giovedì 25 ottobre 2007
Nessuno vuol essere presidente (di seggio)
BUENOS AIRES -
Mentre l'opposizione disunita spara le sue ultime cartucce, di ieri
l'accordo per coordinare il lavoro dei propri rappresentanti di lista e
scrutatori e gestire insieme i dati provenienti dai seggi campione, il
paradosso di giornata è che nella Capital Federal, dei 17751 telegrammi
di notifca per la nomina di scrutatori e presidenti di seggio per
domenica prossima, ne sono tornati indietro 15249 alla commissione
elettorale. Ossia l'85,9 per cento. Nella maggior parte dei casi, il
destinatario è rimasto sconosciuto, complici parenti o vicini di casa
che hanno dichiarato che il convitato si è trasferito da poco, è in viaggio da mesi, non vive lì.
Tra coloro che hanno accettato la nomina, quasi la metà ha sollevato
impedimenti di vario genere. Non è una novità, ma una fuga di queste
dimensioni non si era mai registrata, un vero "fallimento sociale", come
sostiene un'alta fonte della magistratura elettorale. Si pensa ora di
correre ai ripari convocando, con un "meccanismo eccezionale", impiegati
e funzionari di giustizia, che verrebbero tra l'altro pagati il triplo
dei "coscritti" (che vengono invece sorteggiati), 180 pesos al posto di
60 (che sono l'equivalente di 15 euro o 20 dollari). La situazione non
cambia nella regione del Gran Buenos Aires, a Córdoba e nel suo
conurbano, in misura minore a Rosario e nel Chubut (Patagonia). Insomma
nelle zone più ricche, perché nell'interno, mettiamo a Purnamarca, oltre
al fatto che la nomina viene considerata un riconoscimento pubblico, 60
pesos valgono il doppio che nella capitale. Si discetta sulla cause:
dal disinteresse verso la politica alla campagna elettorale fiacca, alla
scarsa coscienza civile, ma anche gli emolumenti che sanno di elemosina
per un lavoro stressante e carico di responsabilità giocano un ruolo
(tutto il mondo è paese), in più ci mette del suo anche la commissione
elettorale, che a Santa Fé è stata capace di individuare uno dei rari
analfabeti argentini, per nominarlo alla carica. Tale Alberto Aguilera,
la chicca è del "Clarín" di oggi, che nel rinunciare ha anche
denunciato di non avere abbastanza soldi per viaggiare nella capitale
della Provincia al fine di perorare la propria sostituzione. Da un lato
si fa notare il venir meno di un senso del dovere civile, dall'altro si
polemizza sulle soluzioni: e se la maggioranza degli impiegati
ministeriali fosse iscritta a un sindacato vicino alla Kirchner? E se si
ipotizzasse di utilizzare i militari, per sostituire i cittadini
sorteggiati ma recalcitranti, non sarebbero propensi ad aiutare la
destra? Intanto la Gran Favorita, Cristina Kirchner, per la prima volta
dall'annuncio della propria candidatura, il 19 di luglio, si è concessa
ai media nazionali, radio e TV. La Signora "che sa cosa fare", come
recita uno dei suoi cartelloni elettorali, soprattutto con il botulino
quando non con il bisturi, tanto sembra plastificata, deve essersi resa
conto di non stare per niente simpatica agli elettori, molto meno del
marito, e mentre per la prima volta ha parlato dell'inflazione
(argomento su cui tornerò, facendo i conti della serva e servendomi della nasometria),
difendendo i dati ufficiali forniti dall'INDEC (il sistema in uso qui e
messo in discussione da mesi), ha promesso al contempo dei cambiamenti.
Risultato, la gente ha capito una cosa: o non ha le idee chiare, o le
cifre che si ostina e difendere sono sottostimate e favorevoli al
governo. In un pomeriggio temporalesco ho invece assistito alla
pittoresca chiusura della campagna elettorale di Pino (Fernando)
Solanas, il celebre registra di "Tangos, l'esilio di Gardel", "Sur" e
"Il viaggio", di cui anche in Italia sono di recente apparsi i due
film-denuncia-documentario "Diario di un saccheggio" (2004) e "La
dignità degli ultimi" (2005), veri e propri atti politici tradotti nella
sua candidatura a capo del Partito Socialista Autentico. Con un
programma tra l'altro pienamente condivisibile e per nulla estremista.
La "carovana" del candidato era preceduta da un "Pulqui" di cartapesta
(si tratta dell'unico aeroplano progettato interamente in Argentina,
negli anni Quaranta, che oltre a rappresentare un simbolo di progresso, allude alla necessità di risolvere da soli i propri problemi e di pensare
il futuro) e dopo una manifestazione di sostegno alle "Fabbriche
Recuperate" (dalle stesse maestranze, dopo la crisi di sette anni fa:
altro tema su cui vale la pena soffermarsi) si è chiusa davanti alla
sede della Repsol-YPF: pezzo forte del programma di Pino la ri-nazionalizzazione della compagnia petrolifera di Stato YPF, appunto, controllata dalla spagnola Repsol,
dei giacimenti di gas e delle miniere. Auguri a Pino, che è uno che si
ferma a parlare con chiunque senza dover salire alla ribalta, anche se
prevedo una Elisa Carrió con buone possibilità di andare al
ballottaggio. Con le sue mosse da Superstar Donna Cristina, anche se ha
cambiato registro alla campagna elettorale negli ultimi giorni, rimane
sempre una con la puzza sotto il naso e palesemente arrogante. Io ho
l'impressione che parecchi voteranno la Carrió perché se passasse al
secondo turno, fra gli oppositori è quella che potrebbe attirare più
voti si di sé. E l'aria che tira è quella, almeno, di non far eleggere
la strafavorita al primo turno con un plebiscito. Per limitarne un po'
la boria e il senso di onnipotenza. Qui nella Capital Federal la maggior
parte della gente con cui ho parlato ragiona così. Ma Buenos Aires non è
l'Argentina. E i porteños non sono molto amati nel resto del Paese.
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