lunedì 18 giugno 2012

Vittoria di Pirro


Vathi, penisola di Mani

Avevo pronosticato, lo ammetto con un’abbondante dose di scaramanzia, una vittoria di Nea Demokratia alle elezioni-bis tenutesi ieri in Grecia e ho sperato fino all’ultimo di essere smentito, ma non posso considerare che una vittoria quella di Syriza, per cui facevo il tifo, che ha incrementato il suo bottino del 10% rispetto alle votazioni del 6 maggio, al 27%, che piazza l’alleanza della sinistra radicale ed ecologista alle spalle del partito conservatore, che si è avvalso del premio di maggioranza di 50 seggi al partito che arriva primo. Così come considero una vittoria l’ulteriore batosta dubita dal Pasok, ridotto, putr di stare attaccato al potere, a fare da stampella a un probabile governo Samaras auspicato dal partito delle banche impersonato in Europa da personaggi come Angela Merkel e Mario Monti. Vedremo se  sarà una vittoria del blocco "finanziario" e se Antonis Samaras, leader di Nea Demokratia che ha appena ricevuto l’incarico di formare il nuovo governo, potrà evitare di chiedere la revisione del “patto di salvataggio” imposto dalla triade UE-BCE-FMI. E non solo nel senso di una dilazione temporale, come arrogantemente ha subito tenuto a precisare il ministro degli Esteri tedesco Westerwelle, ma anche nella sostanza. Che è poi quel che, legittimamente, ha sempre sostenuto Alexis Tsipras, anche con un articolo sul Financial Times, il quale è stato censurato dai media locali come stranieri asserviti al partito finanziario-bancario quando non gli hanno messo in bocca inesistenti propositi di uscita dall’euro. Hanno invece dato fiato, TV e giornali, qui in Grecia equamente suddivisi tra Nea Demokratia e Pasok, alla diffamazione e all’allarmismo: particolarmente disgustoso nella sua arroganza è risultato Evangelos Venizelos, erede del partito familista e pseudosocialista di Papandreu, quello maggiormente responsabile, fin dagli anni Ottanta, del malgoverno del Paese, della corruzione e dell’infiltrazione ovunque dei partiti. Né più né meno il metodo di governo del partito fratello italiano ancora esistente a quei tempi, il PSI di Bottino Craxi, il cui posto nell’opera di distruzione del Paese è stato preso con successo, come sappiamo, dalla Banda Berlusconi a destra e dall’attuale PD sull’altro versante (si fa per dire), di cui auspico una altrettanto rapida e definitiva sparizione. Anche oggi, questo emerito stronzo si è permesso di stigmatizzare il rifiuto di Syriza di partecipare a un governo di unità nazionale che, dalla base di un miserabile 13% scarso di voti, si è sentito autorizzato a chiedere. Non resta che stare a vedere. Un po’ di delusione, tra i miei interlocutori che votavano Syriza ieri sera e stamattina c’era, perché al colpaccio si è andati vicinissimi, però non ho visto nessuno rassegnato. Intanto sono giunto all’estrema punta Sud della Grecia continentale e del mio attuale viaggio, a quel Capo Matapan (o Tenaro) fatale alla Marina italiana nel marzo del 1941. Si trova all’estremo meridionale della penisola del Mani, quello medio delle tre dita del Peloponneso. Il Mani misterioso, duro, pietroso, rifugio degli ultimi spartani e sempre irriducibile nei confronti dell’Impero Ottomano e in prima fila nella guerra d’indipendenza greca. Terra complessa, di povertà estrema, di villaggi turriti e di faide, che ricorda l’Aspromonte o la Barbagia, splendidamente descritta nel memorabile libro che Patrick Leigh Fermor, autentico precursore di Bruce Chatwin, gli ha dedicato nel 1958 e che mi accompagna piacevolmente nell’occasione.
Marmaris, presso Capo Matapan (Mani, Peloponneso)

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