mercoledì 20 luglio 2022

La donna del fiume - Suzhou River

"La donna del fiume - Suzhou River" (Su Zhou he) di Lou Ye. Con Xun Zhou, Hongshen Ja, Zhongkai Hua, Anlian Yao, Nai An, Zhang Ming Fan e altri. Germania, Francia, Cina 2000 ★★★★★

A 22 anni dalla sua realizzazione è uscito nelle sale nostrane, doppiato e in versione restaurata, una vera perla della nuova cinematografia cinese, proiettata in Italia soltanto in occasione di un festival di cinema asiatico a Roma nel 2001. Si tratta di un film costruito con una tecnica molto particolare, inserendo elementi tipicamente documentaristici (l'acqua, le attività sul fiume, la demolizione di vecchi palazzi per fare spazio alle futuristiche costruzioni che caratterizzano la Shanghai di oggi) in una trama da noir che racconta una doppia storia d'amore dagli esiti tragici che si svolge negli ambienti a margine della travolgente modernizzazione che ha sgretolato un mondo e un modo di vivere nel giro di pochi decenni, ed è anche un evidente omaggio a due maestri di cui Lou Ye (a lungo osteggiato in patria) ha sicuramente assorbito la lezione: il Wong Kar-way di Hong Kong Express, e l'Alfred Hitchcock de La donna che visse due volte. La voce narrante è un fotografo e video-operatore che ha una relazione con una ragazza, la misteriosa e sfuggente Meimei, che si esibisce come sirena nell'acquario del Happy Tavern, un ambiguo locale dei bassifondi, e che vive su una barca: ogni tanto Meimei sparisce senza dare spiegazioni, poi ritorna. Mentre l'uomo, tra una birra e una vodka (mi è tornato in mente anche il delirante romanzo Mosca sulla vodka di Venedikt Eroféev per la circolarità della storia, oltre che per il suo elevato tasso alcolico) si abbandona a riflessioni sull'amore, la ragazza gli chiede se, nel nel caso scomparisse, lui la "cercherebbe ovunque così come Mardar", un giovane sbalestrato che vive facendo consegne e piccole commissioni in città con la sua moto (rubata), ha fatto con Moudan, la figlia di un trafficante (anche di alcolici di contrabbando: vodka dell'Est europeo, preferibilmente la polacca Zubrowka) che aveva in consegna quando il padre riceveva una delle sue amanti e di cui si era innamorato (sia Meimei sia Moudan sono interpretate dalla bravissima Xun Zhou). Nonostante ciò, Mardar si fa coinvolgere nel sequestro della ragazza per estorcere denaro al padre e la ragazza, delusa da lui, si getta nel fiume e il suo corpo non viene più trovato. Mardar finisce in carcere ma quando ha scontato la pena, torna a Shanghai e alla sua vecchia attività di rider e, alla ricerca ossessiva di Moudan, si imbatte in Meimei ed è convinto di averla ritrovata sotto falso nome, e racconta tutta la sua storia sia a Meimei sia al fotografo, che riesce, apparentemente, a convincerlo dell'errore; Mardar continua le sua disperata ricerca e infine trova (forse: ma potrebbe trattarsi del delirio etilico del narratore) la vera Moudan come commessa in uno spaccio di liquori in periferia: complice un'ultima bottiglia di Zubrowka, lei e Mardar la scolano girando in moto nella zone più degradate del lungofiume, dove vengono ritrovati cadaveri e riconosciuti proprio dal fotografo, a sua volta alquanto alterato dalla vodka dopo l'ennesimo abbandono, questa volta definitivo, da parte della "sua" Meimei. 83 minuti di rara intensità e suggestione, che dicono e suggeriscono molto più di quanto possa apparire, uno di quei film che ha il dono di rimanerti dentro a lungo con le sensazioni che ha suscitato; oltre alla fotografia e al montaggio, un contributo alla sua qualità la dà la colonna sonora tutt'altro che scontatamente esotica composta da Jörg Lemberg. Il risultato è un ondeggiare tra realtà e sogno che lascia il... segno.  

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