"Criminali come noi" (La odisea de los giles) di Sebastián Borensztein. Con Ricardo Darín, Luis Brandoni, Veronica Llinas, Chino Darín, Daniel Araóz, Carlos Belloso, Rita Cortese, Andrés Parra, Ailín Zaninović e altri. Argentina, Spagna 2019 ★★★★
Ultimo film che sono riuscito a vedere in sala prima della demenziale chiusura di cinema e teatri per quarantena da coronavirus, Criminali come noi (in lingua originale l'Odissea dei tonti: viene usato il termine gil, che sta per allocco, ingenuo in lunfardo, la parlata rioplatense fortemente influenzata dall'italiano comunemente usata nell'area rioplatense e che è una lingua a parte: uno dei personaggi dirà che il confine fra gil e pelotudo, ossia coglione, è spesso infinitesimale) è il racconto, catartico, della vendetta, e rivalsa, contro i profittatori della crisi finanziaria del dicembre del 2001 che aveva investito il Paese, di un gruppo di abitanti di una tipica cittadina persa nella pampa della provincia di Buenos Aires. Fermín Perlassi, ex gloria calcistica per aver giocato da titolare in una squadra di Terza Divisione e aver perfino segnato un gol al Chacarita, una delle formazioni della capitale, gestisce con la moglie la pompa di benzina con annesso bar di Alsina, ormai ridotta quasi a un villaggio fantasma dalla crisi economica, e per farla tornare a vivere ha l'idea di costituire una cooperativa fra i pochi abitanti rimasti allo scopo di comprare un silo dismesso e riprendere l'attività di immagazzinamento di cereali: occorrono 160 dollari (ai tempi vigeva la parità di cambio col peso) e li raccoglie tra i soci, che non sono caricature, ma perfettamente rappresentativi della popolazione reale e il contesto quanto di più autenticamente argentino ci si possa immaginare, al di là dei gauchos e delle milongas a uso dei gringos in visita turistica. Peccato che venga convinto dal direttore della banca locale a versare la somma sul conto, in dollari USA, proprio il giorno prima, il 2 dicembre del 2001, che Domingo Cavallo, lo stesso ministro delle finanze che dieci anni prima aveva disposto la convertibilità 1-1 col peso, istituisse il corralito, ossia il divieto di prelevare più di 250 pesos a settimana e, poco dopo, la convertibilità con la moneta USA e la somma, il tutto in combutta con un avido avvocato, Fortunato Manzi, con cui aveva fatto incetta di dollari a man bassa in previsione delle restrizioni alla libera disponibilità dei propri depositi, di cui i due personaggi erano al corrente. Classico caso di insider trading e turlupinamento di massa che in Argentina mieté milioni di vittime, a cui il Paese sopravvisse proprio grazie alla lunga tradizione mutualistica solidarisitica dovuta agli immigrati dalle aree più sindacalizzate d'Italia, specie settentrionale, e spagnole (Paesi Baschi, Asturie, Catalogna): un'immigrazione del tutto diversa da quella che hanno avuto, per esempio, gli USA; gente che ha portato là le proprie idee di cambiare il mondo, e che se non è riuscita a forgiare un Paese nuovo e diverso, ma la cui coscienza politica e sociale ha però permesso di sopravvivere ai non rari momenti si crisi attraversati dalla metà degli anni Cinquanta in poi (ricordo le mense rionali, i mercati di baratto, le innumerevoli cooperative che hanno rilevato imprese fatte fallire da proprietari che avevano trasferito finanzianti statali all'estero, imbosandoli). E' questo il grande merito del film, che racconta in forma picaresca di come l'assortito gruppo umano, ormai rassegnato alla perdita della somma, ne rientrerà in possesso, anni dopo, grazie alla affiatata collaborazione di tutti, quando per caso i soci della cooperativa verranno a sapere dell'esistenza di un caveau fatto costruire dall'avvocato in un terreno di sua proprietà. Frutto di lavoro corale anche la pellicola, tratta dal romanzo La noche de la usina di Eduardo Sacheri, che ha collaborato pure all'adattamento e alla sceneggiatura assieme ai due protagonisti principali, Ricardo Darín (Fermín Perlassi) suo figlio Chino (anche nel film come Roberto) e Luis Brandoni, (l'anarchico Fontana). Divertente, istruttivo e liberatorio (oltre che libertario!)
