martedì 27 maggio 2025

Il Mohicano

"Il Mohicano" (Le Mohican) di Frédéric Farrucci. Con Alexis Manenti, Mara Taquin, Theo Frimigacci, Paul Garatte, Marie-Pierre Nouveau, Michel Ferracci, Jean Michelangeli, Dominique Colombani, Didier Ferrari, Daniel Di Grazia, Flavio Dominici e altri. Francia 2024 ★★★★

Titolo da western per un dramma/noir che di fatto è un film dall'intento fortemente politico e di denuncia, ambientato in un'assolata Corsica, scritto e diretto da un còrso e interpretato prevalentemente da còrsi in lingua còrsa, e talvolta in un ibrido franco-italiano. Joseph è uno degli ultimi pastori a praticare l'allevamento di capre in un terreno in prossimità della costa e che le fa pascolare in riva al mare: l'appezzamento su cui si trova il suo ovile fa però gola agli immobiliaristi venuti da fuori che hanno in programma l'ennesima speculazione edilizia in favore del turismo cannibale che da decenni ormai imperversa sull'isola. A dar loro manforte è la mafia locale, che manda un suo emissario a convincere Joseph a vendere la sua proprietà: tutti i suoi vicini lo hanno già fatto, in cambio somme di denaro "a cui non si può rinunciare"; lui invece rifiuta la "generosa offerta" e finisce male, perché lo scagnozzo è entrato in casa sua armato e il pastore gli spara, uccidendolo. Un caso esemplare di legittima difesa, ma Joseph fugge, perché i malavitosi, in combutta con gli speculatori e, si fa capire, anche con la polizia, sono sulle sue tracce e lo vogliono vivo, perché quel che occorre è la sua firma, unico modo perché il trapasso di proprietà avvenga con tutti i crismi della legalità (formale). Un suo zio, solidale con lui, gli organizza un passaggio in Sardegna ma rimane a sua volta ucciso dai mafiosi e così Joseph continua la sua latitanza con la copertura e l'aiuto di buona parte della popolazione e, nel frattempo, la sua fama cresce e, grazie all'iniziativa di Vannina, una nipote che vive a Parigi e sta trascorrendo le vacanze sulla sua isola d'origine, che si è messa a diffondere le sue gesta e la sua versione dei fatti attraverso un utilizzo puntuale dei moderni mezzi di comunicazione sociale, sta trasformando le sue peripezie in una sorta di leggenda e il pastore diventa un eroe locale, simbolo sia dell'insofferenza contro l'invasione della Corsica da parte di speculatori senza scrupoli venuti dal continente e che favoriscono un turismo strafottente e volgare, sia di un mai sopito spirito indipendentista che sa sempre anima buona parte della popolazione, che spesso si è trasformato in episodi di vera e propria rivolta. Joseph diventa così il Mohicano, anzi: l'ultimo dei Mohicani, celebrato anche con una canzone scritta per lui e che spopola nei locali frequentati dagli indigeni, diventando un vero e proprio inno mentre la sua immagine stilizzata compare in ogni parte sui massi che costeggiano le suggestive strade di quest'isola selvaggia e orgogliosamente gelosa della propria identità. Non rivelo naturalmente il finale della storia, ma si esce dalla sala con la sensazione che, in qualche modo, una certa giustizia di fondo è fatta anche se la lotta contro lo scempio dei territori è pressoché impossibile da  vincere, considerata la coalizione di forze che lo sostengono per il proprio tornaconto e la protezione che godono da parte del potere politico, ma non lo è la presa di coscienza di chi vi si oppone. Film asciutto, essenziale, senza fronzoli, sentito e autentico: piace per questo e merita di essere visto. 

mercoledì 21 maggio 2025

Reinas

"Reinas" di Klaudia Reynicke. Con Abril Gjurinović, Luana Vega, Jimena Lindo, Gonzalo Molina, Susi Sánchez. Svizzera, Denise Arregui, Tatiana Astengo, Fabrizio Aguilar Boschetti e altri. Perú, Svizzera 2024 ★★★★

