venerdì 5 agosto 2022

Hope

"Hope" (Håp) di Maria Sødahl. Con Andrea Bræin Hovig, Stellan Skarsgård, Terje Auli, Ingrid Bugge, Hala Dakhil Norvegia, Gjertrud L. Jynge, Dina Enoksen Elvehaug e altri. Norvegia, Svezia 2019 ★★★★+

Una gran bella sorpresa, questo film norvegese giunto nelle nostre sale con ben tre anni di ritardo, e si deve forse ringraziare il desolante paesaggio delle uscite estive l'averlo ripescato, doppiato e finalmente proposto al pubblico italiano. Hope racconta la vicenda di Anja, una regista teatrale sui 50 anni che, reduce dal lusinghiero successo di una sua rappresentazione ad Amsterdam, rientrata ad Oslo alla vigilia di Natale e corsa a farsi visitare per un un fastidio a un occhio che coi giorni si era aggravato impedendole di dormire, scopre di avere un tumore al  cervello, forse una metastasi di un altro avuto l'anno prima a un polmone (era una fumatrice accanita) e, in tal caso, incurabile e pure inoperabile. L'arco temporale della storia va dal 23 dicembre al 2 di gennaio, giorno in cui verrà alla fine sottoposta all'intervento che potrebbe salvarla, e viene scandito dalle visite, gli accertamenti, le attese, le ansie gli alti e bassi sia emotivi sia fisici dovuti anche alle massicce dosi di steroidi e antidolorifici che deve ingerire sia per sopportare il male sia per impedire che il tumore avanzi crescendo di dimensioni, ma soprattutto racconta il modo in cui affronta la cosa Anja, che da anni con Tomas, dal quale ha avuto tre figli e che, assieme agli altri tre avuti dall'uomo dalla ex moglie, costituiscono la famiglia allargata, piuttosto armoniosa e felice, della donna, e questo in un frangente come le festività natalizie, particolarmente sentite nei Paesi nordici, piene di doveri sociali così come e soprattutto famigliari, tra cene, regali, parenti e amici per casa. Maria Sødahl, la talentuosa regista rivelatasi con Limbo, del 2010, e che ha scritto anche la sceneggiatura, conosce bene la situazione avendola vissuta di persona e questa è anche la ragione della sua lunga inattività: a suo merito, oltre a una narrazione onesta, realistica, per niente artificiosa e patetica e che non gioca sulla compassione dello spettatore, l'essersi affidata a due interpreti di bravura eccezionale come Stellan Skarsgård, ben conosciuto anche fuori dalla Norvegia ma, soprattutto, la sensazionale Andrea Bræin Hovig, in possesso di tutta la gamma di espressioni, sguardi e movenze che rendono il tormento e lo stato emozionale della donna, che entra in una dimensione completamente diversa della propria esistenza, che la costringe da un lato a prendere confidenza con la prossima, probabile fine della stessa e con le conseguenze di questo su chi ama, dal compagno di vita ai figli, alcuni già adulti ma altri adolescenti o ancora bambini, a cominciare dal come e quando raccontare loro della malattia e del suo possibile, fatale decorso, e dall'altro affrontare la quotidianità in quel particolare momento dell'anno e, al contempo, fare i conti con la propria vita, il rapporto con l'uomo con cui ha scelto di condividerla ma che l'ha anche condizionata, perché la loro relazione è sì basata sull'onestà intellettuale ma non per questo perfetta, per limiti ed egoismi di entrambi. Pur così pacato e di una chiarezza esemplare, il racconto è tutt'altro che privo di svolte e risulta particolarmente coinvolgente. Un film di grande spessore, che fa bene allo spirito nonostante l'argomento ostico, che rischierebbe di scivolare nel pietistico se non fosse stato affrontato con estrema lucidità e chiarezza. Assolutamente da raccomandare.

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