lunedì 29 ottobre 2007
Il passato che non passa
BUENOS AIRES -
E' abbastanza sorprendente il risalto dato dalla stampa internazionale,
perfino da quella italiana, che quando si occupa di esteri lo fa quasi
esclusivamente per fare del gossip vippettaro o parlare degli ultimi
segreti di Hollywood, alle elezioni argentine di ieri. Qui, i
festeggiamenti si sono visti solo in televisione, da parte dei militanti
di professione e dei funzionari di partito, nei "bunker" dei diversi
comitati elettorali, mentre in Plaza de Mayo, storico punto di ritrovo
delle adunate politiche di ogni colore, ma peroniste in particolare, ai
cameraman delle postazioni TV mobili incautamente dislocate in zona non è
rimasto altro da fare che riprendere i cani a passeggio. Stamattina
all'edicola, ai bares de esquina per la colazione, alle fermate dei collectivos,
due parole, battute senza smalto, commenti pacati se non rassegnati.
Stasera gli argomenti erano già altri: l'aumento dei prezzi, o la crisi
del Boca, piuttosto. Gli argentini con aplomb britannico? Ma no. C'è un
bel po' di rassegnazione latente, in giro, e sfiducia nella politica. Il
fatto è, a mio parere, che si è riproposto un voto di classe, con una
vittoria del blocco sociale (e con connotati geografiche precisi) che ha
sempre sostenuto il peronismo, nel Paese, a partire dagli anni
Quaranta. I ceti bassi e medio-bassi e l'Argentina profonda, la
provincia. Compresa quella di Buenos Aires: Daniel Scioli, ex
vicepresidente in cordata con Cristina Kirchner e nuovo governatore, ha
ottenuto in percentuale dil doppio dei voti che la "presidenta" (come
vuol essere chiamata) ha ricevuto nella Capitale Federale. Sarà, se
riuscirà a governare con successo, un sicuro protagonista delle
presidenziali da qui a quattro anni. Insomma chi ha beneficiato
dell'uscita dalla crisi del 2001/2003, indubbio successo di Nestor
Kirchner, ha votato per la continuità: qualcuno sostiene che si
sia trattato un voto "conservatore" e non è un'interpretazione del tutto
fantasiosa. In Europa, e non solo, si parla spesso di "voto di
protesta": qui si è semmai verificato di un "voto di premio", o di
gratitudine, per i risultati conseguiti finora (e con la paura di
perderli). Se vogliamo un razionale voto col portafogli. I ceti medi,
non avendo l'assillo della sopravvivenza matreiale, hanno votato,
potendoselo permettere, col cuore e con la testa, per l'opposizione, per
quanto atomizzata e incapace di trovare un minimo comun denominatore.
Premiando in particolare chi ha insistito per una maggor trasparenza
istituzionale, la lotta alla corruzione, una maggior sicurezza. Hanno
avuto successo i candidati di estrazione radicale, come Elisa Carrió e,
in parte, Roberto Lavagna (L'Union Civica Radical, il partito più antico
del Paese, dopo la presidenza De la Rua è invece al dissesto totale,
come il PSI dopo Craxi) mentre hanno fatto un buco nell'acqua i rivali
peronisti della Primera Dama. Dicevo ieri che un'ipotesi è che Nestor
Kirchner si metta a lavorare alla costruzione di un partito
post-peronista, ma almeno dalla visuale della capitale la sensazione è
semmai del rischio di una riedizione di quello vecchio, di peronismo,
con le sue eterne contraddizioni, i suoi caudillos locali, le
sue molteplici anime. Credo dipenda da questo lo scarso entusiasmo che
si nota in giro, perlomeno nella città di Santa María de los Buenos
Aires.
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