martedì 31 ottobre 2023

Killers of the Flower Moon

"Killers of the Flower Moon" di Martin Scorsese. Con Leonardo DiCaprio, Robert De Niro, Lily Gladstone, Jesse Plemons, Brendan Fraser, Louis Cancelmi, Larry Sellers e altri. USA 2023 ★★★★★

Sono tre ore e mezzo ben spese, quelle che attendono chi si decide di andare a vedere in sala l'ultimo lavoro di Martin Scorsese che, infallibilmente, ha colpito ancora con un monumentale affresco che mette in luce, attraverso una micro saga famigliare che ruota attorno a tre personaggi, tutto l'immenso marciume, l'avidità, la grettezza, il razzismo, l'ignoranza che stanno alla base società americana, la stessa che impone il suo modo di vivere e il suo sistema come un valore universale da difendere a qualsiasi costo contro chi osa metterlo in dubbio o semplicemente si rifiuta di condividerlo: ne abbiamo un esempio proprio attualmente, con le guerre foraggiate da questo impero in disfacimento e dai suoi alleati più fedeli (a cominciare dal nostro governo attuale e a buona parte di quelli che l'hanno preceduto). Si tratta dell'adattamento dell'omonimo romanzo-indagine di David Gann, uscito in Italia col titolo Gli assassini della terra rossa, e sceneggiato dallo stesso Scorsese assieme a Eric Roth, che racconta come un'orda di famelici "coloni" bianchi si siano impossessati, con i vari trucchi consentito dalla "legge" (quella del Far West, in sostanza, che caratterizza tuttora il sistema normativo USA, una cosa da primitivi, per un qualsiasi europeo continentale e che avrebbe inorridito un qualsiasi cittadino dell'Impero Romano 2000 anni fa), di tutti i diritti che facevano capo alla Nazione indiana degli Osage dopo che in Oklahoma, terra desolata dove erano stati forzatamente trasferiti e relegati dagli originari territori che abitavano negli attuali Kansas e Louisiana, era stato scoperto il petrolio. Che aveva fatto immensamente ricchi gli indigeni, i quali però potevano esercitare le loro facoltà solamente attraverso un tutore bianco. In questa situazione, nei primi anni Venti del Novecento, Ernest Burkhard (DiCaprio), un giovane reduce di guerra senza arte né parte né dotato di grande intelligenza, ma attirato dal danaro facile, torna nella natìa Fairfax dove lo zio William Hale (De Niro) lo assume come autista e, sostanzialmente, tirapiedi, invitandolo a cercare moglie fra delle eredi Osage, in modo da poterne a sua volta ereditare i diritti ed esercitarli direttamente e, appunto, "legalmente". E, per interesse ma anche per amore, Ernest la moglie la trova in Molly (Lily Gladstone), che ha visto morire il padre e poi una dopo l'altra la madre e le sorelle, uccise o in circostanze oscure, e lei stessa via via avvelenata, fino a perdere quasi del tutto la capacità di agire, con una falsa cura per il diabete di cui soffre. Cosa che succede a tutta la gente Osage, infiltrata man mano da avventurieri bianchi con la complicità tacita del governo. Unica eccezione alcuni agenti del neonato BOI (dal 1935 FBI) di Edgar J. Hoover, mandati a Fairfax da Washington per risolvere i casi di morti sospette e guidati da Tom White (Jesse Plemons), che riescono a convincere Ernest a testimoniare contro lo zio, la vera anima nera che si professava amico e protettore degli Osage, mettendo alle strette Hale, ma l'unico che pagherà davvero, nonostante gli accordi presi, sarà proprio l'ingenuo e sprovveduto Ernest, che perderà tutto mentre i veri gangster si approprieranno di tutto, distruggendo ancora di più la Nazione Osage. Grande prestazione dei due attori protagonisti, con una menzione di merito particolare per Leonardo di Caprio, che ha accettato il ruolo di un personaggio sotto tono rispetto a quelli che interpreta di solito, un giovane privo di talento e fondamentalmente stupido, attirato sì dal denaro ma non del tutto immorale, innamorato della moglie ma ignaro dei meccanismi diabolici messi in atto dallo zio e del significato di quel che gli accade intorno. Anche Hale, del resto, è a suo modo "in buona fede", si crede sul serio amico degli indigeni ma perché li considera poco più che degli animali domestici, infarcito com'è della retorica della frontiera che ancora oggi ammanta di un supposto idealismo l'atavica sete di danaro a qualunque costo e l'individualismo sfrenato che stanno alla base del mito americano e del relativo sistema di vita e di "valori": si sta parlando di un Paese nato su un genocidio sistematico e che non ha ancora risolto, nel 2023, il problema del razzismo, non solo verso i pochi "nativi" superstiti, i milioni di discendenti degli schiavi africani ma anche le nuove minoranze, a cominciare da quella ispanica, in preda a una violenza endemica nonché il più drogato e impasticcato del pianeta. Tutta la filmografia di Scorsese (e di rari coraggiosi autori, come Quentin Tarantino e pochi altri ancora) è lì a ricordarcelo. Da sottolineare, oltre all'accuratezza della ricostruzione ambientale, una fotografia con i controfiocchi, interpretazioni di altissimo livello e, al solito, una colonna sonora di lusso, affidata niente meno che a Robbie Robertson (già membro della Band), purtroppo scomparso nell'agosto scorso. Grande film, a mio parere imperdibile, e Scorsese sempre un fuoriclasse. 

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