"TIR" di Alberto Fasulo. Con Branko Završan, Lučka Počkja, Maijan Šestak. Italia, Croazia 2013 ★★★★
Entrambi vincitori delle ultime edizioni dei due importanti festival cinematografici italiani, "Sacro GRA" di quello di Venezia e "TIR" di quello di Roma, i due film, pur avendo qualcosa in comune, stanno agli antipodi: quello si spacciava per documentario ed era in realtà una fiction con una sceneggiatura curata nei minimi particolari; questo, dichiaratamente di fantasia e interpretato da un bravissimo attore professionista, Branko Završan, che pure ha conseguito una patente apposita per girarlo, affiancato da un camionista vero, è un film realista che racconta non solo le durezze di un lavoro alienante ma la crisi di un Paese e di un sistema nel suo complesso (e rivelando parecchio su ciò che sta dietro alla grande distribuzione); quello era artefatto, irritante, intellettualoide; questo autentico, sofferente, on the road; quello una sostanziale presa per il culo, ovviamente incensata dalla critica luogocomunista e pennivendola; questo sincero, sottovalutato e passato sostanzialmente sotto silenzio, e ciò gli rende ancor più merito. Branko è un ex insegnante croato che si è fatto assumere come autista di TIR da una ditta italiana del Triveneto perché guadagna tre volte tanto che non a scuola, i miseri 450 € che porta a casa sua moglie nonché collega, rimasta a lavorare in una scuola di Fiume. In viaggio perpetuo sulle strade d'Europa a volte assieme al collega Maki, l'autentico routier Maijan Šestak, altre volte da solo, i colloqui telefonici con la moglie (la voce è di un'altra attrice professionista) sono l'unico legame che Branko ha con la sua famiglia mancante, il sui sostentamento dignitoso è pur sempre la ragione per cui ha accettato un lavoro così massacrante, ed è proprio l'assenza, nello spazio claustrofobico della cabina e nel susseguirsi dei non-luoghi che si succedono, ossessivamente uguali in ogni Paese, che gli viene rinfacciata e che è causa sia di una fiammata di gelosia al racconto di una serata con amici che gli fa la moglie, sia delle rimostranze di lei per non averla consultata prima di decidere di aiutare il loro figlio e la sua famiglia (a sua volta in attesa di un erede) nell'acquisto di una nuova casa. Istruttivo ed esemplare il rapporto che si crea col collega, che alla fine non ce la fa più e molla il colpo, come anche quello con altri autisti italiani in sciopero, che gli rinfacciano di accettare stipendi troppo bassi e condizioni di lavoro troppo dure, in una guerra tra poveri innescata dalle logiche di sistema stesse che hanno condotto alla cosiddetta "crisi" attuale che ne è semplicemente la logica conseguenza. Non è e non vuole essere una pellicola gradevole e conciliante, tantomeno gioca con estetismi fuori luogo, ma ha una sua poesia. oltre che un senso. Bravo Fasulo, che si conferma dopo "Rumore bianco", un meritorio documentario, quello sì, ma non solo, su un fiume anomalo come il Tagliamento.
Entrambi vincitori delle ultime edizioni dei due importanti festival cinematografici italiani, "Sacro GRA" di quello di Venezia e "TIR" di quello di Roma, i due film, pur avendo qualcosa in comune, stanno agli antipodi: quello si spacciava per documentario ed era in realtà una fiction con una sceneggiatura curata nei minimi particolari; questo, dichiaratamente di fantasia e interpretato da un bravissimo attore professionista, Branko Završan, che pure ha conseguito una patente apposita per girarlo, affiancato da un camionista vero, è un film realista che racconta non solo le durezze di un lavoro alienante ma la crisi di un Paese e di un sistema nel suo complesso (e rivelando parecchio su ciò che sta dietro alla grande distribuzione); quello era artefatto, irritante, intellettualoide; questo autentico, sofferente, on the road; quello una sostanziale presa per il culo, ovviamente incensata dalla critica luogocomunista e pennivendola; questo sincero, sottovalutato e passato sostanzialmente sotto silenzio, e ciò gli rende ancor più merito. Branko è un ex insegnante croato che si è fatto assumere come autista di TIR da una ditta italiana del Triveneto perché guadagna tre volte tanto che non a scuola, i miseri 450 € che porta a casa sua moglie nonché collega, rimasta a lavorare in una scuola di Fiume. In viaggio perpetuo sulle strade d'Europa a volte assieme al collega Maki, l'autentico routier Maijan Šestak, altre volte da solo, i colloqui telefonici con la moglie (la voce è di un'altra attrice professionista) sono l'unico legame che Branko ha con la sua famiglia mancante, il sui sostentamento dignitoso è pur sempre la ragione per cui ha accettato un lavoro così massacrante, ed è proprio l'assenza, nello spazio claustrofobico della cabina e nel susseguirsi dei non-luoghi che si succedono, ossessivamente uguali in ogni Paese, che gli viene rinfacciata e che è causa sia di una fiammata di gelosia al racconto di una serata con amici che gli fa la moglie, sia delle rimostranze di lei per non averla consultata prima di decidere di aiutare il loro figlio e la sua famiglia (a sua volta in attesa di un erede) nell'acquisto di una nuova casa. Istruttivo ed esemplare il rapporto che si crea col collega, che alla fine non ce la fa più e molla il colpo, come anche quello con altri autisti italiani in sciopero, che gli rinfacciano di accettare stipendi troppo bassi e condizioni di lavoro troppo dure, in una guerra tra poveri innescata dalle logiche di sistema stesse che hanno condotto alla cosiddetta "crisi" attuale che ne è semplicemente la logica conseguenza. Non è e non vuole essere una pellicola gradevole e conciliante, tantomeno gioca con estetismi fuori luogo, ma ha una sua poesia. oltre che un senso. Bravo Fasulo, che si conferma dopo "Rumore bianco", un meritorio documentario, quello sì, ma non solo, su un fiume anomalo come il Tagliamento.
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