"Joker" di Todd Phillips. Con Joaquin Phoenix, Robert De Niro, Zazie Beets, Frances Conroy, Bill Camp, Marc Maron, Brett Cullen, Glenn Fleshler e altri. USA 2019 ★★★★★
Senza alcun dubbio Joker è stato il film che mi ha più coinvolto, entusiasmato e anche commosso da parecchio tempo, un pugno nello stomaco non tanto per le scene di violenza, ché anzi sono catartiche, ma per la compassione profonda che Alfred Fleck (in tedesco significa macchia), uno stralunato, intenso, inquietante e gigantesco Joaquin Phoenix, suscita in chiunque abbia un minimo di sensibilità e di capacità di indignazione, ma perché colpisce nel vivo, in primo luogo un sistema che si basa sulle disuguaglianze, la sopraffazione, la violenza e il Paese che se ne fa paladino, esportandolo a livello globale, e che ha un unico fondamento: il denaro che tutto può e tutto giustifica. Il Joker di Todd Phillips è sganciato dalla saga Marvel, e il collegamento con il futuro Batman è soltanto indiretto; si concentra invece sulla parabola di Alfred Fleck, un aspirante comico fortemente depresso e con disturbi della personalità sempre più evidenti sottolineati da una agghiacciante e irrefrenabile risata sganciata da ogni contesto che lo affligge specialmente nei momenti di maggiore stress, che vive in uno squallido appartamento di Gotham City (in tutto e per tutto la New York degli anni Ottanta) assieme alla madre Penny, psicolabile più di lui, e sopravvive facendo l'uomo-sandwich travestito da pagliaccio. Dopo un'aggressione violenta da parte di una banda di ragazzini teppisti, un collega gli fornisce una rivoltella, che gli sfuggirà durante un'esibizione come clown in un reparto ospedaliero per l'infanzia e questo causerà il suo licenziamento. Mentre rientra a casa, ancora vestito e truccato da pagliaccio, viene aggredito e pestato da un terzetto di yuppie, alle dipendenze del miliardario Thomas Wayne, candidato a sindaco per riportare, a suo dire, l'ordine in una città ai limiti della rivolta sociale, dopo che ha cercato di difendere una ragazza che avevano insidiato, e li fulmina. Primo sospiro di sollievo da parte del pubblico in sala, e anche da parte dei suoi concittadini più inquieti e incazzati, che cominciano a simpatizzare per questo fantomatico joker ricercato dalla polizia. Nel frattempo Fred precipita sempre di più nella follia, anche perché il taglio alle spese sociali gli toglie l'assistenza psichiatrica e le cure mediche, scopre di essere stato adottato dalla madre che invece gli aveva raccontato che fosse figlio di Wayne (figlio di Wayne, Bruce, per la cronaca è invece il futuro Batman, di cui in questo film non si parla), presso il quale aveva lavorato trent'anni prima, e si esibisce in un locale con un one man show così insensato che viene notato da Murray Franklin (Robert De Niro), l'anchor man tipo David Letterman che è un suo idolo, e che lo inviterà nella sua trasmissione in realtà per deriderlo e umiliarlo ancora. Fred ci va, intenzionato a suicidarsi in diretta dopo aver confessato i tre omicidi della metropolitana, e invece... la scena è talmente liberatoria che posso solo consigliare di andare a vedere il film. Una regia sontuosa, quella di Todd Phillips, e in questo intreccio di degrado morale, follia, violenza e redenzione torna immediatamente alla memoria Taxi Driver, e non a caso produttore di questo Joker è Martin Scorsese; e la sua mano, anzi: il suo orecchio lo si nota anche dalla strepitosa colonna sonora, che più rock non si può; inoltre, non a caso a interpretare l'altro personaggio fondamentale del film è Bob De Niro. Infine, un pensiero spontaneo al giornalista Alan Friedman, col suo libro e le omonime trasmissioni Questa non è l'America: e invece sì, caro cicciobello, è proprio questa l'America, ed è proprio questa New York, tale e quale, quella che vedono gli occhi non obnubilati dal mito della Grande Mela e dalla manipolazione della propaganda, il prodotto d'esportazione USA più venduto e imitato nel mondo (e infatti ormai sono decine le megalopoli che dopo averla copiata la superano per abitanti e squallore): lurida, violenta, corrotta fino al midollo e, guarda caso, patria del tanto esecrato Trump.
