mercoledì 24 ottobre 2007

Primavera australe


BUENOS AIRES - Ed eccomi finalmente di nuovo a Buenos Aires, dopo tre anni di latitanza. Complice una meravigliosa giornata primaverile, dopo le brume della piovosa San Paolo al cambio d'aereo all'alba, la Reina del Plata compare dopo il grandioso estuario in tutta la sua luce. Ordinata, con la sua planimetria squadrata, pulita, un cielo terso, azzurro e vasto come solo qui riesce ad essere, per me è sempre una gioia volver. Se anche nei suoi periodi peggiori (come durante la crisi dell'estate 2000-2001) è sempre stata una città vivibile ma anche reattiva, che non si fa domare, con personalità esuberante, l'ho ritrovata più in forma di come l'avevo lasciata. Lo si vede transitando tra avenidas e calles, non più invase dai cartoneros che recuperavano carta da riciclare dagli uffici, con meno mendicanti e venditori di mercanzia varia (che comunque non mancano), gente più sorridente. Mi sembra anche di aver notato diverse case in ristrutturazione e maggiore attenzione alle condizioni di strade e marciapiedi (questi ultimi da sempre un incubo, in città). E lo dicono anche i dati governativi: todo sigue bien (anche se la gente comune e i giornali non credono ai dati al ribasso dell'inflazione: quella percepita è perlomeno il doppio di quella ufficiale) e seguirá mejor se alle presidenziali di domenica si incoronerà, come ampiamente previsto dai pronostici, Cristina Fernandez de Kirchner, moglie dell'attuale presidente Nestor, che diventerebbe la prima presidentessa eletta dell'Argentina (la famigerata e inetta Isabelita, alla morte di Perón nel 1975, gli succedette per alcuni mesi in quanto vice) e prima staffetta in famiglia, e "senza passare dal via" (8 anni di Bush) come nel caso di Bill e Hillary (Rodham) Clinton. Seguirá mejor perche' Cristina sa come fare e continuerà l'opera meritoria del marito, il quale ha portato al sostanziale risanamento il Paese durante i quattro anni del suo mandato. Insomma non è il caso di cambiare una guida sicura, quella dei "Pinguini" patagonici, per avventurarsi nell'ignoto. Mentre il marito, si dice, potrebbe tentare l'avventura di creare finalmente un partito definitivamente post-peronista, che strizzi l'occhio al brasiliano Lula e faccia riferimento alle socialdemocrazie europee. Un po' meno soddisfatti, gli argentini, del fatto che con questo escamotage di scambiarsi i ruoli (sono previsti al massimo due mandati consecutivi) rischiano di trovarsi per i prossimi trent'anni governati a turno dalla coppia venuta dal freddo. Nulla sembra turbare una campagna elettorale che mi dicono di una noia mortale, in cui la signora si è dedicata piu' che altro ai viaggi all'estero (a spese dello Stato) e non si è mai degnata di partecipare a trasmissioni, e meno che mai dibattiti televisivi. Il tema che sta scaldando questi ultimi giorni è se Cristina Kirchner supererà o meno la quota del 40% dei voti validi per evitare il ballottaggio. Di stamattina la notizia che i candidati dell'opposizione (dal liberale Lopez-Murphy alla "bindiana" Elisa Carrió di Coalición Cívica, passando per il radicale Lavagna, più Alberto Rodríguez Saá e Jorge Sobisch) si sono messi d'accordo per tenere d'occhio gli scrutini e daranno vita, attraverso la messa in comune dei dati dei seggi campione dei propri partiti, a un centro di conteggio parallelo a quello ufficiale. Non è tanto o solo paura di brogli, ma si vuole evitare che prima delle 18 di domenica l'entourage presidenziale metta in giro degli exit poll in cui si annunciasse il superamento di quota 40% della strafavorita e quindi la sua vittoria al primo turno, scoraggiando il rush finale di elettori ancora dubbiosi. I candidati dell'opposizione, incapaci di trovare un accordo, sostengono che in fin dei conti sia un bene essersi presentati in ordine sparso, perché così i voti non si concentrerebbero già al primo turno sulla Kirchner, rimane da capire in base a quale prodigio potrebbero trovare un accordo una volta che uno di loro giungesse al ballottaggio. 

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