martedì 3 marzo 2015

Birdman

"Birdman" di Alejandro González Iñarritu. Con Micheal Keaton, Edward Norton, Andrea Riseborough, Zach Galifianakis, Emma Stone, Amy Ryan e altri. USA 2014 ★★★★★
Tendo a diffidare dei film che vincono l'Oscar perché spesso, come l'anno scorso con "12 anni schiavo", si rimane scornati quando lo si vede (a me è capitato qualche giorno su SKY e non l'ho considerato nemmeno degno di un post su questo modesto blog), ma in questo caso, per quanto mi riguarda, siamo dalle parti del capolavoro: pensavo che difficilmente mi avrebbe soddisfatto più di "Grand Hotel Budapest", ma sono uscito dalla sala davvero felice, col sorriso sulle labbra, carico di ottimismo ed energia. Perché questo è "Birdman": un concentrato di energia, di acutezza, di ironia che sfocia nel sarcasmo, compensata da una comprensione affettuosa e sincera per le umane debolezze, rispecchiate in modo esemplare da quella particolare categoria di bipedi che della parola e della maschera fanno il loro mestiere, ossia gli attori. E a proposito di questi ultimi, ecco un cast di fuoriclasse, anche se nessuno di essi gode della fama che meriterebbe ampiamente, a cominciare da Michael Keaton, su cui la vicenda sembra, e forse è, tagliata su misura. L'ex Batman impersona infatti Riggan Thompson, una star hollywoodiana che ha raggiunto il successo interpretando più volte Birdman, un supereroe alato, che si è trasferito dalla West alla East Coast per mettere in scena, a sue spese, in uno storico teatro di Broadway, una pièce tratta da uno dei più significativi racconti di Raymond Carver, "Di cosa parliamo quando parliamo d'amore", allo scopo di dimostrare a sé stesso e al suo pubblico di essere un vero attore, indipendentemente dal ruolo che lo ha reso popolare e lo perseguita fino a fagocitarlo. L'uccellaccio, il Birdman a cui ha dato corpo e volto, gli è restato così appiccicato che è diventato una parte di lui che lo tormenta, parlandogli e cercando di convincerlo a mollare la temeraria sfida e tornare a una gloria più sicura: è la sua voce interna che semina, appunto, il dubbio di non essere un buon attore, e nemmeno un buon padre per Sam, la figlia appena uscita da un centro di recupero per tossicomani che gli fa da assistente, o un buon compagno per la sua attuale donna, che lo è anche sulla scena, e un buon amico per Jake, l'agente che ha coinvolto in un impresa che può rovinarli. Le cose si complicano ancora di più quando, per sollevare lo spettacolo da un sicuro fiasco, come attore coprotagonista viene scelto Mike (Edward Norton: bravissimo), un grande talento ma un altrettanto grande stronzo. La vicenda, in cui i tratti surreali si fondono felicemente coi dettagli più realistici, sia per quanto riguarda gli oggetti, sia per quanto riguarda i caratteri dei personaggi, si svolge tutto all'interno del teatro e nelle sue pertinenze, in un dentro-e-fuori tra i suoi affascinanti meandri e il palcoscenico dove si svolgono le prove e poi le anteprime: l'amalgama tra grottesco e sottile analisi psicologica, aspetti noir e commedia , è semplicemente perfetto. Non anticipo altro perché vale la pena essere sorpresi quanto lo sono stato io che della trama conoscevo soltanto qualche accenno. L'uso dei piani sequenza è magistrale, i riferimenti cinematografici, in particolare a Robert Altman, trasparenti (e riconoscenti), i dialoghi geniali, in un'anarchia gioiosa e magicamente tenuta sotto controllo da un regista prodigioso e un livello di recitazione di categoria superiore: tutto funziona in un apparente caos generalizzato, compreso l'accompagnamento musicale, spesso costituito da una semplice rullata di batteria nei momenti topici suonata da un musicista che potrebbe essere di strada. Grazie di cuore a chi ha avuto l'idea, a chi l'ha prodotta, a chi l'ha recitata e a chi vi ha contribuito. Questo è cinema, spettacolo puro, senza bisogno di effetti speciali computerizzati.

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