"Berlinguer - La grande ambizione" di Andrea Segre. Con Elio Germano, Elena Radoncich, Stefano Abbati, Paolo Calabresi, Francesco Acquaroli, Andrea Pennacchi, Fabio Bussotti, Giorgio Tirabassi, Fabrizia Sacchi, Roberto Citran, Paolo Pierobon, Pierluigi Corallo. Italia 2024 ★★★★1/2
Sono stato indeciso fino all'ultimo se andare a vedere o meno l'ultimo lavoro di Andrea Segre, che ripercorre alcuni anni cruciali nella vita e nella storia ormai non più tanto recente italiana, dal 1973 al 1978, attraverso quella dell'allora segretario del più grande partito comunista dell'Occidente, Enrico Berlinguer. Il timore di assistere a un "santino" era troppo forte, e conoscendo per esperienza l'inclinazione al culto della personalità a cui indulgevano i suiveurs del PCI e dintorni, che Segre, in quanto documentarista tra i più validi avrebbe certamente consultato, ne paventavo il risultato. Le critiche che leggevo alla sua uscita erano contrastanti: a Luciana Castellina era piaciuto il film ma non il ritratto "politico" di un uomo che aveva conosciuto molto bene di persona; Nanni Moretti, che non parla mai a caso, aveva fatto notare che "se Andrea Segre ed Elio Gemano avessero avuto vent'anni nel 1973 avrebbero odiato il compromesso storico". Io, come il buon Nanni, li avevo e concordo in pieno, così come non condividevo per niente la maggior parte delle scelte di Berlinguer. E non ho cambiato parere nemmeno dopo 50 anni. Ma la stima per Segre, che ho seguito dai suoi primi lavori e mai mi aveva deluso, e quella per Elio Germano, uno dei migliori attori in attività, di cui condivido anche le idee, erano tali che, negli ultimi giorni di programmazione in sala, mi sono finalmente deciso. E "santino" non è stato. Nessuna apologia del politico e nessuna santificazione dell'uomo, che comunque condivideva la stima della stragrande maggioranza degli italiani, perché nessuno (nemmeno i fascisti, a cominciare da Almirante) mai ha messo in dubbio la sua moralità, misura, correttezza e di cui trasparivano onestà, timidezza, serietà ma anche una certa vena scherzosa e ironica: era un uomo, non una macchietta, come altri personaggi dell'epoca, che comunque rispetto agli attuali protagonisti di una scena politica di raro squallore, giganteggiavano. Inframmezzato da filmati d'epoca (me ne aspettavo di più) La grande ambizione racconta la vita di Berlinguer tra famiglia e partito, nei momento cruciali di quel quinquennio, dalle riflessioni sulla possibilità che le cose in Italia andassero come in Cile se il PCI fosse arrivato al governo attraverso il voto, da cui la necessità di allearsi non tanto e non solo con i cattolici in quanto tali, ma con quella Democrazia Cristiana, dove Moro e le correnti di sinistra erano l'eccezione, e non la regola; il tentativo da parte dei servizi segreti bulgari di eliminarlo durante un viaggio a Sofia; la vicenda del divorzio e la clamorosa avanzata di consensi alle elezioni amministrative del 1975 e poi alle politiche del 1976, dopo l'intervento, a Mosca, al 25° Congresso del PCUS e relativo "strappo", quando il PCI raggiunse il 34% dei voti; il 1977 e la dura contestazione da parte del Movimento del 1977; sullo sfondo lo stillicidio degli attentati orchestrati da fascisti e servizi più o meno deviati e le incessanti manovre di questi ultimi; infine il sequestro di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse proprio nel giorno, il 16 marzo del 1978, in cui al Parlamento era prevista la presentazione del programma del quarto governo Andreotti: il precedente aveva goduto della "non sfiducia" da parte del PCI, questo del suo appoggio esterno, ma diretto. Non che la base, e buona parte del partito ne fosse convinta: e questo risulta anche dal film, che non giustifica per nulla le scelte del segretario comunista, a cominciare da quella sua accettazione dell'"ombrello" della NATO, che era qualcosa di più della semplice constatazione della situazione di fatto, che mal si concilia con la coscienza, che pure aveva, che gli USA non avrebbero mai accettato la presenza dei comunisti italiani al governo, come risulta evidente anche dall'esito della vicenda Moro, quando, coerentemente con sue idee (e contro quelle di buona parte della popolazione nonché delle altre forze di sinistra, quella parlamentare del PSI e quella nelle piazze e fuori dai palazzi) schierò il PCI contro ogni trattativa con i rapitori (e quella del contrasto ai nemici "a sinistra" è sempre stata una fissazione di quel partito). Insomma la "Grande ambizione" del titolo non esclude le ambiguità del personaggio, almeno sul piano politico, né l'estrema complessità del periodo in questione. Alla fine trovo il film molto equilibrato, che non trancia giudizi, capace di rendere piuttosto bene l'aria che tirava e lo spirito del tempo, oltre che, se non soprattutto, dell'uomo Berlinguer reso dal protagonista del film. Ché l'interpretazione che ne fa Elio Germano è tra le sue migliori ed efficaci, da fuoriclasse, ma non scherzano nemmeno i colleghi che danno il volto al resto dello stato maggiore del Partitone, alcuni dei quali ho avuto modo di vedere e anche conoscere dal vero, tutti resi in maniera assai credibile, anche se mancano Pajetta e Amendola, tra i più rappresentativi. Insomma bravissimi tutti a cominciare da Andrea Segre, che ha fugato tutti i miei dubbi preventivi e che a me non sembra proprio aver amato, a posteriori e pregiudizialmente, il compromesso storico. Traspare, invece, l'abisso di partecipazione (e di speranza) con il giorno d'oggi.
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