chi si rifiutava di vedere e sapere, infine di sé stesso, volutamente autoisolato per non compromettere persone care: un incubo che sarebbe durato tutta la vita, benché Aldo racconti la sua storia anche con una certa leggerezza, ironia, abbondando in citazioni letterarie e filosofiche. Uo spettacolo potente, toccante, intensissimo quanto scarno ed essenziale, esempio perfetto di teatro civile prima ancora che "politico". Decisamente teatro necessario. Sala gremita, applausi scroscianti, presente anche la moglie di Aldo, Ada Juretich, e attraverso l'intensissima interpretazione di Elio De Capitani, anche lui in persona, sicuramente più vivo, in questi tempi di anestetizzazione collettiva, di tanti grotteschi epigoni delle vicende della sinistra nostrana, che pure si agitano smaniosi sul palcoscenico della politica-spettacolo.

1 commento:

  1. Non sapendone niente, dell'isola di Goli Otok e dei suoi orrori titini, la curiosità è tanta.
    Mi chiedo, dopo aver letto questa tua recensione allo spettacolo dell'Elfo, quante siano ancora le storie sconosciute di cui non so nulla, di cui non sappiamo nulla, di cui forse non sapremo mai nulla.
    E non so fare a meno di chiedermi se siamo davvero consapevoli oggi, di come la manipolazione delle notizie e la censura operata dal potere di turno, ma ovunque uguale (vedi i panni sporchi di disoccupazione e fame nascosti all'opinione pubblica nella "democratica" America, guerrafondaia e giustiziera per conto di dio in casa altrui), ci renda ciechi, quindi incapaci di capire davvero quale sia il quadro di riferimento in cui inserire i nostri giudizi o le nostre aspirazioni.
    Sappiamo sempre e solo ciò che ci è possibile sapere, nulla di più.
    Perfino oggi, tempi in cui la rete ci consente l'accesso a notizie scomode per il potere, non possiamo mai dirci sicuri di non essere vittime di un'abile opera di depistamento rispetto a quella parte della realtà che ci è negato conoscere.
    Poi, passati 60/70 anni, ciò che emerge non riesce più ad avere la stessa importanza. Sono intanto cambiate le cose e tutto viene visto come qualcosa di lontano e quindi come immerse in un alone di mistero che al più percepiamo come leggende, fiabe dell'orco che basta aprire gli occhi e non fanno più paura.
    Vado a cercare notizie su quest'isola...Grazie.

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