mercoledì 11 ottobre 2023

Kafka a Teheran

"Kafka a Teheran" (Ayeh haye zamini/Terrestrial Verses) di Ali Asgari e Alireza Khatami. Con Majid Salehi, Gohar Kheirandish, Farzin Mohades, Safad Asgari, Hossein Soleimani, Faezeh Rad, Bahram Ark, Sarvin Zabetian, Arghavan Shabani, Ardeshir Kazemi. Iran 2023 ★★★★1/2

Come in un caleidoscopio, nove episodi di vita quotidiana a Teheran in interni diversi, intitolati con il nome dei protagonisti, e uno finale che vede un vecchio seduto immobile a una scrivania, la moderna skyline della città che si scorge dalla vetrata alle sue spalle, mentre un terremoto la scuote dalle fondamenta e i futuristici grattacieli della capitale iraniana crollano uno dopo l'altro. Un mirabile esempio di cinema civile, anzi: di vera e propria resistenza umana, realizzato a quattro mani da Asgari e Khatami superando le infinite trappole e difficoltà facilmente immaginabili a quelle latitudini e a cui sicuramente non verrà data libera visione in patria. Abbiamo un neo padre a cui viene vietato di iscrivere all'anagrafe il figlio con il nome di David, perché non è "coranico" e sciita, a cui al massimo verrebbe consentito il persiano Davood, che ne è l'equivalente; la bimba in tuta e felpa che viene agghindata "islamicamente" per partecipare a una celebrazione scolastica in una boutique che tratta articoli del genere; una studentessa che viene convocata dalla preside perché è stata vista arrivare nei dintorni della scuola con un ragazzo in moto e messa sotto torchio (ma la ragazza le renderà la pariglia); le disavventure di un giovane che sta facendo una visita per il rinnovo della patente, sottoposto a un interrogatorio demenziale e costretto a denudarsi per mostrare i versi di un famoso poeta locale tatuati sul suo corpo; il regista a cui, per ottenere il nullaosta di un film, viene imposto di togliere dal copione tutte le parti che parlino anche solo velatamente di parricidio (peraltro simbolico) e colpe del genitore al punto da stravolgerne completamente il significato e in base a ragionamenti del tutto capziosi; una ragazza che subisce le avances del grande capo di un'azienda privata durante un colloquio di lavoro; un disgraziato che per avere la speranza di ottenere un contratto (da fame) a tempio determinato di un anno, previo periodo di prova di tre mesi, subisce un interrogatorio sulla conoscenza, a memoria, di alcune sure del Corano nonché la tragicomica dimostrazione, all'asciutto, di compiere correttamente i lavacri prima delle rituali preghiere; la delirante avventura in una stazione di polizia di un'anziana signora che reclama il suo amato chihuahua sequestrato da due poliziotti motociclisti perché "animale impuro" (oltre alla polizia morale abbiamo anche la polizia canina...) e, in via riparatoria, vede proporsi l'offerta di un quattrozampe di altra razza detenuto in quel commissariato... Inquadrata è sempre e soltanto la vittima di queste vessazioni, mai chi le compie, al massimo una mano o un'ombra: a significare che in Iran il potere è ovunque, onnipresente e onnisciente, pervade tutta la società e le menti dei sudditi, che tali vengono considerati da un potere malato, marcio e più opprimente che mai, come sappiamo anche dalle cronache che filtrano da quel magnifico quanto infelice Paese. 77 minuti di cinema puntuale, implacabile, essenziale, ironico, dove si sorride amaro, ci si indigna ma mai abbastanza, perché la pervicace idiozia del potere è ovunque, soprattutto dove vige una teocrazia o comunque un dogma, come dimostrano gli esempi dei Paesi comunisti e la stessa sedicente democrazia di stampo occidentale, quella della verità e del pensiero senso unico. Ma finché circolano film come Kafka a Teheran e c'è gente che sfida il potere per girarli e diffonderli, c'è speranza, soprattutto se si va a vederli numerosi.

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