sabato 13 agosto 2022

Generazione Low Cost

"Generazione Low Cost" (Rien a foutre) di Julie Lecoustre, Emmanuel Marre. Con Adèle Exarchopoulos, Alexandre Perrier (II), Mara Taquin, Jonathan Sawdon, Jean Benoît Ugeux, Julie Sokolowski e altri. Belgio, Francia 2021 ★★★1/2

Scrivevo, a proposito di Full Time - Al cento per cento, che raramente il mondo del lavoro, specialmente del settore terziario, è rappresentato al cinema, eppure, a partire da I Tuttofare, nelle ultime due settimane sono ben tre i film, ripescati dai fondi di magazzino e distribuiti in questa stagione estiva di rara povertà di proposte, che ne parlano, e in modo efficace benché con uno spirito e un taglio diversi da quelli di un maestro come Ken Loach, e comunque ben vengano. Nel caso di Generazione Low Cost, solito titolo ambiguo all'italiana, edulcorato per non tradurre alla lettera l'originale "Frega un cazzo" come invece suona quello scelto per la distribuzione internazionale: Zero Fucks Given, esplicito come quello in francese, si tratta della esistenza "campata in aria", è il caso di dirlo, della giovane Cassandra, assistente di volo di una compagnia low cost, che passa da un volo all'altro su tratte turistiche europee, le cui entrate, oltre a stipendi piuttosto bassi, sono dovute a quanto riesce a vendere tra pasti, bevande e profumi. Lei è tra le migliori a farlo, benché a volte ceda all'indisciplina: non si depila con grande accuratezza, si fa beccare con l'alito che sa di alcol dopo una delle notti brave con amanti più o meno occasionali, ma tutti della solita compagnia di giro del personale di volo, a cui si abbandona tra uno scalo e l'altro, tutti rapporti o amicizie che non significano nulla, senza prospettive. A cui peraltro non crede, facendo del Carpe Diem, logo che campeggia sul suo profilo Instagram, il suo motto, ma non è un "cogli l'attimo" edonistico, positivo, gioioso bensì il riempimento di un vuoto esistenziale che sembra sì appartenere a tutta una generazione, che un futuro, per una serie di cause, non riesce nemmeno a immaginarselo, inchiodata com'è a un presente immutabile e quasi ossessivo (cosa che il film, girato con una tecnica quasi documentaristica, riproduce assai efficacemente, rallentando volutamente il ritmo del racconto anche a rischio di renderlo noioso). Emblematica è la vita di Cassandra, che si svolge perlopiù nel non-luogo per eccellenza, l'aeroporto, e sul mezzo di trasporto più spersonalizzato che si possa immaginare: perfino la scarsa vita privata la trascorre in un altro luogo elezione del nulla e del posticcio, un resort a Lanzarote, nelle Isole Canarie, per dipendenti delle compagnie aere. Non coltiva ambizioni, anzi: cerca di evitare anche le promozioni a cui la compagnia la spinge per la sua anzianità, e le conseguenti maggiori responsabilità. Un ritratto per nulla lusinghiero di un'esponente tipica di tutta una generazione allo sbando, resa credibile da un'attrice portentosa, a mio parere, e che mi aveva già fatto drizzare le antenne in La vita di Adèle quando aveva soltanto 20 anni, Adèle Exarchopoulos, e che oggi a 28 ha la stessa età della Cassandra che interpreta. Un viso infantile, nemmeno particolarmente bella ma espressiva come poche anche nell'inespressività e nei cambi di registro, camaleontica, potrebbe anche rimanere muta per tutta la durata della pellicola e colpire ugualmente nel segno dando spessore al personaggio. In questo caso uno spessore evanescente, e della ragazza si riescono a capire alcune cose solo quando, una volta licenziata dalla Wing, torna nella cittadina belga dove vivono il padre e la sorella minore, che si occupano dell'agenzia immobiliare di famiglia in cui la morte della madre di Cassandra in un incidente d'auto su cui il genitore dopo anni insiste pervicacemente a voler fare chiarezza, per ottenere giustizia ha lasciato il segno e la ragazza, a sua volta, per non doverne affrontare la scomparsa, è pressoché sparita a sua volta. Le rimaneva una vaga aspirazione, su cui non puntava molto perché non particolarmente fascinosa né portata per le lingue: entrare nel giro delle hostess per Emirates, così fini ed eleganti, ma alla fine la sua caparbietà e anche faccia tosta hanno la meglio nonostante le sue previsioni viene chiamata a Dubai per essere assunta da una compagnia che noleggia voli privati, insomma l'élite delle élite del ramo. E il circo ricomincia, nel glamour del luogo più artificiale e "non luogo" del mondo, dove i giorni e l'intrattenimento per gonzi si ripetono uguali in un loop senza fine, con gli spettacoli di plastica sullo sfondo di scenari futuristici e megalomani quanto banali e privi di senso che hanno ripreso vita, con le dovute precauzioni igieniche post Covid, e lei a riprendere il tutto con lo smartphone per postarlo sulle sue "storie" in rete... Carpe Diem, appunto, come se non ci fosse un domani. Va da sé che prestazione di Adèle Exarchopoulos, che riempie lo schermo con sicurezza sbalorditiva, vale ampiamente il prezzo del biglietto e una certa lentezza del film.

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