"Brutti e cattivi" di Cosimo Gomez. Con Claudio Santamaria, Marco D'Amore, Sara Serraiocco, Simoncino Martucci, Narcisse Mame, Aline Belibi, Giorgio Colangeli, Filippo Dini. Italia 2017 ★★★½
Non siamo ancora alle vette di Lo chiamavano Jeeg Robot o del recente Ammore e malavita ma, trattandosi del film d'esordio del fin qui scenografo Cosimo Gomez, avviati su una strada molto promettente. Tor di Nona, Roma Est, zona d'azione del Papero, la metà di una coppia di gemelli siamesi senza gambe separati in gioventù (l'altro, il Pollo, è stato adottato da una famiglia-bene e fa il dirigente di banca a Zurigo), che vive di accattonaggio davanti alla chiesa del quartiere assistito dal Merda, un rasta perennemente fumato che lo scarrozza in giro su una vecchia Panda scassata. Grazie alla soffiata della bellissima moglie, Ballerina, a sua volta senza braccia, laureata in lingue orientali che lavora per la polizia, viene a sapere che la mafia cinese deposita milioni di euro in contante nella filiale della banca del quartiere e così, con l'aiuto di Plissé, un rapper nano cattivissimo però un maestro nello scassinare casseforti, organizza una rapina dove lo scopo apparente è quello di farsi consegnare il contante in cassa, per cui si fanno condannare a una pena di pochi mesi restituendo il maltolto, ma quello vero impossessarsi di quello non dichiarato e non reclamabile dei cinesi e, nel frattempo, depositato in una cassetta di sicurezza in Svizzera. Come da copione in un noir di genere, al momento della spartizione si scatena il tutti contro tutti e i malviventi si eliminano a vicenda, a cominciare proprio dal capobanda, in una serie di tradimenti e crudeltà reciproci. Per non togliere il gusto della sorpresa, ovviamente non svelo altro, salvo dire che non c'è un personaggio positivo in tutto il film, né tra i disabili, né tra i "normali"(i cinesi, il parroco nero dei "diversi", i magnaccia dell'Est) tranne uno che compare nella seconda parte e accompagna la vicenda a un lieto fine beffardo, che però nulla toglie alla scorrettezza del film. Che, per quanto greve e volutamente volgare, non dileggia mai nemmeno per sbaglio i disabili, celebrando anzi la loro uguaglianza nella diversità e individualità, esattamente il contrario di quel che fanno il buonismo omologante e l'insopportabile "politicamente corretto", che sono il vero bersaglio del film, insieme all'ipocrisia della chiesa, delle banche, delle "autorità" e del sentire comune. Come in un film di Tarantino a un certo punto la pellicola si riavvolge e ne vediamo scorrere un'altra che svela quanto successo parallelamente alla vicenda già raccontata, il tutto montato fluidamente, con ottimo ritmo, con un tocco surreale che non guasta, a smontare quelli più trucidi e caricaturali, che pure non mancano. Un complimento ai truccatori e ai maghi del computer, ma anche agli interpreti, due dei quali, Santamaria e D'Amore, qui al contrario del loro cliché di belli e astuti. Un film meravigliosamente trash-demenziale, scorretto al punto giusto, che consiglio a chi ama il genere: peccato essere stato costretto a vederlo in una squallida e omogeienzzata sala di uno di quegli orridi Space o UCI Cinemas, nei pressi d un centro commerciale, con tanto di mezz'ora di pubblicità e intervallo inclusi, invece che in una normale prima che uscisse di programmazione.
Non siamo ancora alle vette di Lo chiamavano Jeeg Robot o del recente Ammore e malavita ma, trattandosi del film d'esordio del fin qui scenografo Cosimo Gomez, avviati su una strada molto promettente. Tor di Nona, Roma Est, zona d'azione del Papero, la metà di una coppia di gemelli siamesi senza gambe separati in gioventù (l'altro, il Pollo, è stato adottato da una famiglia-bene e fa il dirigente di banca a Zurigo), che vive di accattonaggio davanti alla chiesa del quartiere assistito dal Merda, un rasta perennemente fumato che lo scarrozza in giro su una vecchia Panda scassata. Grazie alla soffiata della bellissima moglie, Ballerina, a sua volta senza braccia, laureata in lingue orientali che lavora per la polizia, viene a sapere che la mafia cinese deposita milioni di euro in contante nella filiale della banca del quartiere e così, con l'aiuto di Plissé, un rapper nano cattivissimo però un maestro nello scassinare casseforti, organizza una rapina dove lo scopo apparente è quello di farsi consegnare il contante in cassa, per cui si fanno condannare a una pena di pochi mesi restituendo il maltolto, ma quello vero impossessarsi di quello non dichiarato e non reclamabile dei cinesi e, nel frattempo, depositato in una cassetta di sicurezza in Svizzera. Come da copione in un noir di genere, al momento della spartizione si scatena il tutti contro tutti e i malviventi si eliminano a vicenda, a cominciare proprio dal capobanda, in una serie di tradimenti e crudeltà reciproci. Per non togliere il gusto della sorpresa, ovviamente non svelo altro, salvo dire che non c'è un personaggio positivo in tutto il film, né tra i disabili, né tra i "normali"(i cinesi, il parroco nero dei "diversi", i magnaccia dell'Est) tranne uno che compare nella seconda parte e accompagna la vicenda a un lieto fine beffardo, che però nulla toglie alla scorrettezza del film. Che, per quanto greve e volutamente volgare, non dileggia mai nemmeno per sbaglio i disabili, celebrando anzi la loro uguaglianza nella diversità e individualità, esattamente il contrario di quel che fanno il buonismo omologante e l'insopportabile "politicamente corretto", che sono il vero bersaglio del film, insieme all'ipocrisia della chiesa, delle banche, delle "autorità" e del sentire comune. Come in un film di Tarantino a un certo punto la pellicola si riavvolge e ne vediamo scorrere un'altra che svela quanto successo parallelamente alla vicenda già raccontata, il tutto montato fluidamente, con ottimo ritmo, con un tocco surreale che non guasta, a smontare quelli più trucidi e caricaturali, che pure non mancano. Un complimento ai truccatori e ai maghi del computer, ma anche agli interpreti, due dei quali, Santamaria e D'Amore, qui al contrario del loro cliché di belli e astuti. Un film meravigliosamente trash-demenziale, scorretto al punto giusto, che consiglio a chi ama il genere: peccato essere stato costretto a vederlo in una squallida e omogeienzzata sala di uno di quegli orridi Space o UCI Cinemas, nei pressi d un centro commerciale, con tanto di mezz'ora di pubblicità e intervallo inclusi, invece che in una normale prima che uscisse di programmazione.
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