"La posizione di Bogotá, quegli incredibili 2460 metri sul livello del mare, giustificherebbe l'esistenza di un libro di ricette contro il malessere provocato dall'altitudine, con le relative numerose e svariate discussioni pseudoscientifiche. L'unica verità è che non si capisce come a qualcuno nel pieno possesso delle sue facoltà mentali sia potuto venire in mente di fondare una città in un posto così inospitale, lontano dal mare e dai fiumi che attraversano il paese. Bisognerebbe domandarlo al converso Gonzalo Jiménez de Quesada, a don Nikolaus Federmnann e a Sebastián de Belacázar. Cosa avrà avuto in testa quel trio di notabili? Lo sappiamo tutti: l'oro, il mito dell'Eldorado, che secondo le loro credenze si trova in cima alle montagne". Così Santiago Gamboa nel suo ultimo, bellissimo romanzo, Una casa a Bogotá, edizioni e/o, a suo modo una dichiarazione d'amore alla capitale colombiana, una città non bellissima, con un clima piuttosto infelice ma pulsante di vita e dotata di un suo fascino. Non per caso l'aeroporto internazionale si chiama El dorado e, quanto alle ricette anti-soroche, a parte il mate de coca, diffuso in tutta l'area andina, a tirarsi su provvedono egregiamente il canelazo, speziato e caldo, e il masato, venduti nei chioschi e nei baracchini lungo le strade. Fondata dai tre personaggi di cui sopra nel 1538 col nome di Bacata, e presto ribattezzata ufficialmente Santa Fé de Bogotá (da qui l'aggettivo santafereño, che ne definisce ciò che vi ha origine), la collocazione ne fa la terza capitale sudamericana in ordine d'altura dopo La Paz e Quito, e gli otto milioni di abitanti la terza città latinoamericana più popolosa, dopo San Paolo e Città di Messico. Addossata alla Cordillera Oriental, la terza del Paese e la più interna, Bogotá ha la tipica planimetria ortogonale delle città d'origine coloniale ed è dominata dal Cerro del Monserrate dalla cui sommità, raggiungibile con la funicolare (ma i pellegrini preferiscono martirizzarsi salendo a piedi i 1500 ripidi gradini che portano alla cima), se ne gode una vista mozzafiato in tutta la sua estensione (foto in alto).
Calle 11 angolo carrera 5, Candelaria |
La Candelaria, il ben conservato centro storico, cuore politico e culturale del Paese, si trova addossato ad esso e, come accade con una curiosa frequenza a tutte le latitudini, i quartieri che si estendono verso Sud divengono man mano più poveri, fino a diventare dei ghetti miserabili come la Caldera del diablo, un autentico girone infernale, e Ciudad Bolívar; mentre quelli che si sono sviluppati verso Nord, sono progressivamente più ricchi ed esclusivi come Chapinero, la Zona G e quella Rosa. E' dettata dal buon senso la decisione di evitare accuratamente i due estremi perché entrambi riproducono situazioni che si ripetono in ogni grande città in giro per il mondo: il degrado senza fine delle favelas, comunque le si chiami, e i "non luoghi" in fotocopia dei quartieri di lusso, per cui mi sono concentrato sulla Candelaria, dove si trova tutto quel che vale la pena di vedere, a cominciare dallo strepitoso Museo del Oro, che oltre a ricostruire in modo rigoroso e mai noioso la storia del metallo più pregiato (che va di pari passo con quella dell'umanità, come recita un'iscrizione all'ingresso delle sale), mette in mostra una quantità impressionante di manufatti di tutte le epoche, alcuni davvero strabilianti per maestria e bellezza. Seguono, a poche centinaia di metri, gli altri musei del benemerito, in questo caso, Banco de la República, la cui attività culturale è sorprendente per quantità e qualità, tra i quali spicca il Museo Botero, a cui nel 2000 il maestro di Medellín ha donato 208 opere, 123 proprie e altre 85 di artisti internazionali di grande rilievo della propria collezione: già solo la visita di questo complesso espositivo, situato nel palazzo coloniale della Casa de Moneda, giustifica una visita a Bogotá. Che offre anche altri musei, tra cui quello de la Independencia/Casa del Florero; quello dell'ex Convento di Santa Clara, imperdibile e meno conosciuto, vicino al palazzo presidenziale; quello di Arte Coloniale.
Sempre alla Candelaria, oltre alla chiesa omonima e a quella di San Francisco, si trovano la Biblioteca Luis Ángel Arango, anch'essa facente parte del circuito del Banco de la República e il Centro Cultúral Gabriel García Márquez, veri motori della vivace scena culturale della città. Che vede tra l'altro la presenza di ben 35 università, buona parte delle quali situate nel quartiere (a cominciare dalla Universidad de los Andes), il che spiega la presenza massiccia di giovani a qualsiasi ora del giorno e della notte, fine settimana a parte, nonché quella di una serie di teatri off fortemente politicizzati, di gradevoli locali di tutti i generi oltre a quella della polizia, spesso dotata di cani, e quella dell'esercito, a guardia dei ministeri e degli altri palazzi del potere, per non parlare della vigilanza privata, il tutto a garantire un buon grado di sicurezza ai confini con un alcune zone decisamente pericolose. C'è da dire che sia i poliziotti sia i militari si comportano molto educatamente e sono sorprendentemente gentili con chiunque, e quando si chiedono loro informazioni ci possono spesso scappare quattro chiacchiere in più. Cortesia, rispetto, buona disposizione d'animo, allegria che non sfocia nell'invadenza sono le caratteristiche che colpiscono appena si mette piede in Colombia (dove nemmeno i mendicanti sono insistenti in maniera molesta), a dispetto di una storia piena di contrasti e funestata da violenze di ogni genere che hanno lasciato ferite profonde nonché sacche di povertà inaccettabile, e che rendono piacevole anche una città moderna, "globalizzata" e per la sua parte nevrotica come Bogotá. Cui non fa difetto un'offerta gastronomica per nulla disprezzabile.
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