mercoledì 16 aprile 2014

Le ceneri di Gramsci

Pier Paolo Pasolini sulla tomba di Antonio Gramsci

Hotel Gramsci
L’hotel di lusso a cinque piani sorgerà nel centro di Torino, in Piazza Carlo Emanuele: si chiamerà Hotel Gramsci. Sorgerà sulle ceneri della casa in cui Antonio Gramsci abitò dal 1919 al 1921, fondando “L’Ordine Nuovo” e gettando le basi del futuro Pci. Non conosco, personalmente, miglior modo di descrivere la storia della sinistra italiana: il passaggio dalla nobile figura di Antonio Gramsci all’hotel di lusso a lui dedicato, con il pieno sostegno della sinistra cittadina. 
È l’emblema dell’involuzione indecente della sinistra, la tragicomica vicenda del “serpentone metamorfico Pci-Pds-Ds-Pd” (la definizione è di Costanzo Preve): in essa è possibile leggere, in filigrana, una dialettica di progressivo abbandono dell’anticapitalismo e di graduale integrazione, oggi divenuta totale, alle logiche illogiche del mercato divinizzato da parte delle forze di sinistra. L’Hotel Gramsci presenta una sinistra (!) analogia con il Grand Hotel Abisso di cui diceva Lukács nella Distruzione della ragione.
Il paradosso sta nel fatto che la sinistra oggi, per un verso, ha ereditato il giacimento di consensi inerziali di legittimazione proprio della valenza oppositiva del’ormai defunto Partito Comunista e, per un altro verso, li impiega puntualmente in vista del traghettamento della generazione comunista degli anni Sessanta e Settanta verso una graduale “acculturazione” (laicista, relativista, individualista e sempre pronta a difendere la teologia interventistica dei diritti umani) funzionale alla sovranità irresponsabile dell’economia. I molteplici rinnegati, pentiti e ultimi uomini che popolano le fila della sinistra si trovano improvvisamente privi di ogni sorta di legittimazione storica e politica, ma ancora dotati di un seguito identitario inerziale da sfruttare come risorsa di mobilitazione conservatrice. 
Per questo, la sinistra continua inflessibilmente a coltivare forme liturgiche ereditate dalla fede ideologica precedente nell’atto stesso con cui abdica completamente rispetto al proprio originario spirito di scissione, aderendo alle logiche del capitale in forme sempre più volgari. Si tratta del tradizionale zelo dei neofiti, a cui peraltro – accanto ai riti di espiazione – si aggiunge il fatto che, sulla testa dei pentiti, pende sempre la spada di Damocle del loro passato comunista, che, ancorché rinnegato, può sempre essere riesumato all’occasione. 
Lungo il piano inclinato che dalla nobile figura di Antonio Gramsci porta a Massimo D’Alema, si è venuto consumando il tragicomico transito dalla passione trasformatrice di matrice marxiana al disincanto weberiano fondato sulla consapevolezza della morte di Dio, con annessa riconciliazione con l’ordo capitalistico. Con i versi di Shakespeare, lilies that fester smell far worse than weeds: “orribile più di quello delle erbacce è l’odore dei gigli sfioriti”.
Scritto da Diego Fusaro e pubblicato su "Lo Spiffero" lunedì 14 aprile 2014

Non sono mai stato comunista né marxista nel senso che Gramsci dava del termine, ma ho sempre portato grande rispetto per l'uomo e il pensatore sardo, morto privato della libertà nel 1937 a 46 anni, fondatore del Partito Comunista d'Italia, il più grande errore della sua vita, da cui venne costantemente tradito, a cominciare dal "Migliore", Palmiro Togliatti, fino ai suoi miserabili epigoni odierni, tra cui Piero Fassino, già segretario dei DS, una delle mutazioni del PCI, attuale sindaco di Torino; Sergio Chiamparino, già sindaco della stessa città e candidato del PD alle prossime Regionali piemontesi; Massimo D'Alema, già segretario del PDS, presidente dei DS, presidente del Consiglio (e bombardatore di Belgrado) nonché ministro degli Esteri; l'attuale segretario del PD e presidente del Consiglio Matteo Renzi e, naturalmente, il traditore sommo, Giorgio Napolitano I, incoronato presidente della Repubblica abusivo. Gente che di Gramsci ha fatto un santino benché rivisto in chiave farinettiana, come e più di Berlinguer, senza averlo probabilmente nemmeno letto, e che tra una decina di giorni avrà la faccia tosta di andare nelle piazze a portarne in giro un altro, quello della Resistenza.

1 commento:

  1. E' così intensa la foto di P.P.P. davanti alla tomba di A. Gramsci da farmi dimenticare tutto l'orrore per il culto dei santini di questi sinistrorsi storditi dal lusso cui anelano da sempre (i santini, si sa, si portano a promemoria di defunti che lo sono ormai anche per l'anima. Santini necessari alla rimozione quindi, più che al suo effettivo culto).

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