mercoledì 13 luglio 2022

Lettera a Franco


"Lettera a Franco" (Mientras dure la guerra) di Alejando Amenábar. Con Karra Elajade, Santi Prego, Eduard Fernández, Nathalie Poza, Tito Valverde, Luis Bermejo, Patricia López Arnaiz, Imma Cuevas, Carlos Serrano-Clark, Luis Zaherfa e altri. Spagna, Argentina 2019 ★★★1/2

Torna sui nostri schermi, da cui mi risulta assente dai tempi di Agora (2009), sulla vita di Ipazia di Alessandria, con un film di tre anni fa ripescato dalla programmazione estiva, altrimenti affollata di insulsi film francesi o americanate varie, il talentuoso quanto poco prolifico regista cileno naturalizzato spagnolo, e lo fa con un film ancora una volta biografico sulla figura di Miguel de Unamuno, una sorta di nume della cultura spagnola in un momento particolarmente critico e controverso della sua esistenza: quello della sua adesione all'Alzamiento dell'esercito contro il legittimo governo repubblicano nel luglio del 1936, particolarmente significativo in quanto rettore a vita della prestigiosa università di Salamanca, ma pure ex socialista (e già deputato alle Cortes) nonché antimonarchico: alle critiche dei suoi amici più stretti, il teologo evangelico Atiliano Coco e il docente di letteratura Salvador Vila Hernández, nonché alla più giovane delle sue figlie, replica che occorreva arginare il caos innescato, a suo modo di vedere, dal governo "rosso", proprio al fine di salvare la Repubblica. A questo scopo, aveva perfino finanziato con una donazione di 15 mila pesetas i ribelli, cosa che indusse il governo repubblicano a togliergli l'incarico. Glielo ridiede la giunta di Burgos, incaricandolo pure di redigere un manifesto, cosa che accettò, per quanto a malincuore, pur dopo aver saputo dell'arresto e poi dell'eliminazione dei suoi due amici e prima ancora dell'assassinio di Federico García Lorca durante la fase iniziale del golpe, a cui pure era molto legato, nonché del sindaco di Salamanca, la cui moglie, che giganteggia di fronte a questo supposto Grande Uomo, gli aveva invano chiesto di intercedere: lui prima le offrì del danaro, poi nemmeno più quello salvo vane parole di conforto. Si salvò "davanti alla storia", si fa per dire, in corner con una presa di posizione ancora una volta equivoca, in cui si teneva equidistante dai contendenti, entrambi forieri di eventi "barbarici", vedendo nel fascismo e nello stalinismo le due facce della stessa medaglia (e in questo poteva avere anche ragione: i primi a esserne vittime furono proprio gli anarchici, i socialisti e i repubblicani spagnoli non comunisti, che grazie a questi ultimi persero non solo la guerra ma furono massacrati, in particolare gli anarchici), quando si rese conto, troppo tardi, che Franco, altro personaggio descritto in tutta la sua ambigua scaltrezza, non avrebbe fatto prigionieri e avrebbe instaurato una dittatura militare a vita, e non soltanto Mientras dure la guerra (come recita il titolo originale altrimenti incomprensibile come quello, al solito idiota, scelto dal distributore italiano), e come previsto dal piano golpista originario prima che delle operazioni diventasse l'anima il generale José Millán Astray (un bravissimo Eduard Fernández) che, su ispirazione dei nazisti, trasformò il collega Franco, da poco giunto dal Marocco, nel Caudillo, come se non bastasse monarchico; pronunciò quelle parole di critica al nuovo regine durante una cerimonia per il Día del a Raza, il 12 di ottobre dello stesso 1936, nell'aula magna dell'Università gremita di falangisti che volevano linciarlo, e a salvarlo fu Dona Carmen, la moglie del generalísimo, che lo scortò fuori dall'Ateneo. Leggendo qui e là ho notato che Amenábar è stato criticato per aver aderito al punto di vista di Unamuno, un'equidistanza che lo scrittore e poeta chiamava libertà di pensiero, che ben venga ma che gli serviva anche, e soprattutto am io modo di vedere, per giustificare le numerose giravolte dell'intellettuale durante la sua esistenza, da marxista a cattolico, a filo-massone e uomo d'ordine (per la serie sempre valida "nascono incendiari per morire pompieri"), sostanzialmente un narcisista inguaribile, autocompiaciuto della propria lingua "irrefrenabile", e che Karra Elajade, sotto la guida del regista, ha reso perfettamente in tutta la sua doppiezza e vanità. E di ciò va ringraziato. Molto verosimile l'ambientazione, bravi gli interpreti e buona la fotografia: considerata l'offerta, un ottimo investimento per un pomeriggio o una serata al fresco della sala, e finalmente senza obbligo di bavaglio. 

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