"Grand Tour" di Miguel Gomes. Con Gonçalo Waddington, Crista Alfaiate, Cláudio da Silva, Lang Khê Tran, Jorge Andrade, João Pedro Vaz, Jani Zhao, Teresa Madruga, Manuela Couto, Diogo Dória e altri. Portogallo, Italia, Francia Germania, Giappone, Cina 2024 ★★★★★
Un film caleidoscopico, evocativo, originale, che gioca col tempo e con lo spazio, e alterna immagini girate dal regista portoghese durante un relativamente recente viaggio nel Sud Est Asiatico, in Cina e in Giappone e il set allestito a Lisbona, dove è stato realizzato e montato, durante il periodo del Covid 19, raccontando la storia di una fuga (dal matrimonio) e di un inseguimento che si immagina avvenuti nel 1917. La fuga è quella che occupa la prima metà del film e ha per protagonista Edward, un funzionario coloniale britannico, che si trova Rangoon, allora capitale della Birmania, dove riceve per telegramma l'annuncio dell'imminente arrivo della fidanzata che non vede da sette anni, e dà il via a una peregrinazione che segue l'itinerario di un tipico Grand Tour in quell'area del mondo, valida ai quei tempi così come ora, e lo porta via via a Singapore, Bangkok, Saigon, Manila, in Cina, in Giappone, in Cina ai confini del Tibet; a ogni tappa scatta lo stesso meccanismo, perché lo raggiunge la notizia della prossimo venuta della tenace promessa sposa, Molly Singleton che, per nulla sgomenta e perfino divertita all'idea di questa imprevista avventura, la vive immergendosi nel clima e nelle suggestioni del viaggio gustandola giorno per giorno, incurante delle conseguenze. Incontri sorprendenti, intensi quanto fuggevoli, scoperte, imprevisti, esprimendo molto bene le sensazioni di quel "lasciarsi andare" che è tipico di un Europeo che incontra un mondo che non conosce, non capirà mai del tutto ma che lo affascina e a cui alla fine si adegua e si abbandona. Non a caso il film è parlato, e perfino raccontato (e opportunamente sottotitolato), in tutte le lingue dei Paesi attraversati, salvo che in portoghese quando a esprimersi sono i protagonisti. Avendo fatto più volte a mia volta dei Grand Tour immersivi da quelle parti, non mi ha stupito di ritrovamici in pieno, a prescindere dalla storia, che l'autore ha tratto da Il gentiluomo in salotto di William Somerset Maugham: non a caso il regista è un portoghese, quindi viene da un Paese che ha avuto una significativa presenza coloniale in quella parte del mondo, così come in Africa e in America Latina, e il suo sguardo inevitabilmente lo riflette, così come succede a chiunque provenga dal Vecchio Continente e abbia un minimo di cultura e coscienza di quel che fa e dei luoghi che gli capita attraversare. Non a caso il primo libro che mi è venuto in mente è La condizione umana di André Malraux, altrettanto evocativo di atmosfere e sensazioni, perfino olfattive, e, paradossalmente, Apocalypse Now. Quando, si entra in contatto con un mondo che non si riesce a decifrare e di cui non si capiscono lingue e codici i casi sono due: se non si può scappare o si fa il turista, oppure, come dicevo sopra, ci si lascia andare, ci si adegua, e si entra in uno stato che non è meramente contemplativo ma comunque relativamente passivo, abbandonandosi all'onda, guardando le cose come uno spettatore e al contempo concentrandosi su sé stessi e sul momento attuale: ecco perché capita di avere la sensazione di vivere pienamente l'istante e per cui gli incontri casuali e anche più banali hanno un sapore più intenso e diverso. Un film lento ma mai noioso e piatto, onirico ma ricco di sensazioni che permangono, in cui, per l'appunto ci si lascia andare e cullare. Davvero magnifico, per i miei gusti.
Nessun commento:
Posta un commento