Senza alcun dubbio Joker è stato il film che mi ha più coinvolto, entusiasmato e anche commosso da parecchio tempo, un pugno nello stomaco non tanto per le scene di violenza, ché anzi sono catartiche, ma per la compassione profonda che Alfred Fleck (in tedesco significa macchia), uno stralunato, intenso, inquietante e gigantesco Joaquin Phoenix, suscita in chiunque abbia un minimo di sensibilità e di capacità di indignazione, ma perché colpisce nel vivo, in primo luogo un sistema che si basa sulle disuguaglianze, la sopraffazione, la violenza e il Paese che se ne fa paladino, esportandolo a livello globale, e che ha un unico fondamento: il denaro che tutto può e tutto giustifica. Il Joker di Todd Phillips è sganciato dalla saga Marvel, e il collegamento con il futuro Batman è soltanto indiretto; si concentra invece sulla parabola di Alfred Fleck, un aspirante comico fortemente depresso e con disturbi della personalità sempre più evidenti sottolineati da una agghiacciante e irrefrenabile risata sganciata da ogni contesto che lo affligge specialmente nei momenti di maggiore stress, che vive in uno squallido appartamento di Gotham City (in tutto e per tutto la New York degli anni Ottanta) assieme alla madre Penny, psicolabile più di lui, e sopravvive facendo l'uomo-sandwich travestito da pagliaccio. Dopo un'aggressione violenta da parte di una banda di ragazzini teppisti, un collega gli fornisce una rivoltella, che gli sfuggirà durante un'esibizione come clown in un reparto ospedaliero per l'infanzia e questo causerà il suo licenziamento. Mentre rientra a casa, ancora vestito e truccato da pagliaccio, viene aggredito e pestato da un terzetto di yuppie, alle dipendenze del miliardario Thomas Wayne, candidato a sindaco per riportare, a suo dire, l'ordine in una città ai limiti della rivolta sociale, dopo che ha cercato di difendere una ragazza che avevano insidiato, e li fulmina. Primo sospiro di sollievo da parte del pubblico in sala, e anche da parte dei suoi concittadini più inquieti e incazzati, che cominciano a simpatizzare per questo fantomatico joker ricercato dalla polizia. Nel frattempo Fred precipita sempre di più nella follia, anche perché il taglio alle spese sociali gli toglie l'assistenza psichiatrica e le cure mediche, scopre di essere stato adottato dalla madre che invece gli aveva raccontato che fosse figlio di Wayne (figlio di Wayne, Bruce, per la cronaca è invece il futuro Batman, di cui in questo film non si parla), presso il quale aveva lavorato trent'anni prima, e si esibisce in un locale con un one man show così insensato che viene notato da Murray Franklin (Robert De Niro), l'anchor man tipo David Letterman che è un suo idolo, e che lo inviterà nella sua trasmissione in realtà per deriderlo e umiliarlo ancora. Fred ci va, intenzionato a suicidarsi in diretta dopo aver confessato i tre omicidi della metropolitana, e invece... la scena è talmente liberatoria che posso solo consigliare di andare a vedere il film. Una regia sontuosa, quella di Todd Phillips, e in questo intreccio di degrado morale, follia, violenza e redenzione torna immediatamente alla memoria Taxi Driver, e non a caso produttore di questo Joker è Martin Scorsese; e la sua mano, anzi: il suo orecchio lo si nota anche dalla strepitosa colonna sonora, che più rock non si può; inoltre, non a caso a interpretare l'altro personaggio fondamentale del film è Bob De Niro. Infine, un pensiero spontaneo al giornalista Alan Friedman, col suo libro e le omonime trasmissioni Questa non è l'America: e invece sì, caro cicciobello, è proprio questa l'America, ed è proprio questa New York, tale e quale, quella che vedono gli occhi non obnubilati dal mito della Grande Mela e dalla manipolazione della propaganda, il prodotto d'esportazione USA più venduto e imitato nel mondo (e infatti ormai sono decine le megalopoli che dopo averla copiata la superano per abitanti e squallore): lurida, violenta, corrotta fino al midollo e, guarda caso, patria del tanto esecrato Trump.
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