giovedì 23 dicembre 2010

Da Da Nang a Hoi An, dal centro della guerra a un'isola preservata dal tempo


Pannello di una porta, casa privata di Hoi  AnHOI AN – La distanza che separa Hoi An da Hué, 140 chilometri, è abbastanza breve per essere effettuata da bus diurni lungo la trafficata AH1 costiera che unisce Hanoi e Saigon-Ho Chi Minh, e la mattinata di ieri era perfetta per godersi paesaggi tra i più belli del Paese, come quello attorno al passo di Hai Van (Mare di Nuvole) sui Monti Truong Son, che un tempo, tra il secondo secolo DC e l'anno Mille segnava il confine tra il Vietnam e il regno Champa, più a Meridione, e oggi quello climatico tra il Nord e il Sud del Paese: da qui cominciano i Tropici, e in inverno è normale che quando a Hué il  tempo è urfido, a Da Nang, 30 chilometri a Sud del passo che la protegge dai “venti cinesi”, splenda il sole. Terza città del Paese con una popolazione di circa 800 mila abitanti (da notare come il Vietnam, con 90 milioni di abitanti, abbia soltanto due città che superano il milione: la popolazione continua a vivere prevalentemente in villaggi di campagna), Da Nang più che una città, per la verità alquanto squallida nonostante la posizione splendida e un lungomare chilometrico ma di rara desolazione, sembra un cantiere. Edifici, strade, punti, gru ovunque: è tutta una frenetica attività di costruzione trascurando di eseguire un minimo di manutenzione a edifici davvero malmessi. Si salva il centro: viali alberati, case basse, a due o tre piani, bei negozi. Verso Sud, oltre la celebre China Beach - i primi marines impiegati direttamente nella Guerra del Vietnam sbarcarono prpiro qui - dove i soldati USA di stanza nella enorme base che aveva sede in città, che nominalmente apparteneva all’aviazione sudvietnamita, venivano a rilassarsi prima di entrare in combattimento, trasportati sui campi di battaglia vicini direttamente in elicottero, o appena dopo, se tornavano interi, si sta sviluppando una zona turistica attraverso il nutrito contributo di capitali stranieri, con una serie di orridi falansteri in fase di realizzazione che promettono alla città un futuro da Pattaya in versione vietnamita nell’arco di un lustro.Traghetto sul fiume The Thu BonTrenta chilometri a Sud di Da Nang ecco Hoi An, una deliziosa cittadina il cui centro, come accennavo nel post precedente, è uscito miracolosamente indenne dal conflitto per uno dei rari sforzi di buona volontà dei contendenti, con una lunga storia alle spalle e un presente fatto essenzialmente di turismo, perché oltre a un’ottima organizzazione e a un’atmosfera piacevolmente rilassata, offre un rarissimo esempio di centro storico conservato perfettamente, con una fusione di stili architettonici che non ha uguali nel Paese tra influenze cinesi, giapponesi e apporti locali (nella foto in alto, un pannello di una casa in stile nippo-sino-vietnamita). Il turismo, che comunque non è di massa, è al contempo il limite ma anche la fortuna di Hoi An che, grazie ai suoi introiti, riesce a preservare il suo centro storico, sottoposto peraltro alle periodiche esondazioni del fiume The Thu Bon che segna il limite meridionale della città vecchia (nella seconda foto dall'altro, traghetto sul fiume nell'ora di punta). Hoi An, grazie alla sua posizione ha una storia di oltre duemila anni, e la sua funzione di porto fluviale a breve distanza dallo sbocco sul mare ne ha esaltato l’importanza come città commerciale nel corso dei secoli: sia al tempo del regno Campa, di cui fu una dei centri più importanti, sia successivamente quando era al centro dei traffici di seta (per cui va famosa ancora oggi) tessuti, porcellana, pepe, tè, zucchero, lacche, madreperla, avorio, tutte merci che traboccavano dai suoi magazzini. Furono soprattutto i commercianti cinesi e giapponesi a lasciare i loro segno a Hoi An, che giungevano qui in primavera con il favore dei venti e inizialmente affittavano le case come sedi provvisorie fino all’arrivo dei venti da Sud che li riportavano a casa al termine dei loro affari, poi cominciarono a costruire residenze proprie, da qui lo stile originalmente ibrido a cui accennavo sopra.Sala di riunione e tempio di una congregazione cineseI Giapponesi frequentarono Hoi An fino all’editto imperiale del 1637 che vietò ogni contatto con l’esterno; i cinesi, come in qualsiasi altra parte del mondo in cui sono presenti, si identificano e raggruppano in base alla loro provincia d’origine, e così tuttora esistono le sale delle varie congregazioni: di Canton, di Hainan, del Fujian e così via(vedi foto qui sopra). Degne di nota anche parecchie magioni private aperte al pubblico e sotto il patrocinio dell’UNESCO, decisivo per la loro salvaguardia: a fare da guida, solitamente i rampolli di famiglia più portati verso le lingue. Hoi An fu altresì la prima città del Paese ad entrare in contatto con il cristianesimo: tra i primi missionari, nel 17° Secolo, sbarcò quell'Alexandre de Rhodes che ideò l'alfabeto di derivazione latina con cui si scriva tuttoggi il vietnamita e rende più facile la vita di un europeo: il quoc ngu. Turismo a parte ma in qualche modo da esso favorita, un’altra attività per cui Hoi An è famosa in tutto il Paese: quella sartoriale. Da sempre commercianti in stoffe di ogni tipo e, devo dire, di ottima qualità, vi sono belle decine di belle botteghe sparse ovunque in città in grado di sfornare nell’arco di una giornata lavorativa, prove comprese, tre completi da uomo o altrettanti tailleur da donna, su modelli propri o proposti dal cliente: se uno intende rifarsi un guardaroba su misura a prezzi incredibilmente competitivi, o farsi riprodurre alla perfezione un capo a cui era particolarmente affezionato, magari portando dall’Europa un tessuto più pesante come un Harris Tweed, qui decisamente inconsueto, questo è il posto giusto. I sarti asiatici vanno famosi per la loro meticolosità e rapidità di esecuzione, ma da quel che mi dicono quelli di Hoi An superano tutti gli altri e le botteghe sono sempre affollate di clienti.Chic Unique

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