"Walesa - L'uomo della speranza" (Walesa. Czloviek z nadziei) di Anrzej Wajda, Ewa Brodzka. Con Robert Wieckiewicz, Agnieszska Grochowska, Zbigniew Zemachowski, Cezary Kosinski, Maria Rosaria Omaggio, Miroslav Baka, Maciej Stuhr, Polonia 2013 ★★★★
Wajda (qui in collaborazione con la collega Ewa Borodzka) è un maestro, il più grande regista polacco, Paese dalle solide tradizioni cinematografiche, e per quanto questo non sia un capolavoro assoluto, è un film che è doveroso vedere da un lato come documentazione, per capire un personaggio della storia contemporanea che ha contribuito forse ancor più di Gorbaciov e dell'altro polacco, Govanni Paolo II, alla chiusura di quello che Hobsbawm ha felicemente battezzato il "secolo breve", il Novecento. Lech Walesa; dall'altro per le straordinarie interpretazioni di tutti gli attori - e la loro incredibile somiglianza con gli "originali" -, in particolare quelle dei personaggi principali: l'elettricista dei cantieri navali di Danzica, sua moglie Donuta e Maria Rosaria Omaggio nei panni dell'odiosa quanto brava (tocca ammetterlo) Oriana Fallaci, che va a intervistarlo una seconda volta nella sua casa di Danzica per cercare di capire fino a fondo l'uomo. E' questo l'espediente usato da Wajda, l'intervista che un Walesa all'inizio recalcitrante concede alla giornalista più famosa al mondo: i due, di carattere altrettanto fumantino e provvisti entrambi di un ego smisurato, due autentici galli in un pollaio, si beccano in continuazione ma sono schietti e sinceri e alla fine si trovano e procedono di conserva, tra ricordi, battute, in una gara a chi è più bravo a smascherare l'altro: entrambi usciranno vincitori. Nel corso di questo duello dialettico si inseriscono i ricordi della prima insurrezione di Danzica, nel 1970, dei ripetuti arresti di Walesa (che, padre di sei figli, firma un foglio che potrebbe suonare come promessa di collaborazione con la polizia politica per essere rilasciato), della ripresa delle lotte fino alla nascita del sindacato libero Solidarnosc e della seconda rivolta della città anseatica nel 1980, con sempre al centro i suo celebri cantieri navali, e il conseguente colpo di stato di Jaruzelski dell'anno successivo (che evitò quantomeno il diretto intervento sovietico) e dei rapporti con Karol Wojtyla, divenuto pontefice nel 1978. La ricostruzione dei fatti, frammischiata a immagini di repertorio, è così credibile e realizzata con un'attenzione particolare ai dettagli così precisa che si fatica a distinguerle tra loro. Tutto questo ne fa un documento eccezionale firmato da un regista che conosce come pochi il suo Paese (peraltro centrale nelle vicende europee) e i fatti che vi sono accaduti, da renderne la visione un obbligo per chi è minimamente interessato alla storia recente del nostro Continente, e altamente consigliato in Italia dove la memoria storica fa difetto.
Wajda (qui in collaborazione con la collega Ewa Borodzka) è un maestro, il più grande regista polacco, Paese dalle solide tradizioni cinematografiche, e per quanto questo non sia un capolavoro assoluto, è un film che è doveroso vedere da un lato come documentazione, per capire un personaggio della storia contemporanea che ha contribuito forse ancor più di Gorbaciov e dell'altro polacco, Govanni Paolo II, alla chiusura di quello che Hobsbawm ha felicemente battezzato il "secolo breve", il Novecento. Lech Walesa; dall'altro per le straordinarie interpretazioni di tutti gli attori - e la loro incredibile somiglianza con gli "originali" -, in particolare quelle dei personaggi principali: l'elettricista dei cantieri navali di Danzica, sua moglie Donuta e Maria Rosaria Omaggio nei panni dell'odiosa quanto brava (tocca ammetterlo) Oriana Fallaci, che va a intervistarlo una seconda volta nella sua casa di Danzica per cercare di capire fino a fondo l'uomo. E' questo l'espediente usato da Wajda, l'intervista che un Walesa all'inizio recalcitrante concede alla giornalista più famosa al mondo: i due, di carattere altrettanto fumantino e provvisti entrambi di un ego smisurato, due autentici galli in un pollaio, si beccano in continuazione ma sono schietti e sinceri e alla fine si trovano e procedono di conserva, tra ricordi, battute, in una gara a chi è più bravo a smascherare l'altro: entrambi usciranno vincitori. Nel corso di questo duello dialettico si inseriscono i ricordi della prima insurrezione di Danzica, nel 1970, dei ripetuti arresti di Walesa (che, padre di sei figli, firma un foglio che potrebbe suonare come promessa di collaborazione con la polizia politica per essere rilasciato), della ripresa delle lotte fino alla nascita del sindacato libero Solidarnosc e della seconda rivolta della città anseatica nel 1980, con sempre al centro i suo celebri cantieri navali, e il conseguente colpo di stato di Jaruzelski dell'anno successivo (che evitò quantomeno il diretto intervento sovietico) e dei rapporti con Karol Wojtyla, divenuto pontefice nel 1978. La ricostruzione dei fatti, frammischiata a immagini di repertorio, è così credibile e realizzata con un'attenzione particolare ai dettagli così precisa che si fatica a distinguerle tra loro. Tutto questo ne fa un documento eccezionale firmato da un regista che conosce come pochi il suo Paese (peraltro centrale nelle vicende europee) e i fatti che vi sono accaduti, da renderne la visione un obbligo per chi è minimamente interessato alla storia recente del nostro Continente, e altamente consigliato in Italia dove la memoria storica fa difetto.
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