"Tutto quello che vuoi" di Francesco Bruni. Con Giuliano Montaldo, Andrea Carpenzano, Arturo Bruni, Donatella Finocchiaro, Emanuele Propizio, Antonio Gerardi, Riccardo Vitiello, Raffaella Lebboroni, Carolina Pavone, Andrea Lethoská. Italia 2017 ★★★★½
E' da un po' che lo ripeto: qualcosa sta cambiando nel panorama del cinema italiano che, con pellicole come Tutto quello che vuoi, dimostra di essere vivo e vegeto perfino nella sua più consueta forma di commedia, ultimamente opportunamente rigenerata e innestata da altri filoni, e questo ottimo film di Francesco Bruni, che testimonia i continui progressi come regista di uno sceneggiatore di valore, ne è la conferma. D'altronde non è un caso se è riuscito a convincere un collega e Maestro della nostra cinematografia come Giuliano Montaldo, probabilmente senza dover troppo insistere, a tornare davanti alla cinepresa per interpretare Giorgio, un poeta ottantacinquenne già famoso, pisano d'origine e trasferitosi a Roma negli anni Cinquanta, affetto da una lieve forma di Alzheimer, che viene accudito dal ventiduenne Alessandro (il sorprendente Andrea Carpenzano, già notato in Il permesso - 48 ore fuori), giovane sfaccendato che vive nel suo stesso quartiere, Trastevere, dedicandosi al piccolo spaccio e a far passare ii tempo allo storico Bar Calisto coi quattro amici del suo "giro". Un lavoretto procuratogli da Claudia (Donatella Finocchiaro), la piacente madre del suo migliore amico, Riki, della quale è l'amante clandestino (e lei madre sostitutiva). Alessandro accetta controvoglia e inizialmente si limita a portare l'anziano a fare passeggiate sul Gianicolo con sullo sfondo sfumato di una indistinta Roma invernale, in seguito impara a conoscere e frequentare Giorgio anche assieme agli altri suoi amici, a giocare a carte e perfino alla play-station nonché a infrangere alcuni divieti posti dalla governante Laura e ascoltarne gli spezzoni di vita vissuta fino a trasferirsi per un periodo da lui e assisterlo a tempo pieno, e per ultimo a fargli compiere un ultimo viaggio nei luoghi della sua gioventù, la Toscana appenninica in cui partigiani e truppe americane combatterono i nazisti, in una sorta di zingarata nata come un'autentica caccia al tesoro. Il film si sviluppa sul binario del contrasto e al contempo confronto tra due generazioni che quanto più lontane non potrebbero essere non solo temporalmente, ma anche nel modo di pensare e di esprimersi: una che sta perdendo per esaurimento la memoria di una vita intensa e piena di significato, l'altra che non può averne finché è costretta a vivere in un presente vuoto. Il gioco delle differenze non è banale e scontato, così come non è melenso l'avvicinamento tra due estremi sempre allo specchio: il giovane e l'anziano, l'ignorante e il colto e così via: c'è molto di più ed espresso con grazia, ironia e partecipazione da parte di interpreti intimamente convinti di quello che stanno facendo; infine Il rapporto che si instaura tra Giorgio e Alessandro permette a entrambi di recuperare qualcosa: al primo quello con il fratellino Carlo, perso in un bombardamento su Pisa durante l'ultima guerra, e al secondo quello con suo padre e la nuova compagna, che fin lì, orfano di madre da quando aveva due anni, non aveva accettato. Come nei film precedenti, Scialla e Noi 4, Francesco Bruni ambienta le sue vicenda in una Roma che in altri, troppi, film e serie televisive farebbe da sfondo a film "terrazzat"i e intellettualoidi (à la Ozpetek o Archibugi, per intenderci) o vanziniani, scontati o pecorecci, mentre nelle sue pellicole è quella vera: mi piace pensare che, da persona intelligente e acuta qual è, citi di proposito location e situazioni abusate per prenderne le distanze, e lo fa con classe e bene, così com'è attento a scegliere interpreti convincenti e capace come pochi di far recitare giovani e financo bambini. Complimenti vivissimi a tutti, si esce dalla sala soddisfatti di aver visto una bella storia, che tocca il cuore e anche la mente, raccontata bene: con l'animo confortato.