Mentre in Italia si levano alti lai, per carità, giustificati, da parte di registi, attori, maestranze sullo stato penoso del cinema italiano, privo di sostegno pubblico e nel totale disinteresse del governo (perché stupirsi?), è un peccato che non venga meglio distribuito e valorizzato quello latino-americano, capace di produzioni pregevoli pur potendo contare su finanziamenti modesti, che ci è culturalmente sicuramente più affine di quello statunitense. Dopo il bellissimo e commovente Io sono ancora qui di Walter Selles, ecco Klaudia Reynecke, regista svizzero-peruviana che ci riporta nel clima rovente del Paese andino negli anni Novanta, col governo Fujimori alle prese con la lotta armata di Sendero Luminoso, di fatto una guerra civile durata un paio di decenni ed entrata nella fase decisiva, con una storia minima, famigliare, che comunque è condizionata dagli eventi esterni alle mura di casa. In quella situazione di tensione e incertezza continua, Elena (Jimena Lindo), due figlie, separata, che ha un buon impiego in un'agenzia di viaggi, ha ricevuto un'offerta di lavoro dal Minnesota, nei tanto agognati USA, e le manca solo la firma del marito Carlos (Gonzalo Molina), da cui vive separata e che ormai latita da anni, per partire assieme alle due ragazze: Aurora, adolescente, e Lucia, più piccola, molto unite e complici a differenza dei genitori: Reinas, il nomignolo con cui le vezzeggia il genitore fuggitivo. Ed ecco che ricompare, Carlos, che vive di espedienti (al momento tassista abusivo a bordo di un'auto sgangherata e che fa piccoli traffici, spesso baratti, in un Paese in crisi anche economica) e se la racconta, facendo il simpatico: porta al mare le ragazze spacciandosi per un agente dei servizi riservati, fa il simpatico cercando di riconquistarne l'affetto dopo averle, di fatto, abbandonate e, quanto alla firma per permetterne l'espatrio, tergiversa. Una vicenda famigliare in esterni (sulle spiagge della capitale, eternamente immersa nella garúa, la foschia spesso tossica che grava su Lima) quando le ragazze sono in giro scarrozzate da Carlos, e in interni quando si trovsno nella casa dove vivono con la nonna e la madre, a Miraflores, il quartiere residenziale e "bianco" (così come Colonia Roma di Città di Messico, che dà il titolo al film con cui Alfonso Cuarón vinse, per una volta meritatamente, il Leone d'Oro nel 2018, con cui Reinas ha non poche affinità pur non raggiungendone la raffinatezza estetica), con contorno di zii, amici (ispanici) e domestici (non a caso tutti meticci o andini): una realtà che le ragazze non vorrebbero lasciare. Quando, tra un black out elettrico e una continua battaglia contro il tempo a causa del vigente coprifuoco, alla fine Carlos acconsentirà a firmare l'assenso per l'espatrio, pur col dispiacere del distacco e forse il rimpianto per averle trascurate prima, dirà che comunque hanno il privilegio della libertà scelta, ossia di lasciare un Paese in disfacimento e in una crisi forse irreversibile: una libertà che di fatto riguarda soltanto quel 15% di popolazione criolla e bianca che di fatto comanda da sempre in Perú. Un film dunque che racconta una storia privata inserendola, senza farla fagocitare, in un contesto storico più grande, dove la forza sta nella rendere le sfumature delle relazioni interpersonali tra persone che hanno età, visioni e aspettative di vita diverse rispettandone i rispettivi punti di vista. e la cosa riesce grazie all'eccellente interpretazione di tutto il cast, a cominciare da quelli nominati sopra oltre a Gimena Sánchez nella parte della borghesissima nonna e suocera di Carlos. Film come questo andrebbero valorizzati meglio.

giovedì 15 maggio 2025

Black Bag (Doppio Gioco)

"Black Bag (Doppio Gioco)" (Black Bag) di Steven Soderbergh. Con Cate Blanchett, Michael Fassbender, Marisa Abela, Tom Burque, Naomie Harris, Regé-Jean Page, Gustaf Skarsgård, Ambika Mod, Pierce Brosnan e altri. USA 2025 ★★★★+

