domenica 15 ottobre 2023

Non credo in niente

"Non credo in niente" di Alessandro Marzullo. Con Demetra Bellina, Giuseppe Cristiano, Renata Malinconico, Mario Russo (II), Lorenzo Lazzarini, Gabriel Montesi, Juni Ichikawa, Antonio Orlando (II) e altri. Italia 2023 ★★★★+

Come un'affiatata rock band, a bordo di una vecchia Citroën Station Wagon, il coproduttorre e attore Lorenzo Lazzarini, l'interprete principale Demetra Bellina, che giocava in casa essendo nata nel capoluogo friulano, e il regista e sceneggiatore Alessandro Marzullo, all'esordio nel lungometraggio, sono venuti al Visionario di Udine a presentare Non credo in niente, che aveva ricevuto un'ottima accoglienza alla 59ª Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro ed è uscito nelle sale il 28 di settembre: alla fine della proiezione si sono intrattenuti per oltre un'ora assieme a un pubblico folto e decisamente soddisfatto, rispondendo a numerose domande non banali, dimostrando una disponibilità non comune. Una viaggio notturno in una Roma sporca e degradata da parte di una serie di anime fluide, per parafrasare Zygmunt Bauman, giovani sulla soglia dei trent'anni, tutti alle prese con delle aspirazioni artistiche frustrate da un'esistenza fatta di lavoro precario e sottopagato,  che vivono una realtà sempre più squallida, piatta, chiusi in un solipsismo senza prospettive, incapaci di intrattenere dei rapporti solidi e relazioni solidali col prossimo, in definitiva di fare gruppo: l'esatto contrario di quello che hanno fatto tutti coloro che hanno dato vita a questo piccolo miracolo, i quali in estate a Pesaro si sono presentati in massa alla proiezione di quello che non è un grido nichilista, come potrebbe sembrare dal titolo, ma una presa d'atto dello stato delle cose che vuole indicare che una svolta è possibile, facendo squadra e mettendo a frutto i propri talenti, realizzare le proprie aspirazioni. Mettendosi in gioco, insomma, cosa che questi ragazzi hanno fatto per Non credo in niente. Film che non ha bisogno di una vera e propria trama, una storia che lo sorregga, per fare percepire allo spettatore le sensazioni e il malessere dei suoi personaggi, la loro difficoltà a stare al mondo "senza disunirsi", citando a sua volta il Sorrentino di E' stata la mano di Dio: sono sufficienti le immagini, frammenti di vita dei diversi personaggi, che si incrociano soltanto in una specie di zona franca, lo spazio dove staziona il furgone del "paninaro" (interpretato fra l'altro da Lorenzo Lazzarini), una specie di confessore laico, o psicologo di strada, che ha la parola giusta per tutti, dove ciascuno di loro riesce, per un attimo, a essere davvero se stesso. Abbiamo una coppia di musicisti, lei pianista e lui violinista, che da anni ormai vive un rapporto disfunzionale lavorando in nero per un ristoratore che li sfrutta; un attore che, tra un provino e l'altro, si dedica ossessivamente al sesso occasionale; una giovane hostess, bravissima a disegnare, che tra un volo e l'altro e un soggiorno nell'albergo dove scende abitualmente si incontra e si scontra con un giovane aspirante scrittore che lavora alla reception... Lampi di luce nel buio, locali notturni, scene di strada, l'officina di un meccanico che ripara motociclette, amico dell'attore che su una Yamaha attraversa le strade buie e deserte della capitale. Il film è fatto di bagliori improvvisi, parcellizzato come lo sono le esistenze dei suoi personaggi, schegge verbali, volutamente destrutturato ma al tempo stesso tenuto insieme da una colonna sonora poderosa, che si deve a Riccardo Amorese, e a una fotografia satura, di grana grossa: Marzullo ha volutamente girato il film su pellicola da 16 mm, che l'ha costretto alla ridurre al minimo le riprese per motivi di costo (il film è stato girato in 13 notti nell'arco di 2 anni e ha richiesto un accorato lavoro di montaggio) e il risultato ricorda non poco le atmosfere dei film di Wong Kar-wai, il grande autore di Hong Kong a cui il giovane regista modenese ha esplicitamente detto di ispirarsi. Il risultato è una pellicola (è il caso di dirlo) fortemente sperimentale, frutto di un rigoroso lavoro di gruppo in cui tutte le componenti hanno dato il loro contributo, anche di scrittura, del tutto inconsueta nel panorama italiano, anche quello del cosiddetto "nuovo cinema" dei vari D'Innocenzo, Parroni, Bozzelli. Film generazionale, certamente, ma il disagio dei suoi coetanei Marzullo è riuscito a esprimerlo compiutamente meglio di chiunque altro, a mio parere. Un esordio più che incoraggiante e una gradita sorpresa: nuovo cinema con un sapore antico. 

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