"Sole alto" (Zvizdan) di Dalibor Matanić. Con Tihana Lazović, Goran Marković, Nives Inanković, Mira Banjac, Slavko Sobin, Dado Cosić, Trpmir Jurkić e altri. Croazia, Serbia, Slovenia 2015 ★★★★★
Un film che vola alto, come il sole del titolo, e che giunge finalmente nella sale nostrane dopo essere stato premiato nella sezione Un Certain Regard all'edizione 2015 del Festival di Cannes, grazie alla piccola ma tosta casa di distribuzione e produzione friulana Tucker Film, che non sbaglia un colpo e a cui si deve la diffusione in Italia di pellicole straniere che altrimenti verrebbero trascurate. Ammetto di non essere per nulla obiettivo e di non volerlo nemmeno essere, trattandosi di un film che aspettavo da tempo e che ha per tema quella che considero la tragedia della dissoluzione della Jugoslavia, Paese confinante che conoscevo piuttosto bene, che ho amato e che tuttora mi manca moltissimo. Lo zagrebese Matanić l'affronta attraverso tre storie d'amore, diverse ma ugualmente contrastate, tra una ragazza serba e un ragazzo croato, che si svolgono a distanza di dieci anni una dall'altra, con gli stessi interpreti e nello stesso luogo (solo i personaggi hanno nomi e storie diverse) in due villaggi che ho individuato trovarsi nei pressi di un lago (il Perućko) nella regione della Krajina alle spalle di Spalato, ai confini con la Bosnia: la prima nel 1991 alle avvisaglie della guerra, con la coppia intenzionata a trasferirsi a Zagabria; la seconda nel 2001, con le ferite ancora aperte dopo le ostilità e la terza nel 2011, in cui si lascia aperta la porta a una possibile nuova forma di convivenza. Il mezzo utilizzato è quello del melodramma, però per nulla patetico, manipolatorio e sdolcinato, usato con discrezione e stile, che si riflette nella fotografia rigorosa, nel gioco delle luci dosate in maniera magistrale, e nel paesaggio rurale che fa da sfondo alle vicende, ben raccontate, incisive, dove anche i silenzi parlano, così come le espressioni di tutti gli interpreti, bravissimi, a cominciare dai due giovani protagonisti. E' un bel film d'amore che tratta delle conseguenze dei rancori e di tribalismi dettati da un eccesso di memoria, come nota giustamente Goffredo Fofi, che suggerisco di andare a vedere tanto più in un Paese, come il nostro, dove la memoria è scarsa se non sistematicamente rimossa. A dimostrazione che le differenze e diffidenze esacerbate da un nazionalismo idiota che ha giocato col fuoco di un identitarismo malato da parte chi ha avuto interesse a fomentare la guerra e a distruggere un Paese che si fondava invece sulla speranza sono superabili, Sole alto è frutto di una coproduzione serbo-croato-slovena, una collaboazione tutt'altro che rara in ambito cinematografico, teatrale, letterario, musicale e culturale in generale, e questo è incoraggiante.
Un film che vola alto, come il sole del titolo, e che giunge finalmente nella sale nostrane dopo essere stato premiato nella sezione Un Certain Regard all'edizione 2015 del Festival di Cannes, grazie alla piccola ma tosta casa di distribuzione e produzione friulana Tucker Film, che non sbaglia un colpo e a cui si deve la diffusione in Italia di pellicole straniere che altrimenti verrebbero trascurate. Ammetto di non essere per nulla obiettivo e di non volerlo nemmeno essere, trattandosi di un film che aspettavo da tempo e che ha per tema quella che considero la tragedia della dissoluzione della Jugoslavia, Paese confinante che conoscevo piuttosto bene, che ho amato e che tuttora mi manca moltissimo. Lo zagrebese Matanić l'affronta attraverso tre storie d'amore, diverse ma ugualmente contrastate, tra una ragazza serba e un ragazzo croato, che si svolgono a distanza di dieci anni una dall'altra, con gli stessi interpreti e nello stesso luogo (solo i personaggi hanno nomi e storie diverse) in due villaggi che ho individuato trovarsi nei pressi di un lago (il Perućko) nella regione della Krajina alle spalle di Spalato, ai confini con la Bosnia: la prima nel 1991 alle avvisaglie della guerra, con la coppia intenzionata a trasferirsi a Zagabria; la seconda nel 2001, con le ferite ancora aperte dopo le ostilità e la terza nel 2011, in cui si lascia aperta la porta a una possibile nuova forma di convivenza. Il mezzo utilizzato è quello del melodramma, però per nulla patetico, manipolatorio e sdolcinato, usato con discrezione e stile, che si riflette nella fotografia rigorosa, nel gioco delle luci dosate in maniera magistrale, e nel paesaggio rurale che fa da sfondo alle vicende, ben raccontate, incisive, dove anche i silenzi parlano, così come le espressioni di tutti gli interpreti, bravissimi, a cominciare dai due giovani protagonisti. E' un bel film d'amore che tratta delle conseguenze dei rancori e di tribalismi dettati da un eccesso di memoria, come nota giustamente Goffredo Fofi, che suggerisco di andare a vedere tanto più in un Paese, come il nostro, dove la memoria è scarsa se non sistematicamente rimossa. A dimostrazione che le differenze e diffidenze esacerbate da un nazionalismo idiota che ha giocato col fuoco di un identitarismo malato da parte chi ha avuto interesse a fomentare la guerra e a distruggere un Paese che si fondava invece sulla speranza sono superabili, Sole alto è frutto di una coproduzione serbo-croato-slovena, una collaboazione tutt'altro che rara in ambito cinematografico, teatrale, letterario, musicale e culturale in generale, e questo è incoraggiante.
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