"Eterno visionario" di Michele Placido. Con Fabrizio Bentivoglio, Federica Vincenti, Valeria Bruni Tedeschi, Giancarlo Commare, Aurora Giovinazzo, Michelangelo Placido, Michele Placido e altri. Italia 2024 ★1/2
Con tutta la stima e simpatia che nutro per Michele Placido, e pertanto passibile di pregiudizio positivo nei suoi confronti, sarei insincero se affermassi che questa sua ultima fatica, la 16ª regia, se non vado errato, mi abbia soddisfatto. Uscito quasi in contemporanea con il 90° anniversario della assegnazione del Nobel per la letteratura a Luigi Pirandello, autore che Placido ha avuto modo di incrociare più volte nella sua carriera, teatrale e cinematografica, in Eterno amore il drammaturgo siciliano, interpretato da un Fabrizio Bentivoglio che non riesce, o non vuole, mascherare il suo accento decisamente lombardo-veneto, ripercorre come in un film gli ultimi 15 anni della propria vita, famigliare, sentimentale, professionale e i fantasmi che l'hanno popolata, dalla follia della moglie, all'amore assoluto quanto senile e impossibile per Marta Abba, l'attrice che fu la sua musa ispiratrice, il rapporto tanto intenso quanto difficile con i tre figli e quello controverso col fascismo, i successi e i fiaschi teatrali, l'incontro con il mondo del cinema nella Berlino di fine Weimar per una collaborazione, poi non riuscita, con il geniale regista tedesco Friedrich Murnau. Tutto questo in una serie di flash back nel corso di una notte insonne durante la trasferta in treno, da Amburgo a Stoccolma, per ritirare il prestigioso premio e tenervi il discorso di accettazione davanti all'Accademia Reale Svedese, accompagnato soltanto dal suo agente letterario Saul Colin, la cui parte si è riservata lo stesso Placido attraverso alcuni brevi camei in una delle rare interpretazioni convincenti del film. Le altre sono della sua ultima moglie (e musa? Gli aspetti autobiografici traspariscono non poco) Federica Vincenti (Marta Abba) e dello stesso Bentivoglio, al quale però un trucco meno approssimativo avrebbe giovato non poco. Volendo si potrebbe ritenere valida la prestazione di Valeria Bruni Tedeschi, altrimenti insopportabile come la sua voce, al cui confronto quella di Valeria Golino risulta flautata, nell'unico ruolo che è in grado di recitare: quello della nevrastenica, qui all'ultimo stadio, ossia Antonietta Portulano, internata nel 1919, afflizione continua del letterato siciliano e della sua discendenza. Peccato che la cadenza di un'agrigentina pura del secolo scorso risulti semmai sabauda: e ci risiamo con l'accento, che stona anche nel personaggio di Pirandello. Sugli altri attori meglio stendere un pietoso velo. Come se non bastasse, i 110 minuti di durata della pellicola sono così pesanti da sembrare troppi, e il confronto con il bellissimo La stranezza di Roberto Andò di due anni fa, che aveva come tema i tormenti (qui "fantasmi") di un Pirandello in crisi di ispirazione che trova lo spunto per il suoi "Sei personaggi" è impietoso. Spiace, ma con Eterno visionario non ci siamo proprio.
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