"L'ispettore generale" di Nikolaj Vasil'evic Gogol, adattamento drammaturgico di Damiano Michieletto. Con Alessandro Albertin, Luca Altavilla, Alberto Fasoli, Emanuele Fortunato, Michele Maccagno, Fabrizio Matteini, Eleonora Panizzo, Silvia Paoli, Pietro Pilla, Alessandro Riccio, Stefano Scandaletti. Regia di Damnano Michieletto; scene di Paolo Fantin; costumi di Laura Teti; luci di Alessandro Carletti. Produzione Teatro Stabile del Veneto - Teatro Stabile dell'Umbria. Al Piccolo Teatro Grassi di Milano fino al 2 marzo
Classica commedia degli equivoci, l'adattamento che ne fa Damiano Michieletto, che proviene dall'allestimento di opere, è vitale, colorato, spumeggiante, divertente, posseduto da un ritmo indiavolato grazie anche a un cast under 40 molto affiatato ed entusiasta, perfetto per una rappresentazione che sta riscuotendo grande successo proprio tra le fasce più giovani del pubblico che in questa farsa grottesca può riconoscere, messa alla berlina, una realtà che si ripropone in ogni tempo e in ogni latitudine, quando un'umanità gretta, senza principi e senza morale, come quella descritta dal geniale Gogol', approfitta degli spazi lasciati da un potere altrettanto corrotto (e lontano) per dedicarsi al ludibrio, all'imbroglio e al latrocinio sistematici e alla soddisfazione egoistica dei propri istinti più bassi. La trama non potrebbe essere più attuale, con quello che sta accadendo in Ucraina, terra d'origine dell'autore: in un villaggio della sterminata campagna di quel Paese, si sparge la voce che sia giunto in incognito un Ispettore Generale, un revisore dei conti, inviato da Mosca, e i maggiorenti del luogo, che vivono nell'imbroglio continuo, vanno in fibrillazione nel timore di essere scoperti nei loro indecorosi traffici; finisce che scambiano un giovane scapestrato e indebitato, da poco giunto in paese, per il funzionario statale, prima tramando tra loro e accordandosi per coprirsi a vicenda per imbonirlo, poi facendosi le scarpe l'un l'altro per conquistarne i favori e corromperlo a loro volta coinvolgendolo nel loro andazzo. La scene si svolgono tra una bettola squallida e malfamata, gestita dal sindaco del villaggio e frequentata da tutti i personaggi coinvolti, e la misera stanza d'albergo che ospita il giovin signore scambiato per l'ispettore, in un crescendo rossiniano di gag, bevute, nefandezze, maldicenze da cui si salva soltanto la figlia del sindaco, disprezzata dal padre ma offerta in sposa al presunto alto funzionario, l'unica che si distingua per innocenza in questa marmaglia fraudolenta, che alla fine si vendicherà avvolgendo tutta la conventicola di farabutti, madre compresa, in una pellicola trasparente che li immobilizza come un gruppo scultoreo di Christo, l'impacchettatore di monumenti: reso eterno nella sua miseria sia privata sia pubblica. Per un altro verso, la stessa combriccola di personaggi mi ha fatto venire in mente il Gruppo TNT, mitico fumetto di Magnus&Bunker degli anni Settanta, diretto da un Kusturica in pieno delirio alcolico. Spettacolo pirotecnico, sceneggiatura esemplare, musica sgangherata a tutto volume, un helzapoppin rivisitato nella steppa, lungo le rive del Don, un profumo di Balcani nell'aria, ché non sono lontani, e divertimento assicurato.
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