"L'arte di vincere" (Moneyball) di Bennett Miller. Con Brad Pitt, Jonah Hill, Robin Wright, Philip Seymour Hoffman, Chris Pratt. USA 2011 ★★★½
Racconta una storia vera, questo film, che pur essendo ambientato nel mondo del baseball (gioco che continua a rimanermi assolutamente estraneo e incomprensibile) ha un significato molto più politico che sportivo. Racconta la scommessa di Billy Beane, ex giocatore di grandi promesse non mantenute e in seguito general manager degli Oakland Athletics che, alle prese con problemi di bilancio e costretto a cedere i tre giocatori di maggior spicco, dopo l'incontro con un giovane laureato in economia e specializzato in statistica, decide di rifondare la squadra abbracciando una filosofia basata più sulle dinamiche di gruppo e sulle specialità di giocatori in declino o sottovalutati che sull'apporto delle star: una sorta di "socialismo" che mi ha fatto venire in mente José Mourinho quando ha preso in mano una società "perdente"per definizione come l'Inter, costruita per anni affastellando "figurine" e calciatori di grido che però non facevano gruppo né integravano le proprie migliori caratteristiche; Don José, che all'Inter nel 2010 fece vincere tutto, trasformandola, purtroppo per una sola, ma splendida stagione, nella squadra più forte del mondo, lavora per l'appunto con un approccio e un metodo diverso da quello imperante nel mondo del calcio, assumendo su di sé tutti i ruoli, e le relative responsabilità, riuscendo a convincere gli uomini da lui allenati perfino a rinunciare alle proprie caratteristiche per il bene comune. Quasi sempre ha ragione, i suoi uomini lo seguono e alla fine lo adorano perché li fa vincere. Così Billy Beane, ex giocatore di baseball dalle grandissime qualità potenziali e che aveva rinunciato a una borsa di studio presso una prestigiosa università per diventare professionista, e fallito come giocatore. Cerca di rifarsi, e ci riesce, come manager, prendendosi la rivincita sugli "scouts" di giocatori, quelli che gli avevano pronosticato una carriera mirabolante. Lo interpreta magnificamente, cogliendo tutte le sfumature e le contraddizioni di un personaggio estremamente complesso, Brad Pitt. Ha ancora la sindrome del perdente, Billy Beane, e istruttivo è al riguardo il rapporto che instaura coi giocatori scelti da lui e dal suo collaboratore, un bravissimo Jonah Hill nei panni di un nerd, li che non segue mai, per scaramanzia, gli incontri, e al contempo con la figlia adolescente, rincuorandola e rassicurandola anche quando agli inizi della stagione le cose prendono una cattiva piega, e perfetto Philip Seympur Hoffman nella parte dell'allenatore di lungo corso, scettico sul "metodo" del suo manager. Poi però infilano, gli Oakland Athletics, una "striscia" di 20 vittorie di fila nella stagione 2002 eguagliando, se ben ricordo, i New York Mets ed entrando così nella storia. Perdono però, per la seconda volta, la partita finale del campionato: secondo Billy Beane, al momento del dunque, si sono trovato con nulla in mano e tutto è stato invano. Perdente ma onesto quanto testardo, rifiuterà una offerta favolosa dei Boston Red Socks, probabilmente la più prestigiosa società di baseball americana, e un trasferimento sulla East Coast, preferendo rimanere in California e nella sua un po' scalcagnata società. Un bel film con uno sguardo inconsueto sullo sport made in USA, sorprendente quanto profondo.
Racconta una storia vera, questo film, che pur essendo ambientato nel mondo del baseball (gioco che continua a rimanermi assolutamente estraneo e incomprensibile) ha un significato molto più politico che sportivo. Racconta la scommessa di Billy Beane, ex giocatore di grandi promesse non mantenute e in seguito general manager degli Oakland Athletics che, alle prese con problemi di bilancio e costretto a cedere i tre giocatori di maggior spicco, dopo l'incontro con un giovane laureato in economia e specializzato in statistica, decide di rifondare la squadra abbracciando una filosofia basata più sulle dinamiche di gruppo e sulle specialità di giocatori in declino o sottovalutati che sull'apporto delle star: una sorta di "socialismo" che mi ha fatto venire in mente José Mourinho quando ha preso in mano una società "perdente"per definizione come l'Inter, costruita per anni affastellando "figurine" e calciatori di grido che però non facevano gruppo né integravano le proprie migliori caratteristiche; Don José, che all'Inter nel 2010 fece vincere tutto, trasformandola, purtroppo per una sola, ma splendida stagione, nella squadra più forte del mondo, lavora per l'appunto con un approccio e un metodo diverso da quello imperante nel mondo del calcio, assumendo su di sé tutti i ruoli, e le relative responsabilità, riuscendo a convincere gli uomini da lui allenati perfino a rinunciare alle proprie caratteristiche per il bene comune. Quasi sempre ha ragione, i suoi uomini lo seguono e alla fine lo adorano perché li fa vincere. Così Billy Beane, ex giocatore di baseball dalle grandissime qualità potenziali e che aveva rinunciato a una borsa di studio presso una prestigiosa università per diventare professionista, e fallito come giocatore. Cerca di rifarsi, e ci riesce, come manager, prendendosi la rivincita sugli "scouts" di giocatori, quelli che gli avevano pronosticato una carriera mirabolante. Lo interpreta magnificamente, cogliendo tutte le sfumature e le contraddizioni di un personaggio estremamente complesso, Brad Pitt. Ha ancora la sindrome del perdente, Billy Beane, e istruttivo è al riguardo il rapporto che instaura coi giocatori scelti da lui e dal suo collaboratore, un bravissimo Jonah Hill nei panni di un nerd, li che non segue mai, per scaramanzia, gli incontri, e al contempo con la figlia adolescente, rincuorandola e rassicurandola anche quando agli inizi della stagione le cose prendono una cattiva piega, e perfetto Philip Seympur Hoffman nella parte dell'allenatore di lungo corso, scettico sul "metodo" del suo manager. Poi però infilano, gli Oakland Athletics, una "striscia" di 20 vittorie di fila nella stagione 2002 eguagliando, se ben ricordo, i New York Mets ed entrando così nella storia. Perdono però, per la seconda volta, la partita finale del campionato: secondo Billy Beane, al momento del dunque, si sono trovato con nulla in mano e tutto è stato invano. Perdente ma onesto quanto testardo, rifiuterà una offerta favolosa dei Boston Red Socks, probabilmente la più prestigiosa società di baseball americana, e un trasferimento sulla East Coast, preferendo rimanere in California e nella sua un po' scalcagnata società. Un bel film con uno sguardo inconsueto sullo sport made in USA, sorprendente quanto profondo.
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