In una stagione cinematograficamente deludente e arida, Steven Soderbergh è comunque una garanzia, e non si smentisce con questo film apparentemente di spionaggio, che in realtà è, ma non solo, una commedia, frutto di una commistione di generi a cui il regista statunitense ci ha abituato fin dagli esordi, riuscendo sempre a coniugarli con risultati in grado di soddisfare il palato di ogni tipo di spettatore, anche i più esigenti, in nome dell'intrattenimento intelligente. Qui la spy story, non a caso ambientata a Londra, in omaggio tanto ad Alfred Hitchcock quanto alla saga di 007 (vedi anche il cameo di Pierce Brosnan) è un pretesto per indagare sul potere della menzogna e sull'amore coniugale (o di coppia in generale) e sulla fedeltà (alla patria, o ideale), il tutto in tempi in cui domina il dibattito su fake news e IA: il mondo dello spionaggio ne è lo specchio ideale, e qui abbiamo un gioco di tre coppie, tutte appartenenti a quell'ambiente, e a George Woodehouse (un glaciale Michael Fassbender che ricorda in maniera impressionante Michael Caine nei panni dell'indimenticabile Harry Palmer della serie iniziata con Ipcress), alto funzionario dei servizi segreti britannici, tocca scoprire chi tra loro è la "talpa" che ha venduto, e a che scopo, Severus, nome in codice di un software riservatissimo. Tra i cinque "papabili", però, c'è anche sua moglie Kathryn (una Cate Banchet in forma smagliante), che caratterialmente è il suo opposto (sempre a proposito di gioco degli specchi); gli altri sono Clarissa, l'esperta nello studio delle immagini da satellite; Freddy, suo partner nonché superiore; Joe, la psichiatra del servizio segreto e il suo partner James, agente pure lui. George, col pretesto di una cena, li riunisce e, per renderli più loquaci, aggiunge al cibo una sostanza che li rende più loquaci e del tutto disinibiti: vengono allo scoperto numerosi altarini, ossia inclinazioni insospettabili, tradimenti reciproci e manipolazioni, che del resto fanno parte del bagaglio della loro professione, ma la situazione non si chiarisce nemmeno dopo l'assassinio di Meacham, colui che aveva rivelato a George la fuga di notizie su Severus e fornito la lista dei sospetti. L'indagine di George dura una settimana, e la maggiore indiziata sembra proprio la sua amata consorte, che peraltro è l'unica a muoversi da Londra per recarsi a Zurigo per una Black Bag, in gergo un'azione sotto copertura, il cui scopo dev'essere all'oscuro perfino dei colleghi, dove incontrerà degli agenti russi e farà un'operazione bancaria coperta, va da sé, dal più totale segreto. Ma le cose non sono così come sembrano, e le carte si scopriranno in un secondo convegno dei sei personaggi (in cerca di un assassino e traditore) organizzato da George nel migliore stile di Nero Wolfe (per chi conosce il possente e diabolicamente scaltro investigatore creato da Rex Stout) dove sul tavolo comparirà, invece, una pistola (caricata a salve) che svelerà il colpevole... Non importa che sia impossibile seguire del tutto la trama e meno che mai comprendere i termini tecnici di cui è infarcita la sceneggiatura, basata tutta sui dialoghi e che lascia assai poco all'azione, ma tutto funziona a meraviglia, si rimane avvinti dall'intreccio e incollati allo schermo e il 93' del film filano via che è un piacere. Avercene, di pellicole così, con un cast che funziona come un cronografo di precisione e un regista quanto mai in forma, così come il suo sceneggiatore, David Koepp. 

giovedì 8 maggio 2025

Generazione romantica

"Generazione romantica" (Caught by the Tides) di Jia Zhangke. Con Zhao Tao, Zhubin Lee, You Zhou, Xi Changchu, Maotao Hu e altri. Cina 2024 ★★★★+

Gran bel film quello di Jia Zhangke, già Leone d'Oro nel 2006 per Still Life, anche quello ambientato nella fase di costruzione della Diga delle Tre Gole sul Fume Azzurro, progetto faraonico che ha comportato lo sfollamento di quasi un milione e mezzo di persone per la sua realizzazione: la seconda diga più grande del mondo dopo quella di Itaipú, tra Brasile e Paraguay, e la centrale elettrica più potente che esista. Particolarmente interessante, perché realizzato con filmati che prendono il via dall'inizio del Millennio, nel pieno dei lavori in corso, quindi in parte girati in sedici millimetri e riconvertiti, all'epoca del post Covid: il lavoro di assemblaggio delle diverse parti ha occupato il regista per tre anni dopo le pesanti restrizioni imposte in Cina durante e dopo la pandemia. Tempo per riflettere, amalgamare il tutto, renderlo fluido e racchiuderlo in una pellicola della durata di poco meno di due ore, essenziali e allo stesso momento scorrevoli. Raccontando l'evolversi di una storia d'amore, lungo l'arco di vent'anni, Jia Zhangke mostra al contempo gli enormi cambiamenti della società del suo Paese nello stesso periodo, che ne hanno letteralmente mutato l'aspetto e il modo di vivere. Siamo a Datong eattorno al 2000 ed è epoca di grandi trasformazioni e modernizzazione: Bin e Qiaoqiao (la bravissima Zhao Tao, che è anche moglie del regista e conosciuta in Italia per l'intenso Io sono Li, del 2011, per la regìa di Andrea Segre e ambientato a Chioggia) hanno una relazione stabile, lei è una modella che si esibisce anche come ballerina e cantante, lui traffica in campo immobiliare, è attratto dal denaro e decide di lasciare la città per cercare fortuna altrove: promette di tornare ma non mantiene la parola. Sarà lei, invece, a cercarlo, attraverso varie peripezie, ma lo reincontrerà solo vent'anni dopo, appena terminata la pandemia, quando Bin tornerà, povero in canna e ormai malridotto, nella città dove tutto era cominciato. In parte documentario e in parte finzione, l'evoluzione della relazione corre parallela, come si diceva, ai mutamenti del Paese, mostrati plasticamente e che si riflettono nella vita sociale come in quella personale, il valore del film è quindi doppio ed estremamente consigliato per cercare di capire in che direzione sta andando quella che è ormai la più grande potenza economica, e non solo, del mondo. Distribuito dalla mai abbastanza lodata Tucker Film, particolarmente attenda al cinema asiatico, ne consiglio caldamente la visione.