Ossia "giustizia compensatrice". Divinità di origine greca che interveniva per ristabilire l'armonia. Gli antichi romani la tenevano in gran conto: le avevano dedicato un'ara sul Campidoglio dove deponevano una spada prima di partire in guerra. Da sempre sostengo che il gioco del calcio sia la più efficace metafora di vita. E, nel calcio, la nazionale azzurra è da sempre la Nemesi per i panzer tedeschi. Squadra strafavorita per la vittoria agli Europei: salvo la sventura, che si ripete ciclicamente, di incappare l'Italia, un "incidente di percorso" che per la Germania ha assunto l'aspetto di un incubo. Negli ultimi decenni la loro nazionale era riuscita perfino a diventare simpatica: un'allegra brigata "politicamente corretta" guidata prima da un "fricchettone" come Jürgen Klinsmann (già centravanti dell'Inter) e poi dal suo epigono Joachim Löw, bravissime persone che hanno assemblato una squadra multietnica dove di teutonico c'è solo la metodicità con cui viene sconfitta dalla nazionale italiana. Questa volta la nemesi ha operato per mano (anzi: testa e piede destro) di Mario Balotelli, il più italiano in tutti i sensi, a cominciare dal nome, dei 13 schierati da Cesare Prandelli nella semifinale di ieri sera. Lo conosco bene, cresciuto com'è nelle giovanili del Brescia prima e poi della Beneamata, sempre amato a San Siro da un pubblico buogustaio (e dai suoi allenatori Mancini e Mourinho) che di calcio se ne intende e che a malincuore ha accettato la sua cessione al Manchester City nell'estate di due anni fa. Il calcio, e la partita di ieri, dimostrano ancora una volta che i tedeschi hanno bisogno di noi, in qualche modo di essere ricondotti "all'ordine", e alla realtà. Paradossalmente più disciplinati di loro, quando occorre, più determinati e, come sempre più "armonici". E sempre devoti a "Eupalla".E' stato bello assistere alla partita, che avrebbe potuto facilmente finire 5-0 anziché con un 2-1 molto meno stiracchiato di quel che sembra, a Durazzo, in Albania, dove la vittoria è stata festeggiata con lo stesso genuino entusiasmo che si sarebbe registrato sul lungomare di Bari. Perché da queste parti ci sono grati e ci vogliono bene. Anche se spesso non ce lo meritiamo. Rimarrò nel Balcani, per scaramanzia, finché non terminerà questa avventura europea: domenica sera la finale con la Spagna, un'occasione da non perdere per far rientrare nei ranghi una delle squadre più sopravvalutate degli ultimi anni e fare giustizia di un modo indisponente e onanistico di intendere il folber. Auguri ragazzi, e grazie comunque finisca.
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