E' da un po' che lo ripeto: qualcosa sta cambiando nel panorama del cinema italiano che, con pellicole come Tutto quello che vuoi, dimostra di essere vivo e vegeto perfino nella sua più consueta forma di commedia, ultimamente opportunamente rigenerata e innestata da altri filoni, e questo ottimo film di Francesco Bruni, che testimonia i continui progressi come regista di uno sceneggiatore di valore, ne è la conferma. D'altronde non è un caso se è riuscito a convincere un collega e Maestro della nostra cinematografia come Giuliano Montaldo, probabilmente senza dover troppo insistere, a tornare davanti alla cinepresa per interpretare Giorgio, un poeta ottantacinquenne già famoso, pisano d'origine e trasferitosi a Roma negli anni Cinquanta, affetto da una lieve forma di Alzheimer, che viene accudito dal ventiduenne Alessandro (il sorprendente Andrea Carpenzano, già notato in Il permesso - 48 ore fuori), giovane sfaccendato che vive nel suo stesso quartiere, Trastevere, dedicandosi al piccolo spaccio e a far passare ii tempo allo storico Bar Calisto coi quattro amici del suo "giro". Un lavoretto procuratogli da Claudia (Donatella Finocchiaro), la piacente madre del suo migliore amico, Riki, della quale è l'amante clandestino (e lei madre sostitutiva). Alessandro accetta controvoglia e inizialmente si limita a portare l'anziano a fare passeggiate sul Gianicolo con sullo sfondo sfumato di una indistinta Roma invernale, in seguito impara a conoscere e frequentare Giorgio anche assieme agli altri suoi amici, a giocare a carte e perfino alla play-station nonché a infrangere alcuni divieti posti dalla governante Laura e ascoltarne gli spezzoni di vita vissuta fino a trasferirsi per un periodo da lui e assisterlo a tempo pieno, e per ultimo a fargli compiere un ultimo viaggio nei luoghi della sua gioventù, la Toscana appenninica in cui partigiani e truppe americane combatterono i nazisti, in una sorta di zingarata nata come un'autentica caccia al tesoro. Il film si sviluppa sul binario del contrasto e al contempo confronto tra due generazioni che quanto più lontane non potrebbero essere non solo temporalmente, ma anche nel modo di pensare e di esprimersi: una che sta perdendo per esaurimento la memoria di una vita intensa e piena di significato, l'altra che non può averne finché è costretta a vivere in un presente vuoto. Il gioco delle differenze non è banale e scontato, così come non è melenso l'avvicinamento tra due estremi sempre allo specchio: il giovane e l'anziano, l'ignorante e il colto e così via: c'è molto di più ed espresso con grazia, ironia e partecipazione da parte di interpreti intimamente convinti di quello che stanno facendo; infine Il rapporto che si instaura tra Giorgio e Alessandro permette a entrambi di recuperare qualcosa: al primo quello con il fratellino Carlo, perso in un bombardamento su Pisa durante l'ultima guerra, e al secondo quello con suo padre e la nuova compagna, che fin lì, orfano di madre da quando aveva due anni, non aveva accettato. Come nei film precedenti, Scialla e Noi 4, Francesco Bruni ambienta le sue vicenda in una Roma che in altri, troppi, film e serie televisive farebbe da sfondo a film "terrazzat"i e intellettualoidi (à la Ozpetek o Archibugi, per intenderci) o vanziniani, scontati o pecorecci, mentre nelle sue pellicole è quella vera: mi piace pensare che, da persona intelligente e acuta qual è, citi di proposito location e situazioni abusate per prenderne le distanze, e lo fa con classe e bene, così com'è attento a scegliere interpreti convincenti e capace come pochi di far recitare giovani e financo bambini. Complimenti vivissimi a tutti, si esce dalla sala soddisfatti di aver visto una bella storia, che tocca il cuore e anche la mente, raccontata bene: con l'animo confortato.
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