Ultimo film che sono riuscito a vedere in sala prima della demenziale chiusura di cinema e teatri per quarantena da coronavirus, Criminali come noi (in lingua originale l'Odissea dei tonti: viene usato il termine gil, che sta per allocco, ingenuo in lunfardo, la parlata rioplatense fortemente influenzata dall'italiano comunemente usata nell'area rioplatense e che è una lingua a parte: uno dei personaggi dirà che il confine fra gil e pelotudo, ossia coglione, è spesso infinitesimale) è il racconto, catartico, della vendetta, e rivalsa, contro i profittatori della crisi finanziaria del dicembre del 2001 che aveva investito il Paese, di un gruppo di abitanti di una tipica cittadina persa nella pampa della provincia di Buenos Aires. Fermín Perlassi, ex gloria calcistica per aver giocato da titolare in una squadra di Terza Divisione e aver perfino segnato un gol al Chacarita, una delle formazioni della capitale, gestisce con la moglie la pompa di benzina con annesso bar di Alsina, ormai ridotta quasi a un villaggio fantasma dalla crisi economica, e per farla tornare a vivere ha l'idea di costituire una cooperativa fra i pochi abitanti rimasti allo scopo di comprare un silo dismesso e riprendere l'attività di immagazzinamento di cereali: occorrono 160 dollari (ai tempi vigeva la parità di cambio col peso) e li raccoglie tra i soci, che non sono caricature, ma perfettamente rappresentativi della popolazione reale e il contesto quanto di più autenticamente argentino ci si possa immaginare, al di là dei gauchos e delle milongas a uso dei gringos in visita turistica. Peccato che venga convinto dal direttore della banca locale a versare la somma sul conto, in dollari USA, proprio il giorno prima, il 2 dicembre del 2001, che Domingo Cavallo, lo stesso ministro delle finanze che dieci anni prima aveva disposto la convertibilità 1-1 col peso, istituisse il corralito, ossia il divieto di prelevare più di 250 pesos a settimana e, poco dopo, la convertibilità con la moneta USA e la somma, il tutto in combutta con un avido avvocato, Fortunato Manzi, con cui aveva fatto incetta di dollari a man bassa in previsione delle restrizioni alla libera disponibilità dei propri depositi, di cui i due personaggi erano al corrente. Classico caso di insider trading e turlupinamento di massa che in Argentina mieté milioni di vittime, a cui il Paese sopravvisse proprio grazie alla lunga tradizione mutualistica solidarisitica dovuta agli immigrati dalle aree più sindacalizzate d'Italia, specie settentrionale, e spagnole (Paesi Baschi, Asturie, Catalogna): un'immigrazione del tutto diversa da quella che hanno avuto, per esempio, gli USA; gente che ha portato là le proprie idee di cambiare il mondo, e che se non è riuscita a forgiare un Paese nuovo e diverso, ma la cui coscienza politica e sociale ha però permesso di sopravvivere ai non rari momenti si crisi attraversati dalla metà degli anni Cinquanta in poi (ricordo le mense rionali, i mercati di baratto, le innumerevoli cooperative che hanno rilevato imprese fatte fallire da proprietari che avevano trasferito finanzianti statali all'estero, imbosandoli). E' questo il grande merito del film, che racconta in forma picaresca di come l'assortito gruppo umano, ormai rassegnato alla perdita della somma, ne rientrerà in possesso, anni dopo, grazie alla affiatata collaborazione di tutti, quando per caso i soci della cooperativa verranno a sapere dell'esistenza di un caveau fatto costruire dall'avvocato in un terreno di sua proprietà. Frutto di lavoro corale anche la pellicola, tratta dal romanzo La noche de la usina di Eduardo Sacheri, che ha collaborato pure all'adattamento e alla sceneggiatura assieme ai due protagonisti principali, Ricardo Darín (Fermín Perlassi) suo figlio Chino (anche nel film come Roberto) e Luis Brandoni, (l'anarchico Fontana). Divertente, istruttivo e liberatorio (oltre che libertario!)
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