lunedì 22 ottobre 2007
Mafia e Ferrari: due primati italiani
Mi
trovo a Monaco di Baviera, in attesa domani di partire alla volta di
Buenos Aires, e avevo colto l'occasione per assistere stasera a una
delle rare esibizioni europee dei Pink Martini, gruppo cult
statunitense che gode di una certa notorietà anche in Italia. Superfluo
notare che a 500 chilometri dalla capitale morale, un tempo Milano, il
traffico scorre, i mezzi pubblici ti portano ovunque, i parcheggi si
trovano senza difficoltà, le persone sono capaci di sorridere, gli
immigrati stranieri, ben più numerosi che da noi, sono sicuramente ben
più integrati. Infine, e la cosa non guasta, la città, che pure è la più
gaudente della Germania, ha un costo della vita per molto aspetti
inferiore di Milano o della stessa Roma. Una volta tanto stamattina ero
quasi orgoglioso di essere italiano, perlomeno sportivamente, per il
Mondiale F1, sia piloti sia costruttori, conquistato ieri dalla Ferrari
in Brasile. I media tedeschi, più ferraristi e memori delle imprese di
Schumacher che nazionalisti a causa della Mercedes, hanno dato risalto
all'impresa e commentato con simpatia. Simpatia che non nutrono per i
"furbi", per l'occasione la scuderia anglo-tedesca MacLaren-Mercedes.
Equilibrio raro. Ma a riportarmi per terra, ossia alla reputazione di
cui purtroppo godiamo all'estero, una notizia (in realtà una non notizia: ignoravo soltanto la dimensione del fenomeno, ma dei sospetti li nutrivo) che campeggia sull'edizione on line
del "Corriere": la mafia sarebbe la prima azienda italiana, con un
fatturato di 90 miliardi di euro l'anno, pari al 7 % del PIL, secondo un
rapporto della Confesercenti. Sono queste le cose che rovinano un
Paese. Togliamoci dalla testa una volta per tutte che in giro per il
mondo siamo stimati e simpatici. Non è così, e notizie del genere non
aiutano.
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