"Perfetti sconosciuti" di Paolo Genovese. Con Giuseppe Battiston, Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Kasia Smutniak. Italia 2016 ★★★★
La cena tra amici di vecchia data che, fra un fraintendimento e l'altro, innestati da un gioco o da uno scherzo, si trasforma in un gioco al massacro è un tema già sfruttato dal nostro cinema che l'ha ripreso in primo luogo da quello francese e poi da quello USA, ma nessuno l'aveva declinato mettendo al centro il morbo che ha inesorabilmente colpito tutti o quasi i possessori di smartphone, che da un lato consentono di essere perennemente raggiungibili nonché collegati con i social network con cui si è creato ormai un rapporto di dipendenza tossico, dall'altro sono depositari di segreti spesso inconfessabili, delle scatole nere che possono finire per rivelarsi delle vere e proprie bombe a orologeria nel momento in cui cadessero in mani altrui. Ed è ciò che accade in una serata conviviale, con tanto di eclisse di luna, che vede riunite, in un attico con terrazza ai Parioli di Roma, tre coppie, due rodate e con problemi dovuti l'una a una figlia adolescente e ribelle, l'altra alla presenza della madre di lui; l'ultima di novelli sposi che hanno appena deciso di provare ad avere un figlio e infine lo "spaiato", reduce da un divorzio, e che non riesce a trovare né una relazione né un lavoro stabili: all'inizio della cena, la padrona di casa, un'analista alquanto nevrotica, propone a ognuno di mettere sul tavolo il proprio apparecchio e rendere pubblica qualsiasi comunicazione, si tratti di conversazioni, immagini oppure messaggi. Inevitabile che il gioco finisca per svelare velocemente i segreti di tutti, cosa che mi guardo bene dal fare io per non togliere buona parte del divertimento, creando situazioni imbarazzanti quando non tragiche. Anche se condito in salsa italiana, ma mai eccessivamente romanesca e farsesca, il soggetto funziona a meraviglia, senza sbavature, e oltre a Genovese e altri quattro sceneggiatori vi hanno contribuito gli attori stessi, portando sé stessi e tutti perfettamente nella parte, con una nota di merito per Marco Giallini, il cui valore è finalmente stato riconosciuto, Valerio Mastandrea, mai sopra le righe e di rara sensibilità, Alba Rohrwacher e il grande Giuseppe Battiston, che in un film di tipo teatrale si trova ancora di più a suo agio. Cinema in un interno, due ore di dialoghi che non stancano mai, spassoso con punte esilaranti e però mai banale, con una sorpresa e una morale finale: siamo tutti frangibili, e l'amicizia sta proprio nel proteggere sé stessi e l'altro, di cui siamo proiezioni, dall'indicibile, che ci rivelerebbe, per l'appunto, dei perfetti sconosciuti. Complimenti.
La cena tra amici di vecchia data che, fra un fraintendimento e l'altro, innestati da un gioco o da uno scherzo, si trasforma in un gioco al massacro è un tema già sfruttato dal nostro cinema che l'ha ripreso in primo luogo da quello francese e poi da quello USA, ma nessuno l'aveva declinato mettendo al centro il morbo che ha inesorabilmente colpito tutti o quasi i possessori di smartphone, che da un lato consentono di essere perennemente raggiungibili nonché collegati con i social network con cui si è creato ormai un rapporto di dipendenza tossico, dall'altro sono depositari di segreti spesso inconfessabili, delle scatole nere che possono finire per rivelarsi delle vere e proprie bombe a orologeria nel momento in cui cadessero in mani altrui. Ed è ciò che accade in una serata conviviale, con tanto di eclisse di luna, che vede riunite, in un attico con terrazza ai Parioli di Roma, tre coppie, due rodate e con problemi dovuti l'una a una figlia adolescente e ribelle, l'altra alla presenza della madre di lui; l'ultima di novelli sposi che hanno appena deciso di provare ad avere un figlio e infine lo "spaiato", reduce da un divorzio, e che non riesce a trovare né una relazione né un lavoro stabili: all'inizio della cena, la padrona di casa, un'analista alquanto nevrotica, propone a ognuno di mettere sul tavolo il proprio apparecchio e rendere pubblica qualsiasi comunicazione, si tratti di conversazioni, immagini oppure messaggi. Inevitabile che il gioco finisca per svelare velocemente i segreti di tutti, cosa che mi guardo bene dal fare io per non togliere buona parte del divertimento, creando situazioni imbarazzanti quando non tragiche. Anche se condito in salsa italiana, ma mai eccessivamente romanesca e farsesca, il soggetto funziona a meraviglia, senza sbavature, e oltre a Genovese e altri quattro sceneggiatori vi hanno contribuito gli attori stessi, portando sé stessi e tutti perfettamente nella parte, con una nota di merito per Marco Giallini, il cui valore è finalmente stato riconosciuto, Valerio Mastandrea, mai sopra le righe e di rara sensibilità, Alba Rohrwacher e il grande Giuseppe Battiston, che in un film di tipo teatrale si trova ancora di più a suo agio. Cinema in un interno, due ore di dialoghi che non stancano mai, spassoso con punte esilaranti e però mai banale, con una sorpresa e una morale finale: siamo tutti frangibili, e l'amicizia sta proprio nel proteggere sé stessi e l'altro, di cui siamo proiezioni, dall'indicibile, che ci rivelerebbe, per l'appunto, dei perfetti sconosciuti. Complimenti.
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