"Io sono ancora qui" (Ainda estou aquí) di Walter Salles. Con Fernanda Torres, Selton Mello, Valentina Herszage, Maria Manuella, Bárbara Luz, Fernanda Montenegro, Maeve Jinkings, Humberto Carrão e altri. Brasile, Francia 2024 ★★★★★
Ci tenevo molto a vedere l'ultimo lavoro di Walter Salles, famoso qui in Italia per Central do Brasil, il suo primo film del 1998 (la cui protagonista, Fernanda Montenegro, è qui in un cameo come Eunice Facciolla da vecchia), City of God e I diari della motocicletta, sul viaggio latinoamericano su due ruote di Che Guevara da giovane. Presentato in anteprima a settembre all'81ª mostra del Cinema di Venezia, è certamente il suo film più personale, avendo conosciuto e frequentato la famiglia Paiva da giovane, rifacendosi quindi ai suoi stessi ricordi nonché a quelli del suo quasi coetaneo e amico Marcelo Paiva, ché è anche da un suo libro autobiografico che è tratto il lungometraggio. E' la storia della resistenza, innanzitutto morale, di una donna, Eunice Facciolla, madre di cinque figli e moglie dell'ex deputato trabalhista Rubens Paiva, ingegnere, la cui attività politica era stata interrotta dal golpe del 1964: la prima di una lunga serie di dittature nel Continente Desaparecido, come lo chiamava Gianni Minà, uno dei pochi giornalisti italiani (con Giangiacomo Foà e Italo Moretti), che se ne occupavano con competenza, nel pressoché totale disinteresse del nostro Paese, benché abitato da decine di milioni di discendenti di italiani. Pochi qui da noi se lo ricordano, ma la dittatura dei Gorilas durò ben 21 anni, come il fascismo da noi. Paiva padre venne arrestato nella sua casa e portato in caserma nel 1971, ma non se ne seppe più nulla ed Eunice (che nel frattempo per ottenere giustizia si sarà laureata in giurisprudenza) solo 25 anni più tardi, grazie alla Legge degli Scomparsi, potrà dichiararsi vedova perché lo Stato ha riconosciuto le responsabilità dell'esercito. E' la vicenda di questa donna e della sua famiglia che viene raccontata, e Salles lo fa con cognizione di causa, rendendo con le sue immagini perfettamente il clima della Rio de Janeiro degli anni Settanta, in un Brasile in pieno boom economico nonostante la dittatura militare: un Paese frizzante, vivace, con una gioventù ribelle molto simile a quella europea e statunitense. La preoccupazione dei Paiva è semmai per l'esuberanza della figlia maggiore Veronica, detta Veroca, che filma le vicende con la sua telecamera Super8: simpatizzante del movimento studentesco, viene per precauzione spedita a Londra presso amici, invece la vita di questa famiglia benestante, progressista e colta viene minata dal sequestro, a casa sua, di fronte alla spiaggia di Leblon, la più bella e suggestiva della Cidade Maravilhosa, di Paiva padre, di cui non si saprà più nulla, come detto, per 15 anni. Anche Eunice, inizialmente, verrà portata in una caserma dell'esercito e trattenuta per una settimana, e lì vedrà coi suoi occhi, senza poterlo provare, l'automobile del marito. Il film racconta la grande forza morale di questa donna, che invece di piangere sorride, si reinventa, cresce i suoi figli dando loro sicurezza, affetto e proteggendoli per quanto possibile; racconta efficacemente la cerchia degli amici, intellettuali che si oppongono per quanto possibile della dittatura, che li perseguita come possibili complici della lotta armata: sono state decine di migliaia gli esuli, all'estero (un caso per tutti: Chico Buarque de Hollanda proprio da noi in Italia) e in patria (Paratí, una delle più belle e note cittadine coloniali brasiliane, era stata di fatto per un ventennio una sorta di enclave per dissidenti, gente di cultura e professionisti, che il regime non poteva permettersi di eliminare, ma isolare e rendere innocui sì). Dopo la sparizione di Rubens Paiva la famiglia si trasferirà a San Paolo, Veroca tornerà in patria, Marcelo subirà un incidente (raccontato nel suo libro d'esordio, Benvenuto anno vecchio, di travolgente successo e che ai tempi mi aveva colpito molto: mi rendo conto solo sul finire del film che si tratta di lui) che lo lascerà tetraplegico ma attivo come scrittore, giornalista e sceneggiatore. La vera protagonista però è la madre, Eunice, una grandissima Fernanda Torres, così come un più che credibile Selton Mello rende perfettamente, anche per la somiglianza, l'indole e il carattere di Rubens Paiva. Dopo tanto lottare, Eunice, significativamente, verrà colpita dal morbo di Alzheimer: forse l'unico modo che aveva per dimenticare un così grande dolore affrontato con un coraggio da leonessa. Sarà anche un film generazionale, che un boomer come me non poteva perdere, ma lo ritengo necessario per non dimenticare. Sincero, senza smancerie, senza mai cadere nel mélo, ma che punta dritto al cuore, perché sincero, umano e vero.
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