"Una nuova amica" (Une nouvelle amie) di François Ozon. Con Romain Duris, Anaïs Demoustier, Raphael Personnaz, Isild Le Besco, Aurore Clément e altri. Francia 2015 ★★★★
Esploratore appassionato e sottile dell'ambiguità identitaria in generale e sessuale in particolare, Ozon questa volta mette in scena una sorta di melodramma con risvolti da thriller psicologico, e venature dark nonché grottesche che ha per protagonista un trio di amici... più il morto. Che in questo caso è Laura, deceduta poco dopo aver messo al mondo la piccola Lucie, con cui Claire, la figura principale, ha avuto il rapporto più speciale della sua vita: le due si conoscevano fin da bambine, crescendo in simbiosi, con Laura sempre avanti di un passo ad aprire la strada a Claire nelle sue esperienze, matrimonio compreso. Sul letto di morte quest'ultima giura di non abbandonare Lucie e il giovane marito e padre, David. Nei primi giorni Claire, affranta, non trova nemmeno la forza di andarli a trovare ma poi, spinta dal coniuge, Gilles, si appresta a mantenere la promessa, scoprendo un segreto che Laura non la aveva mai rivelato: che a David piace travestirsi da donna e che Laura lo sapeva. Inizialmente spiazzata, si lascia man mano coinvolgere in un gioco delle parti che si sviluppa in una sorta di percorso di formazione del personaggio di Virginie, e lungo il quale ognuno dei protagonisti, passo per passo, compreso Gilles, va scoprendo tasselli della propria personalità e delle pulsioni più nascoste e inconfessate, abbattendo le prime resistenze attraverso l'abbandono ai sentimenti e alla comprensione dell'altro, che porta di rimando all'accettazione di sé stessi. Può essere questa, in fondo, la "morale" di quest'ultimo film di Ozon, ancora più spiazzante dei precedenti, dove l'ambientazione in un ambiente borghese medio-alto, in cui i protagonisti, che vivono in ville esageratamente spaziose per i loro bisogni, usufruiscono del "bel tempo" per lasciarsi prendere dalle loro indagini sperimentali su sé stessi e sull'altro, è indice della giocosità con cui è affrontato un argomento che è al contempo analizzato in modo profondo e, come sempre in Ozon, mai banale. Così come i personaggio del film passano da un genere all'altro, scoprendo i propri lati sia maschili, sia femminili sia, infine, ambivalenti, e per tutti, esemplarmente, David/Virginie (il bravissimo Romain Duris, che sembra sputato il Mick Jagger en travesti della copertina di "Have You Seen Your Mother Baby, Standing In The Shadow" o quello ambiguo di "Performance"), così il regista francese si muove agilmente e con maestria tra generi diversi, con tocchi degni di Hitchcock, Altman, Fassbinder e Almodóvar. E 'sempre un piacere andare a vedere un suo lavoro, e mai noioso.
Esploratore appassionato e sottile dell'ambiguità identitaria in generale e sessuale in particolare, Ozon questa volta mette in scena una sorta di melodramma con risvolti da thriller psicologico, e venature dark nonché grottesche che ha per protagonista un trio di amici... più il morto. Che in questo caso è Laura, deceduta poco dopo aver messo al mondo la piccola Lucie, con cui Claire, la figura principale, ha avuto il rapporto più speciale della sua vita: le due si conoscevano fin da bambine, crescendo in simbiosi, con Laura sempre avanti di un passo ad aprire la strada a Claire nelle sue esperienze, matrimonio compreso. Sul letto di morte quest'ultima giura di non abbandonare Lucie e il giovane marito e padre, David. Nei primi giorni Claire, affranta, non trova nemmeno la forza di andarli a trovare ma poi, spinta dal coniuge, Gilles, si appresta a mantenere la promessa, scoprendo un segreto che Laura non la aveva mai rivelato: che a David piace travestirsi da donna e che Laura lo sapeva. Inizialmente spiazzata, si lascia man mano coinvolgere in un gioco delle parti che si sviluppa in una sorta di percorso di formazione del personaggio di Virginie, e lungo il quale ognuno dei protagonisti, passo per passo, compreso Gilles, va scoprendo tasselli della propria personalità e delle pulsioni più nascoste e inconfessate, abbattendo le prime resistenze attraverso l'abbandono ai sentimenti e alla comprensione dell'altro, che porta di rimando all'accettazione di sé stessi. Può essere questa, in fondo, la "morale" di quest'ultimo film di Ozon, ancora più spiazzante dei precedenti, dove l'ambientazione in un ambiente borghese medio-alto, in cui i protagonisti, che vivono in ville esageratamente spaziose per i loro bisogni, usufruiscono del "bel tempo" per lasciarsi prendere dalle loro indagini sperimentali su sé stessi e sull'altro, è indice della giocosità con cui è affrontato un argomento che è al contempo analizzato in modo profondo e, come sempre in Ozon, mai banale. Così come i personaggio del film passano da un genere all'altro, scoprendo i propri lati sia maschili, sia femminili sia, infine, ambivalenti, e per tutti, esemplarmente, David/Virginie (il bravissimo Romain Duris, che sembra sputato il Mick Jagger en travesti della copertina di "Have You Seen Your Mother Baby, Standing In The Shadow" o quello ambiguo di "Performance"), così il regista francese si muove agilmente e con maestria tra generi diversi, con tocchi degni di Hitchcock, Altman, Fassbinder e Almodóvar. E 'sempre un piacere andare a vedere un suo lavoro, e mai noioso.
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