"Blade Runner 2049" di Denis Villeneuve. Con Ryan Gosling, Harrison Ford, Ana de Armas, Sylvia Hoeks, Robin Wright, Dave Bautista e altri. USA 2017 ★★★½
Era una mission impossible, pur affidata alle abili mani di Denis Villeneuve e la produzione dello stesso Ridley Scott, regista dell'originale, essere all'altezza di un film come Blade Runner, uscito nel lontano 1982 ed entrato nel mito, eppure per lunghi tratti più che in un sequel sembrava di essere nello stesso film: la stessa ambientazione in una Los Angeles distopica, piovosa, lugubre, immensa e inquietante, solo all'apparenza riportata all'ordine e alla normalità; identico l'abbigliamento variegato e con tocchi punk dei personaggi, e così gli arredamenti tra il rétro post-atomico e il raffinato e atmosfere cupe; ugualmente angosciante il sottofondo musicale e i rumori elettro-meccanici a sottolineare l'incombenza di qualcosa di incontrollabile, però... manca il quid, probabilmente la novità. Film sul dubbio era (la natura dei replicanti, così come quella degli umani, in fondo) e film sul dubbio rimane (e così la porta aperta a una serie teoricamente infinita di pre-e-sequel, insomma a una saga hollywoodiana a venire) così come per l'appunto il dubbio sulla natura di Deckard, anche qui interpretato da Harrison Ford, che compare dopo quasi due ore di film, quando già si comincia a guardare l'orologio perché in preda a una straniante sensazione di déjà vu. A rintracciarlo è K (Ryan Gosling, perfetto,) un replicante di nuova generazione (senza scadenza e, soprattutto, obbediente) a sua volta un blade runner incaricato di "ritirare" (ossia eliminare) quelli della serie Nexus 6 rimasti ancora in circolazione, il quale in un'operazione si imbatte nei resti sepolti di quella che risulta essere Rachael, la replicante salvata da Deckard trent'anni prima, che risulta morta di parto: una notizia sconvolgente che va tenuta segreta perché confermerebbe che i Nexus siano stati in grado di riprodursi. K, che nel frattempo comincia a essere assalito dal sospetto di essere pure lui un umano, e forse figlio di Rachael e Deckard, viene rimosso dal corpo dei blade runner dal suo superiore (Robin Wright) ma non eliminato: gli viene lasciato il tempo per fuggire nell'extramondo a patto che elimini Deckard, a sua volta cacciato dalla tirapiedi di Wallace, il nuovo produttore di replicanti perfezionati che ha preso il posto di Tyrrell, ma K lo salva conducendola dalla figlia sua e di Rachael e forse morirà in pace (si ritirerà) ma non è detto... Questa la trama, più o meno, per quel che si lascia capire e raccontare, e per ciò che vale in un quello che rimane un suggestivo noir fantascientifico dai toni umanisti. Rispetto all'originale si svolge di più in esterno (in particolare in una zona desertica dove si coltivano proteine in serra e in una Las Vegas post-olocausto: compaiono anche gli ologrammi di Elvis Presley e Frank Sinatra in concerto) dove rifulge la fotografia affidata a un maestro come Roger Deakins (di cui Villeneuve si era già avvalso in Sicario). Non rimarrà nella storia, ma vale comunque ampiamente il prezzo del biglietto.
Era una mission impossible, pur affidata alle abili mani di Denis Villeneuve e la produzione dello stesso Ridley Scott, regista dell'originale, essere all'altezza di un film come Blade Runner, uscito nel lontano 1982 ed entrato nel mito, eppure per lunghi tratti più che in un sequel sembrava di essere nello stesso film: la stessa ambientazione in una Los Angeles distopica, piovosa, lugubre, immensa e inquietante, solo all'apparenza riportata all'ordine e alla normalità; identico l'abbigliamento variegato e con tocchi punk dei personaggi, e così gli arredamenti tra il rétro post-atomico e il raffinato e atmosfere cupe; ugualmente angosciante il sottofondo musicale e i rumori elettro-meccanici a sottolineare l'incombenza di qualcosa di incontrollabile, però... manca il quid, probabilmente la novità. Film sul dubbio era (la natura dei replicanti, così come quella degli umani, in fondo) e film sul dubbio rimane (e così la porta aperta a una serie teoricamente infinita di pre-e-sequel, insomma a una saga hollywoodiana a venire) così come per l'appunto il dubbio sulla natura di Deckard, anche qui interpretato da Harrison Ford, che compare dopo quasi due ore di film, quando già si comincia a guardare l'orologio perché in preda a una straniante sensazione di déjà vu. A rintracciarlo è K (Ryan Gosling, perfetto,) un replicante di nuova generazione (senza scadenza e, soprattutto, obbediente) a sua volta un blade runner incaricato di "ritirare" (ossia eliminare) quelli della serie Nexus 6 rimasti ancora in circolazione, il quale in un'operazione si imbatte nei resti sepolti di quella che risulta essere Rachael, la replicante salvata da Deckard trent'anni prima, che risulta morta di parto: una notizia sconvolgente che va tenuta segreta perché confermerebbe che i Nexus siano stati in grado di riprodursi. K, che nel frattempo comincia a essere assalito dal sospetto di essere pure lui un umano, e forse figlio di Rachael e Deckard, viene rimosso dal corpo dei blade runner dal suo superiore (Robin Wright) ma non eliminato: gli viene lasciato il tempo per fuggire nell'extramondo a patto che elimini Deckard, a sua volta cacciato dalla tirapiedi di Wallace, il nuovo produttore di replicanti perfezionati che ha preso il posto di Tyrrell, ma K lo salva conducendola dalla figlia sua e di Rachael e forse morirà in pace (si ritirerà) ma non è detto... Questa la trama, più o meno, per quel che si lascia capire e raccontare, e per ciò che vale in un quello che rimane un suggestivo noir fantascientifico dai toni umanisti. Rispetto all'originale si svolge di più in esterno (in particolare in una zona desertica dove si coltivano proteine in serra e in una Las Vegas post-olocausto: compaiono anche gli ologrammi di Elvis Presley e Frank Sinatra in concerto) dove rifulge la fotografia affidata a un maestro come Roger Deakins (di cui Villeneuve si era già avvalso in Sicario). Non rimarrà nella storia, ma vale comunque ampiamente il prezzo del biglietto.
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