"Le Ardenne - Oltre i confini dell'amore" (D'Ardennen) di Robin Pront. Con Kevin Janssens, Jeroen Perceval, Veerle Baetens, Jan Bijvoet, Viviane de Muynck. Belgio 2015 ★★★★+
Devo ammettere che da un noir belga, e fiammingo in particolare, non mi aspettavo un granché , e invece sono rimasto molto piacevolmente sorpreso dell'adattamento che Robib Pront, al suo esordio nel lungometraggio, è riuscito a fare della pièce teatrale di cui è autore proprio uno dei protagonisti, Jeroen Perceval, che nel film interpreta Dave, il fratello più ragionevole di Kenny, a cui si aggiungeva la fidanzata di quest'ultimo, Sylvie, a completare un terzetto di giovani sbandati della periferia di Anversa dediti alla droga e alle rapine per procacciarsela. Un colpo in una villa va male, Dave e Sylvie riescono a fuggire ma Kenny, un autentico psicopatico, viene beccato e condannato a sette anni di galera; non tradisce i suoi complici e dopo quattro anni lo fanno uscire. In questo periodo il fratello Dave è sempre andato a trovarlo regolarmente ogni settimana; Sylvie, dopo i primi due anni, ha smesso senza dare spiegazioni. Una volta fuori, tutto è cambiato: Dave ha smesso di bere e ha un lavoro regolare in un autolavaggio, Sylvie da due anni si è ripulita dall'eroina e frequenta un gruppo di aiuto per ex tossici e bevitori e ormai fa coppia con Dave con l'intenzione di mettere su famiglia (lei è pure incinta da poco) ma per il momento preferiscono non dirlo a Kenny per non sconvolgerlo subito con una novità di tale portata. Ma lui non è cambiato, e dopo essersi messo sulle tracce di lei ricomincia da capo con la sue intemperanze, tra risse, bevute, violenze, in cui coinvolge vieppiù il fratello, e di riflesso anche Sylvie, in un vortice autodistruttivo che non permette più alcuna spiegazione e rimedio. In realtà aveva intuito, se non capito, tutto e, seguendo la sua logica perversa ma ferrea, alla fine di un viaggio nelle tenebre che riporta i due fratelli nell'unico luogo dove siano stati felici, durante le estati della loro adolescenza, le Ardenne francofone, comunque un mondo "altro" rispetto a quello del degradato suburbio urbano a cui sono abituati, è l'unico che rimane vivo. Non vi è speranza, non vi è alcuna redenzione, nemmeno uno spiraglio eppure tutta la vicenda segue una logica implacabile, per quanto contorta possa apparire a una lettura superficiale, e non ha molto senso lamentare, come ha fatto qualcuno, che non avrebbe avuto molto senso la reticenza della nuova coppia a informare Kenny della situazione venutasi a creare: nella fattispecie. e con un personaggio come quest'ultimo, sarebbe stato impossibile farlo. Il film non si limita a essere un noir, peraltro di ottimo livello, cupo, incalzante, pieno di colpi di scena, implacabile, ma anche un notevole ritratto di psicologie problematiche e, da solo, un piccolo saggio sociologico. Ottima fotografia, molto convincenti tutti gli interpreti, anche l'accompagnamento di ossessiva musica elettronica contribuisce a creare inquietudine, e non lontano si odono echi di Tarantino e dei fratelli Coen, ma senza la sostanziale giocosità e ironia del primo e il disincanto sarcastico dei secondi: a loro Robin Pront deve molto, ma altrettanto ci ha messo di suo. Bravo!
Devo ammettere che da un noir belga, e fiammingo in particolare, non mi aspettavo un granché , e invece sono rimasto molto piacevolmente sorpreso dell'adattamento che Robib Pront, al suo esordio nel lungometraggio, è riuscito a fare della pièce teatrale di cui è autore proprio uno dei protagonisti, Jeroen Perceval, che nel film interpreta Dave, il fratello più ragionevole di Kenny, a cui si aggiungeva la fidanzata di quest'ultimo, Sylvie, a completare un terzetto di giovani sbandati della periferia di Anversa dediti alla droga e alle rapine per procacciarsela. Un colpo in una villa va male, Dave e Sylvie riescono a fuggire ma Kenny, un autentico psicopatico, viene beccato e condannato a sette anni di galera; non tradisce i suoi complici e dopo quattro anni lo fanno uscire. In questo periodo il fratello Dave è sempre andato a trovarlo regolarmente ogni settimana; Sylvie, dopo i primi due anni, ha smesso senza dare spiegazioni. Una volta fuori, tutto è cambiato: Dave ha smesso di bere e ha un lavoro regolare in un autolavaggio, Sylvie da due anni si è ripulita dall'eroina e frequenta un gruppo di aiuto per ex tossici e bevitori e ormai fa coppia con Dave con l'intenzione di mettere su famiglia (lei è pure incinta da poco) ma per il momento preferiscono non dirlo a Kenny per non sconvolgerlo subito con una novità di tale portata. Ma lui non è cambiato, e dopo essersi messo sulle tracce di lei ricomincia da capo con la sue intemperanze, tra risse, bevute, violenze, in cui coinvolge vieppiù il fratello, e di riflesso anche Sylvie, in un vortice autodistruttivo che non permette più alcuna spiegazione e rimedio. In realtà aveva intuito, se non capito, tutto e, seguendo la sua logica perversa ma ferrea, alla fine di un viaggio nelle tenebre che riporta i due fratelli nell'unico luogo dove siano stati felici, durante le estati della loro adolescenza, le Ardenne francofone, comunque un mondo "altro" rispetto a quello del degradato suburbio urbano a cui sono abituati, è l'unico che rimane vivo. Non vi è speranza, non vi è alcuna redenzione, nemmeno uno spiraglio eppure tutta la vicenda segue una logica implacabile, per quanto contorta possa apparire a una lettura superficiale, e non ha molto senso lamentare, come ha fatto qualcuno, che non avrebbe avuto molto senso la reticenza della nuova coppia a informare Kenny della situazione venutasi a creare: nella fattispecie. e con un personaggio come quest'ultimo, sarebbe stato impossibile farlo. Il film non si limita a essere un noir, peraltro di ottimo livello, cupo, incalzante, pieno di colpi di scena, implacabile, ma anche un notevole ritratto di psicologie problematiche e, da solo, un piccolo saggio sociologico. Ottima fotografia, molto convincenti tutti gli interpreti, anche l'accompagnamento di ossessiva musica elettronica contribuisce a creare inquietudine, e non lontano si odono echi di Tarantino e dei fratelli Coen, ma senza la sostanziale giocosità e ironia del primo e il disincanto sarcastico dei secondi: a loro Robin Pront deve molto, ma altrettanto ci ha messo di suo. Bravo!
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