lunedì 2 novembre 2020

Borat - Seguito di film

"Borat - Seguito di film" (Borat: Subsequent Moviefilm) di Jason Woliner. Con Sacha Baron Cohen, Maria Bakalova Rudy Giuliani, Mike Pence, Ken Davitian e altri. USA 2020 ★★★★★

15 anni dopo aver vivisezionato gli USA dell'era Bush in Borat - Studio culturale sull'America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan torna, nel momento più opportuno, alla vigilia delle elezioni presidenziali, un eroe dei nostri tempi: Sacha Baron Cohen nei panni di Borat Sagdiyev. Il finto reporter kazako era sparito dalla circolazione perché condannato ai lavori forzati per i danni d'immagine ed economici irreparabili causati dalla precedente missione nel Grande Paese della Libertà e delle Opportunità: l'ex presidente (ma tuttora nume tutelare della nazione centro-asiatica) Nazarbaev in persona gli dà ora la possibilità di riscattarsi affidandogli l'incarico di consegnare in regalo al vicepresidente USA Michael Pence la scimmia Johnny, la più grande star del Kazakistan. E così Borat questa volta si presenta nel Texas, dove si terrà una manifestazione repubblicana alla presenza del vice di Trump, ma una volta arrivato scopre che nella cassa che conteneva Johnny, dell'animale rimangono soltanto i resti mentre, viva e vegeta, ci trova sua figlia quindicenne Tutar (la bravissima Maria Bakalova), che l'ha seguito di nascosto per avverare il suo sogno di sposare un magnate americano, così come ha fatto l'idolo dei suoi cartoni animati preferiti, Melania Trump, per l'appunto. Borat coglie la palla al balzo e pensa di sostituire la scimmia con la ragazza e per adattarla al gusto americano e così portarla al cospetto di Pence ne inizia la trasformazione cominciando a chiedere consigli a una (vera) influencer. Da lì è tutto un susseguirsi di situazioni paradossali, vere trappole predisposte dal genio situazionistico di Cohen che, usando come suo solito il mezzo della telecamera nascosta e travestendosi all'occorrenza dove potrebbe essere riconosciuto, sfrutta l'ignoranza, la dabbenaggine e la sincerità che spesso sconfina nell'idiozia degli yankees per rendere, con le sue provocazioni, palese l'abisso in cui è ulteriormente precipitata l'Ammmeriga nel corso dei tre lustri passati dal suo ultimo e documentato  "studio sul campo". E' una carrellata di pessimo gusto, che distrugge, irridendolo, il dogma del politicamente corretto, argine vano dei cosiddetti liberal al degrado generalizzato e all'ignoranza dilagante, nella realtà quotidiana di quel Paese al tempo della Pandemia, diffusa secondo molti da Obama o dai Clinton, tra negozi di ferramenta dove gli vendono dei gas per eliminare zingari a volontà e pasticcerie in cui si decorano senza fare una piega torte di cioccolato con scritte "gli ebrei non ci sostituiranno", centri di chirurgia estetica e balli di debuttanti in cui con la figlia che esibisce pezze da mestruazioni non immacolate si produce in una "tipica danza della fertilità" della sua patria, un raduno  negazionista in cui si infiltra come cantante folk trascinando la folla a seguirlo convinta nell'intonazione di rime deliranti, una riunione di donne repubblicane contro l'aborto, infine una manifestazione, sempre repubblicana, in un centro congressi alla presenza di Michael Pence e di Rudy Giuliani, ex sindaco di New York (a dimostrazione del livello dell'elettorato della città "meno americana" e più progressista degli USA), che cerca di sedurre (veramente) Tutar, trasformata per l'occasione in una giovane e avvenente giornalista che lo intervista. Come accennavo la volgarità abbonda, perfino troppo, ma mai abbastanza per descrivere l'essenza di quel Paese orrendo che sono gli Stati Uniti. In un primo tempo, vedendo il film due giorni fa, ero rimasto perplesso; lasciando decantare le prime impressioni non del tutto positive mi sono ricreduto e assegno a Borat/2 il massimo dei miei punteggi e un invito a vederlo (è disponibile in streaming su Amazon Prime), con una dedica particolare a personaggi come Alan Friedman, Furio Colombo, Federico Rampini, Uòlter Veltroni e altri che continuano a vivere nel mito degli USA e a raccontarci che "la vera America non è quella di... (Trump, Obama, Bush, Clinton, Bush ancora, Reagan...)". E invece è proprio quella che ritrae uno che la conosce meglio di loro, anche se è un ebreo inglese, e che induce degli americani autentici a mettersi più o meno volontariamente alla berlina da soli, svelandone e ridicolizzandone tutti i tratti più orripilanti. Perché se lo meritano. Detto questo, non mi stupirebbe per nulla che i risultati delle "presidenziali" (peraltro indirette, cosa che molti ignorano) premiassero una seconda volta Trump, che è l'espressione più autentica dell'anima e della cultura di quel Paese. E anche se dovesse prevalere quell'altro moscione di Biden non cambierebbe la sostanza. 

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