"L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo" (Trumbo) di Jay Roach. Con Bryan Cranston, Diane Lane, Helen Mirren, Louis C. K. Fanning, John Goodman, Michael Stuhlbarg, Aman Tudyk, Adewale Akinnuoye-Abgaye, Dean O'Gorman, Roger Bart, Davis James Elliott, Dan Bakkedahl, Laura Flannery. USA 2015 ★★★¾
Il genere biografico è sempre esistito al cinema, e con discreto successo, ma è negli ultimi anni che il biopic ha preso a impazzare, forse per mancanza di fantasia, al punto da inflazionarsi, ma ben venga quando raccontandone la storia poco nota rende onore a un uomo che ha combattuto e pagato per le sue idee, nel silenzio di tanti del suo mondo, che poi è quello dell'epoca d'oro di Hollywood. Dalton Trumbo, negli anni Quaranta, era uno degli sceneggiatori più contesi e pagati dalle mayor, ma con l'inizio della Guerra Fredda e della conseguente paranoia anticomunista nel 1947 venne inserito, assieme ad altri 9 attori e sceneggiatori, nella "Lista nera" per essersi rifiutato di rispondere alle domande persecutorie del Comitato per le attività antiamericane del Congresso e, condannato in appello, nel 1950 scontò 11 mesi di reclusione in un penitenziario del Connecticut. Perse tutto: il lavoro, la casa, gli amici, la vita sociale. Rinnegato dal suo ambiente, si adattò a scrivere sceneggiature sotto falso nome o arrangiarle clandestinamente: in questo consistette la sua vendetta, perché da un lato riuscì a sopravvivere, lavorando assiduamente e a ritmi forsennati (con abbondante supporto di whiskey e benzedrina), dall'altro aiutò i suo colleghi in disgrazia organizzando un vero e proprio gruppo di lavoro in incognito, ma soprattutto non smise neppure per un momento di lottare per la cancellazione della famigerata lista e la libertà di pensiero e d'espressione, fondendo in un tutt'uno attività lavorativa e attività politica, nonché la pratica della solidarietà sociale, e la rivalsa fu vincere due Oscar sotto falso nome per le sceneggiature di Vacanze romane e La più grande corrida (che gli vennero riconosciuti molti anni più tardi). Fu riammesso nell'American Guild of Writers una volta riabilitato grazie a Kirk Douglas e a Otto Preminger che accreditarono i suoi soggetti rispettivamente di Spartacus e Exodus a suo nome, e in cui Trumbo si espresse nella sua specialità di trarre sceneggiature geniali da romanzi mediocri che contenevano però un nocciolo di storia degna di essere raccontata, entrambi film di gradissimo successo nonostante una campagna di boicottaggio capeggiata dalla giornalista utrarepubblicana Hedda Hopper (una bravissima Helen Mirren) e appoggiata da attori reazionari come John Wayne e Ronald Reagan. Insieme all'ambientazione, è questa Hollywood dietro le quinte la parte forse più originale della pellicola, che svela molto della vera consistenza dei personaggi che si muovono negli studios e dintorni, senza dimenticare l'uomo con le sue manie e i suoi difetti, che ha potuto vincere la sua battaglia grazie soprattutto alla capacità di sopportazione eroica di una famiglia esemplare e solidale, la moglie Cleo e i tre figli: nonostante dopo la carcerazione si fosse chiuso in sé stesso riuscendo a comunicare sempre meno con essi, sommerso com'era da lavoro a ritmi folli, preoccupazioni e desiderio di riscatto, riuscì anche a rendersene conto e correggersi, per quanto possibile, e essere loro riconoscente. Buon film, fatto bene e convincente, da sola l'interpretazione di Bryan Cranston vale il biglietto e, con buona probabilità, a lui l'Oscar.
Il genere biografico è sempre esistito al cinema, e con discreto successo, ma è negli ultimi anni che il biopic ha preso a impazzare, forse per mancanza di fantasia, al punto da inflazionarsi, ma ben venga quando raccontandone la storia poco nota rende onore a un uomo che ha combattuto e pagato per le sue idee, nel silenzio di tanti del suo mondo, che poi è quello dell'epoca d'oro di Hollywood. Dalton Trumbo, negli anni Quaranta, era uno degli sceneggiatori più contesi e pagati dalle mayor, ma con l'inizio della Guerra Fredda e della conseguente paranoia anticomunista nel 1947 venne inserito, assieme ad altri 9 attori e sceneggiatori, nella "Lista nera" per essersi rifiutato di rispondere alle domande persecutorie del Comitato per le attività antiamericane del Congresso e, condannato in appello, nel 1950 scontò 11 mesi di reclusione in un penitenziario del Connecticut. Perse tutto: il lavoro, la casa, gli amici, la vita sociale. Rinnegato dal suo ambiente, si adattò a scrivere sceneggiature sotto falso nome o arrangiarle clandestinamente: in questo consistette la sua vendetta, perché da un lato riuscì a sopravvivere, lavorando assiduamente e a ritmi forsennati (con abbondante supporto di whiskey e benzedrina), dall'altro aiutò i suo colleghi in disgrazia organizzando un vero e proprio gruppo di lavoro in incognito, ma soprattutto non smise neppure per un momento di lottare per la cancellazione della famigerata lista e la libertà di pensiero e d'espressione, fondendo in un tutt'uno attività lavorativa e attività politica, nonché la pratica della solidarietà sociale, e la rivalsa fu vincere due Oscar sotto falso nome per le sceneggiature di Vacanze romane e La più grande corrida (che gli vennero riconosciuti molti anni più tardi). Fu riammesso nell'American Guild of Writers una volta riabilitato grazie a Kirk Douglas e a Otto Preminger che accreditarono i suoi soggetti rispettivamente di Spartacus e Exodus a suo nome, e in cui Trumbo si espresse nella sua specialità di trarre sceneggiature geniali da romanzi mediocri che contenevano però un nocciolo di storia degna di essere raccontata, entrambi film di gradissimo successo nonostante una campagna di boicottaggio capeggiata dalla giornalista utrarepubblicana Hedda Hopper (una bravissima Helen Mirren) e appoggiata da attori reazionari come John Wayne e Ronald Reagan. Insieme all'ambientazione, è questa Hollywood dietro le quinte la parte forse più originale della pellicola, che svela molto della vera consistenza dei personaggi che si muovono negli studios e dintorni, senza dimenticare l'uomo con le sue manie e i suoi difetti, che ha potuto vincere la sua battaglia grazie soprattutto alla capacità di sopportazione eroica di una famiglia esemplare e solidale, la moglie Cleo e i tre figli: nonostante dopo la carcerazione si fosse chiuso in sé stesso riuscendo a comunicare sempre meno con essi, sommerso com'era da lavoro a ritmi folli, preoccupazioni e desiderio di riscatto, riuscì anche a rendersene conto e correggersi, per quanto possibile, e essere loro riconoscente. Buon film, fatto bene e convincente, da sola l'interpretazione di Bryan Cranston vale il biglietto e, con buona probabilità, a lui l'Oscar.
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