Adattamento assai fedele del best seller di Markus Zusak, romanziere australiano di origine austro-tedesca, la pellicola ha, come il libro da cui è tratto, un intento chiaramente didascalico ed è rivolto in particolare ai più giovani, ma è più che adatta, in tempi di smemoratezza collettiva e diffuso analfabetismo di ritorno, a riaprire gli occhi anche al pubblico adulto, e già per questo è meritoria. Oltre a questo è ben girata, ricca di colpi di scena, ambientata in maniera estremamente credibile in una cittadina della Germania (presumibilmente meridionale) fra il 1938 e la fine della Seconda Guerra Mondiale. E' la Morte in persona la voce narrante che racconta la storia di formazione di Liesel Meminger, la bravissima Sophie Nélisse già ammirata in Monsieur Lazhar, una ragazzina che la madre, esule per motivi politici, è costretta a dare in adozione dopo che le è morto anche il fratellino, e che giunge nella sua nuova famiglia, composta dal bonario reduce antinazista Hans Hubermann e dall'apparentemente burbera moglie Rosa (in cui non ho esitato a riconoscere la mia nonna materna) con in mano un libro, suo pressoché unico bagaglio e ricordo del fratello, sottratto ai becchini mentre lo seppellivano: si trattava del loro manuale di servizio. Bagaglio inutile perché non sa ancora leggere, ma glielo insegnerà con pazienza il padre Hans, e sarà il primo di una lunga serie di libri sottratti, Liesel precisa "presi in prestito", dove ve ne si presenti l'occasione. Continueranno l'opera, oltre che la scuola, Max Wanderburg, un giovane ebreo colto e sensibile che la famiglia Hubermann nasconderà dai persecutori nella propria cantina, e la moglie del sindaco, che ha perso il figlio mentre era militare, all'insaputa del marito. La crescita di Liesel prosegue in maniera equilibrata grazie a questa "educazione parallela", rispetto a quella ufficiale e nazistificata, alla percezione del mondo, che è un'educazione alla parola, scritta innanzitutto ma anche parlata, come mezzo per comunicare esperienze e sensazioni, nonostante le vicende traumatiche di quegli anni che inevitabilmente si riflettono nella vita quotidiana e financo nelle relazioni coi coetanei, tra cui spicca Rudi, il primo amico e complice della vivace e intelligente Liesel nella nuova città, cui la lega un sentimento dolcissimo. Film manierato finché si vuole, a tratti commovente senza essere sfacciatamente sdolcinato, onesto, ben girato e ben recitato, è più che degno di una visione in sala.
lunedì 31 marzo 2014
Storia di una ladra di libri
Adattamento assai fedele del best seller di Markus Zusak, romanziere australiano di origine austro-tedesca, la pellicola ha, come il libro da cui è tratto, un intento chiaramente didascalico ed è rivolto in particolare ai più giovani, ma è più che adatta, in tempi di smemoratezza collettiva e diffuso analfabetismo di ritorno, a riaprire gli occhi anche al pubblico adulto, e già per questo è meritoria. Oltre a questo è ben girata, ricca di colpi di scena, ambientata in maniera estremamente credibile in una cittadina della Germania (presumibilmente meridionale) fra il 1938 e la fine della Seconda Guerra Mondiale. E' la Morte in persona la voce narrante che racconta la storia di formazione di Liesel Meminger, la bravissima Sophie Nélisse già ammirata in Monsieur Lazhar, una ragazzina che la madre, esule per motivi politici, è costretta a dare in adozione dopo che le è morto anche il fratellino, e che giunge nella sua nuova famiglia, composta dal bonario reduce antinazista Hans Hubermann e dall'apparentemente burbera moglie Rosa (in cui non ho esitato a riconoscere la mia nonna materna) con in mano un libro, suo pressoché unico bagaglio e ricordo del fratello, sottratto ai becchini mentre lo seppellivano: si trattava del loro manuale di servizio. Bagaglio inutile perché non sa ancora leggere, ma glielo insegnerà con pazienza il padre Hans, e sarà il primo di una lunga serie di libri sottratti, Liesel precisa "presi in prestito", dove ve ne si presenti l'occasione. Continueranno l'opera, oltre che la scuola, Max Wanderburg, un giovane ebreo colto e sensibile che la famiglia Hubermann nasconderà dai persecutori nella propria cantina, e la moglie del sindaco, che ha perso il figlio mentre era militare, all'insaputa del marito. La crescita di Liesel prosegue in maniera equilibrata grazie a questa "educazione parallela", rispetto a quella ufficiale e nazistificata, alla percezione del mondo, che è un'educazione alla parola, scritta innanzitutto ma anche parlata, come mezzo per comunicare esperienze e sensazioni, nonostante le vicende traumatiche di quegli anni che inevitabilmente si riflettono nella vita quotidiana e financo nelle relazioni coi coetanei, tra cui spicca Rudi, il primo amico e complice della vivace e intelligente Liesel nella nuova città, cui la lega un sentimento dolcissimo. Film manierato finché si vuole, a tratti commovente senza essere sfacciatamente sdolcinato, onesto, ben girato e ben recitato, è più che degno di una visione in sala.
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