sabato 8 febbraio 2020

Figli

"Figli" di Giuseppe Bonito. Con Paola Cortellessi, Valerio Mastandrea, Stefano Fresi, Giorgio Barchesi, Gianfelice Imparato, Valerio Aprea e altri. Italia 2019 
Sconfortante. Se questa era la maniera per rendere omaggio allo sceneggiatore e regista Mattia Torre, l'autore, fra l'altro, di Boris e di La linea verticale, prematuramente scomparso l'estate scorsa e di parlare, magari con leggerezza, di una questione seria, ossia del perché  le coppie che decidono di avere figli in Italia invece che incoraggiate e sostenute vengono tartassate, era meglio sorvolare, nonostante la buona volontà di colleghi, amici e sodali, il solito giro romanesco che gravita attorno al mondo del cinema e della TV. Lo spunto era buono: Nicola e Sara, ossia il sempre generoso Valerio Mastandrea, mentre purtroppo Paola Cortellesi, per quanto sia una brava comica, conferma di non essere in grado di reggere oltre la gag, sono una coppia sulla quarantina che decide di affrontare l'avventura di avere un secondo figlio dopo Anna, ormai in età scolare, perché ha fiducia di potercela fare e tutto sommato crede in questo Paese, e invece si ritrova tutto e tutti contro, a cominciare dalla primogenita, che non accetta che il secondo arrivato divenga il centro dell'attenzione delle dinamiche famigliari, per proseguire con il suoceri, rappresentanti di quei di baby boomers "che si sono mangiati tutto", a cominciare dalle future pensioni dei figli (il che è vero, ma hanno il torto ancora più grande di non essersi accorti che questo è stato loro concesso come risarcimento per essersi fatti fottere dal sistema, un modo come un altro per farli stare buoni, ma soprattutto di non essere stati in grado di educare a dovere una generazione di smidollati e vittimisti, incapace di gestirsi, figurarsi di governare l'Italia, come quella che hanno messo al mondo), infine ci si mettono le istituzioni, a cominciare dagli asili e dalle scuole (mancanti o carenti), col supporto di una schiera di pediatri, psicologi ed esperti del nulla: in questa masnada di idioti (a cui non si capisce perché la coppia, paritaria e desinistra, si rivolga, salvo essere idiota a sua volta) l'unica che si salva è la baby sitter ciociara, armata di sano buon senso nonché esperienza e a suon di "ova alla cocca". Il resto è il solito ciarpame luogocomunista, gente che si straparla addosso, con l'immancabile scena di ballo su musiche di merda in penose festicciole casalinghe, la solita Roma fra Trastevere, Testaccio, Ostiense e il cazzo di Gazometro (Ozpetek ha lasciato un imprinting indelebile nella mente dei cinematografari della Capitale), e cara grazia che stavolta ci sono stati risparmiati il Pigneto e la Garbatella; le solite battute scontate, e soluzioni puerili a fare da tormentone (immaginare di lanciarsi dalla finestra quando non se ne può più; i quadretti con le diverse tipologie di famiglie con figli; l'"ovo alla cocca", appunto). Cadono le palle: mai un po' di mordente, di cattiveria, tutto scontato e prevedibile, melenso, noioso, di una ripetitività e lentezza esasperanti. E per fortuna che questa pizza non arriva ai 100 minuti. Un film francamente penoso: fatevi un favore e lasciate perdere.

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