BUENOS AIRES - Ed
eccomi finalmente di nuovo a Buenos Aires, dopo tre anni di latitanza.
Complice una meravigliosa giornata primaverile, dopo le brume della
piovosa San Paolo al cambio d'aereo all'alba, la Reina del Plata compare
dopo il grandioso estuario in tutta la sua luce. Ordinata, con la sua
planimetria squadrata, pulita, un cielo terso, azzurro e vasto come solo
qui riesce ad essere, per me è sempre una gioia volver. Se
anche nei suoi periodi peggiori (come durante la crisi dell'estate
2000-2001) è sempre stata una città vivibile ma anche reattiva, che non
si fa domare, con personalità esuberante, l'ho ritrovata più in forma
di come l'avevo lasciata. Lo si vede transitando tra avenidas e calles, non più invase dai cartoneros che
recuperavano carta da riciclare dagli uffici, con meno mendicanti e
venditori di mercanzia varia (che comunque non mancano), gente più
sorridente. Mi sembra anche di aver notato diverse case in
ristrutturazione e maggiore attenzione alle condizioni di strade e
marciapiedi (questi ultimi da sempre un incubo, in città). E lo dicono
anche i dati governativi: todo sigue bien (anche se la gente
comune e i giornali non credono ai dati al ribasso dell'inflazione:
quella percepita è perlomeno il doppio di quella ufficiale) e seguirá mejor
se alle presidenziali di domenica si incoronerà, come ampiamente
previsto dai pronostici, Cristina Fernandez de Kirchner, moglie
dell'attuale presidente Nestor, che diventerebbe la prima presidentessa
eletta dell'Argentina (la famigerata e inetta Isabelita, alla morte di
Perón nel 1975, gli succedette per alcuni mesi in quanto vice) e prima
staffetta in famiglia, e "senza passare dal via" (8 anni di Bush) come
nel caso di Bill e Hillary (Rodham) Clinton. Seguirá mejor perche'
Cristina sa come fare e continuerà l'opera meritoria del marito, il
quale ha portato al sostanziale risanamento il Paese durante i quattro
anni del suo mandato. Insomma non è il caso di cambiare una guida
sicura, quella dei "Pinguini" patagonici, per avventurarsi nell'ignoto.
Mentre il marito, si dice, potrebbe tentare l'avventura di creare
finalmente un partito definitivamente post-peronista, che strizzi
l'occhio al brasiliano Lula e faccia riferimento alle socialdemocrazie
europee. Un po' meno soddisfatti, gli argentini, del fatto che con
questo escamotage di scambiarsi i ruoli (sono previsti al
massimo due mandati consecutivi) rischiano di trovarsi per i prossimi
trent'anni governati a turno dalla coppia venuta dal freddo. Nulla
sembra turbare una campagna elettorale che mi dicono di una noia
mortale, in cui la signora si è dedicata piu' che altro ai viaggi
all'estero (a spese dello Stato) e non si è mai degnata di partecipare a
trasmissioni, e meno che mai dibattiti televisivi. Il tema che sta
scaldando questi ultimi giorni è se Cristina Kirchner supererà o meno la
quota del 40% dei voti validi per evitare il ballottaggio. Di
stamattina la notizia che i candidati dell'opposizione (dal liberale
Lopez-Murphy alla "bindiana" Elisa Carrió di Coalición Cívica, passando
per il radicale Lavagna, più Alberto Rodríguez Saá e Jorge Sobisch) si
sono messi d'accordo per tenere d'occhio gli scrutini e daranno vita,
attraverso la messa in comune dei dati dei seggi campione dei propri
partiti, a un centro di conteggio parallelo a quello ufficiale. Non è
tanto o solo paura di brogli, ma si vuole evitare che prima delle 18 di
domenica l'entourage presidenziale metta in giro degli exit poll
in cui si annunciasse il superamento di quota 40% della strafavorita e
quindi la sua vittoria al primo turno, scoraggiando il rush finale di
elettori ancora dubbiosi. I candidati dell'opposizione, incapaci di
trovare un accordo, sostengono che in fin dei conti sia un bene essersi
presentati in ordine sparso, perché così i voti non si concentrerebbero
già al primo turno sulla Kirchner, rimane da capire in base a quale
prodigio potrebbero trovare un accordo una volta che uno di loro
giungesse al ballottaggio.
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